Era il 1975.
Era un periodo in cui, per motivi vari, frequentavo la stessa compagnia di Casini e lui, già ben introdotto nella politica pur avendo solo 19 anni, chiese se qualcuno di noi era interessato a partecipare a Roma, come pubblico, ad una trasmissione di propaganda autogestita della Dc.
Naturalmente l’impegno, per chi fosse andato, era “a non sbracare” rivelando idee “non conformi”.
La curiosità di vedere uno studio televisivo e la realizzazione di una trasmissione dall’interno era forte.
Partimmo così in tre e arrivammo negli studi in ... due (uno, nel frattempo, dopo una nottataccia, era rimasto in albergo).
Ci trovammo in mezzo ad una bolgia divisa “in partes tres”.
Di diverse dimensioni.
Un piccolo gruppetto, essenzialmente femminile, che somigliava molto ad un dolente circolo del rosario, faceva da corona a Tina Anselmi.
Un gruppo un po’ più grande attorniava, in religioso silenzio aspettando le parole del Vate, Arnaldo Forlani.
Una chiassosa e scomposta marea di gente occupava meta sala e, ogni tanto, scoppiava una grande risata che faceva da contraltare al silenzio dei primi due gruppi.
Naturalmente cercammo di aggregarci a tale ultimo capannello, al centro del quale stava un Francesco Cossiga, non ancora ministro per gli interni, presidente del consiglio, del senato e della repubblica.
Non ricordo se allora fosse ministro del lavoro o della pubblica amministrazione o di qualche altro dicastero secondario, ma era agli inizi.
Cossiga rideva di cuore.
Non parlava in tono solenne ed era un ottimo barzellettiere.
Le risate che strappava al gruppo che cresceva sempre più, derivavano proprio dalle sue battute dissacranti anche sulla politica di cui stava per diventare un protagonista e, poi, sulle bonarie (ma efficaci !) prese in giro nei confronti dei presenti Anselmi e Forlani.
La prima incapace di replicare e che si limitava ad un perenne sorriso, il secondo, con un aplomb tutto britannico, che lo rintuzzava colpo su colpo anche se con meno efficacia, avendo rinunciato a qualsiasi espressione … “forte”.
Poi iniziò una noiosissima trasmissione.
Costantemente interrotta per realizzare la miglior registrazione (“mai più”, pensai).
Cossiga, in seguito, divenne un importante politico che fu ministro degli interni in un momento tragico (il rapimento e l’omicidio di Moro e della sua scorta) e lo apprezzai per aver resistito alle richieste di cedimento ai terroristi rossi per scambiare Moro con alcuni criminali in prigione.
Lo apprezzai anche per le dimissioni che diede quel 9 maggio 1978.
Cossiga, anzi Kossiga come i rossi imbrattando i muri delle città scrivevano il suo nome, diede quel suo nome ad una buona legge per l’ordine pubblico (per la difesa della quale ripetei l’esame di Procedura Penale tre volte, ed era l’ultimo prima della tesi !, perchè per tre volte capitai sotto un assistente che per due volte mi domandò se ero favorevole o meno a tale legge e la terza disse che era ormai appurato che ero favorevole e mi domandò altro) .
Cossiga ha ricoperto tutti gli incarichi politici più importanti e fu eletto presidente della repubblica da una quasi totalità di “grandi elettori” (naturalmente io non ero d’accordo visto che la sua elezione pareva fosse scaturita da manovre di De Mita e contemplava i voti dei comunisti).
Invece Cossiga si rivelò migliore del suo predecessore e dei suoi tre successori, incluso l’attuale (sul quale avevo scritto un post per oggi, ma rimando per questo piccolo omaggio a Cossiga).
Fu un così ottimo Presidente che, infatti, il pci/pds non ancora ds/pd, per delle esternazioni di gran lunga meno lesive della posizione da garante di quelle assunte da Napolitano, cercò di cucinarlo, come aveva fatto con Leone, con la messa in stato di accusa.
Ho ancora, in montagna, una vignetta di Forattini pubblicata su Panorama nella quale si vede Ochetto che inseguiva Cossiga con un bastone e la Iotti che gli diceva: lascialo stare, non è mica un alpino ! (riferimento ad un episodio che vide contrapposti gli alpini e i comunisti capitanati dalla Iotti allora presidente della camera).
Fu Cossiga a gestire con fermezza il passaggio alla “seconda repubblica” garantendo tutti e passando alla storia come “il Picconatore” per aver, con le sue parole, contribuito a scardinare l’ingessatura precedente.
Sono convinto che le ragioni per cui apprezzo Cossiga siano le stesse per le quali gli anarchici, squallidamente, gli hanno augurato “buona agonia” con un vergognoso striscione srotolato sotto l’ospedale dove era ricoverato che ci dice tutto sullo spessore umano e politico di quegli individui.
E le ragioni per cui non apprezzo Cossiga sono le stesse per le quali uno come D’alema dovrebbe pagare di tasca propria un monumento in suo onore, visto che, senza Cossiga, uno come D’alema non sarebbe mai diventato presidente del consiglio.
Come per ogni politico, solo la Storia e gli storici del futuro diranno se “fu vera gloria”, se fu uno Statista o solo un politicante.
