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08 marzo 2009

I rigurgiti socialisti di Tremonti

Ieri ho letto una frase attribuita a Tremonti: occorre più stato.
Da incubo.
Allora mi torna in mente la formazione di questo governo Berlusconi, privato della Destra ma anche degli esponenti più autenticamente liberali come Antonio Martino e, invece, imbottito di socialisti come Sacconi e Brunetta che si vanta (?!?) di essere stato un “socialista lombardiano”.
Tremonti non fa eccezione e, onestamente, non ha mai rinnegato un suo passato tra i “Formica boys” (Rino Formica fu, negli anni ottanta, il ministro socialista antagonista di Beniamino Andreatta nella famosa “lite tra comari”).
Ma Tremonti sembrava essere guarito dal virus socialista e aver sposato la causa della libertà, anche in economia.
Del resto appartiene – ed è l’uomo di fiducia nel comparto economico – al partito che ha fatto del motto di successo “meno stato, più libertà” un proprio cavallo di battaglia.
In realtà, a differenza della famigerata politica del centrosinistra dell’epoca, non si prospettano aumenti di tasse, anche se non è ben chiaro dove verranno trovati i soldi per finanziare i megalomani interventismi paventati.
Uno stato dirigista lo abbiamo già provato e ci ha portato una marea di nazionalizzazioni, da cui ci siamo liberati in perdita e facendo la fortuna di avidi quanto spericolati finanzieri, inflazione superiore al 20% e un debito pubblico di proporzioni cosmiche e di cui stiamo ancora scontando le conseguenze.
Del resto Tremonti non ha molte leve per finanziare i suoi rigurgiti socialisti: o aumenta le tasse o taglia selvaggiamente le spese.
Il primo punto spero continui a trovare una netta opposizione nei chiari impegni assunti da Berlusconi, il secondo punto è sistematicamente ostacolato dalle lobbies sindacali.
Il problema di Tremonti è che a differenza degli interventismi nazionalizzatori che stanno ponendo in atto in Inghilterra e negli Stati Uniti (ma lì ci sono governi dichiaratamente socialisti o ambiguamente tali) la partecipazione all’euro è un limite alla libertà di produrre artificialmente liquidità, anche se, viste le condizioni analoghe di Francia e Germania è probabile che l’inflazione sia destinata ad una formidabile accelerazione non appena la fase recessiva invertirà la rotta.
Quindi Tremonti può solo aumentare il debito pubblico con impegni di spesa senza copertura, in ciò simpaticamente coadiuvato dalle folli proposte del pci/pds/ds/pd che, per bocca del suo Caronte, propone erogazioni e spese senza copertura a piene mani.
Il che cozza contro un altro dirigismo centralista: quello dell’europa che tramite gli gnomi di Bruxelles tende ad uniformare (e per tale motivo ad ingrigire) tutto.
La crisi economica, invece, dovrebbe essere sfruttata al meglio per cogliere l’opportunità di liberare ulteriormente la società civile dai lacci e lacciuoli di uno stato che si è sempre mostrato incapace di gestire i servizi profumatamente pagati.
Una crisi che, facendo pulizia di “titoli tossici”, ma anche di imprenditori incapaci (per questo esiste il liberalissimo istituto del fallimento !), consenta di liberare spazi, energie e forze per nuove iniziative imprenditoriali che portino a nuovi progressi, a nuovi ricchi e a nuove idee.
E’ politica vecchia quella di salvaguardare chi, avendone il ruolo, è stato incapace di proporre nuovi modelli.
E’ politica vecchia socializzare le perdite e privatizzare i profitti come accadrà con Alitalia e, anche, con gli incentivi per l’acquisto di nuove automobili.
E’, invece, politica buona e giusta essere solidali, in modo sensibile e non pro forma, con chi, non per colpa sua, perde il posto di lavoro e si muova per trovarne uno nuovo o per intraprendere una autonoma attività, dirottando qui tutti quei fondi che, adesso, vengono impiegati per puntellare vecchie iniziative e le famiglie capitaliste che hanno fanno flop o i manager che non hanno saputo fronteggiare la nuova situazione di crisi.
Naturalmente il primo passo dovrà essere una riduzione delle tasse e della burocrazia imposta dallo stato, per liberare energie e risorse private, che concorrano, in competizione tra loro e con lo stato terzo e imparziale, per il progresso e la ricchezza della nazione.
Si soffochino, quindi, questi rigurgiti socialisti, per riprendere il cammino verso una economia libera per cittadini liberi.

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2 commenti:

Nessie ha detto...

Stavolta non ti quoto:-) L'economia non fa rima con "ideologia", ma con ragioni pratiche e contingenti. Si diventa statalisti e dirigisti quando lo richiede la circostanza o liberisti quando cambia il trend economico. Spiacente, Massimo, ma c'è un bel po' di ideologia in questo tuo post. Tremonti conosce i pollazzoni "mercatisti" che ci hanno condotto a questo sfacelo globale. E il risultato di questo mercatismo è del tutto simile al comunismo. Una sorta di comunismo planetario dove le orde barbariche di disperati provenienti dai 4 angoli della terra devono godere di "uguali diritti" anche a casa d'altri, nel nome della globalizzazione che tutto azzera, omologa e appiattisce. E' il principio del famigerato mondialismo. E non passa giorno in cui non se ne faccia esperienza amara a nostre spese. Per fare il discorso economico di cui parli, bisognerebbe che l'Italia fosse fuori dalla Ue e dall'economia globale. Ma è una parola...

Massimo ha detto...

Peccato, Nessie, che questi rigurgiti socialisti portino a finanziare i palestinesi, a sperperare denaro per Gheddafi, senza alcuna concreta azione a difesa della italianità. Che non è solo (e neanche principalmente) quella delle aziende, ma è essenzialmente quella del modo di vivere, dei costumi e delle tradizioni. I socialisti furono una iattura negli anni sessanta e settanta e lo sono ancora oggi, proprio perchè le alternative sono quelle che ho delineato: o aumentano le tasse o aumentano il debito pubblico. In ambedue i casi sono soldi che ci vengono sottratti per finanziare ciò che a loro va di finanziare. Invece la libertà di mercato, proprio in queste situazioni di crisi, agisce come uno spazzino dell'economia facendo fallire chi non merita di continuare a corrodere l'economia e consentendo la nascita e lo svilupparsi di nuove idee, nuove aziende, nuovi ricchi.