Da anni era “pensionato”, ma quando apriva bocca faceva ancora paura all’establishment politico e sapeva sempre suscitare interesse nei cittadini.
Ma di tutto, preferisco ricordarlo ancor giovane che raccontava barzellette e si allenava a diventare il Picconatore che sarebbe stato, esprimendo giudizi sarcastici e ironici sui suoi colleghi, sulla politica e sui partiti, in quel pomeriggio romano di 35 anni fa.
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Era un periodo in cui, per motivi vari, frequentavo la stessa compagnia di Casini e lui, già ben introdotto nella politica pur avendo solo 19 anni, chiese se qualcuno di noi era interessato a partecipare a Roma, come pubblico, ad una trasmissione di propaganda autogestita della Dc.
Naturalmente l’impegno, per chi fosse andato, era “a non sbracare” rivelando idee “non conformi”.
La curiosità di vedere uno studio televisivo e la realizzazione di una trasmissione dall’interno era forte.
Partimmo così in tre e arrivammo negli studi in ... due (uno, nel frattempo, dopo una nottataccia, era rimasto in albergo).
Ci trovammo in mezzo ad una bolgia divisa “in partes tres”.
Di diverse dimensioni.
Un piccolo gruppetto, essenzialmente femminile, che somigliava molto ad un dolente circolo del rosario, faceva da corona a Tina Anselmi.
Un gruppo un po’ più grande attorniava, in religioso silenzio aspettando le parole del Vate, Arnaldo Forlani.
Una chiassosa e scomposta marea di gente occupava meta sala e, ogni tanto, scoppiava una grande risata che faceva da contraltare al silenzio dei primi due gruppi.
Naturalmente cercammo di aggregarci a tale ultimo capannello, al centro del quale stava un Francesco Cossiga, non ancora ministro per gli interni, presidente del consiglio, del senato e della repubblica.
Non ricordo se allora fosse ministro del lavoro o della pubblica amministrazione o di qualche altro dicastero secondario, ma era agli inizi.
Cossiga rideva di cuore.
Non parlava in tono solenne ed era un ottimo barzellettiere.
Le risate che strappava al gruppo che cresceva sempre più, derivavano proprio dalle sue battute dissacranti anche sulla politica di cui stava per diventare un protagonista e, poi, sulle bonarie (ma efficaci !) prese in giro nei confronti dei presenti Anselmi e Forlani.
La prima incapace di replicare e che si limitava ad un perenne sorriso, il secondo, con un aplomb tutto britannico, che lo rintuzzava colpo su colpo anche se con meno efficacia, avendo rinunciato a qualsiasi espressione … “forte”.
Poi iniziò una noiosissima trasmissione.
Costantemente interrotta per realizzare la miglior registrazione (“mai più”, pensai).
Cossiga, in seguito, divenne un importante politico che fu ministro degli interni in un momento tragico (il rapimento e l’omicidio di Moro e della sua scorta) e lo apprezzai per aver resistito alle richieste di cedimento ai terroristi rossi per scambiare Moro con alcuni criminali in prigione.
Lo apprezzai anche per le dimissioni che diede quel 9 maggio 1978.
Cossiga, anzi Kossiga come i rossi imbrattando i muri delle città scrivevano il suo nome, diede quel suo nome ad una buona legge per l’ordine pubblico (per la difesa della quale ripetei l’esame di Procedura Penale tre volte, ed era l’ultimo prima della tesi !, perchè per tre volte capitai sotto un assistente che per due volte mi domandò se ero favorevole o meno a tale legge e la terza disse che era ormai appurato che ero favorevole e mi domandò altro) .
Cossiga ha ricoperto tutti gli incarichi politici più importanti e fu eletto presidente della repubblica da una quasi totalità di “grandi elettori” (naturalmente io non ero d’accordo visto che la sua elezione pareva fosse scaturita da manovre di De Mita e contemplava i voti dei comunisti).
Invece Cossiga si rivelò migliore del suo predecessore e dei suoi tre successori, incluso l’attuale (sul quale avevo scritto un post per oggi, ma rimando per questo piccolo omaggio a Cossiga).
Fu un così ottimo Presidente che, infatti, il pci/pds non ancora ds/pd, per delle esternazioni di gran lunga meno lesive della posizione da garante di quelle assunte da Napolitano, cercò di cucinarlo, come aveva fatto con Leone, con la messa in stato di accusa.
Ho ancora, in montagna, una vignetta di Forattini pubblicata su Panorama nella quale si vede Ochetto che inseguiva Cossiga con un bastone e la Iotti che gli diceva: lascialo stare, non è mica un alpino ! (riferimento ad un episodio che vide contrapposti gli alpini e i comunisti capitanati dalla Iotti allora presidente della camera).
Fu Cossiga a gestire con fermezza il passaggio alla “seconda repubblica” garantendo tutti e passando alla storia come “il Picconatore” per aver, con le sue parole, contribuito a scardinare l’ingessatura precedente.
Sono convinto che le ragioni per cui apprezzo Cossiga siano le stesse per le quali gli anarchici, squallidamente, gli hanno augurato “buona agonia” con un vergognoso striscione srotolato sotto l’ospedale dove era ricoverato che ci dice tutto sullo spessore umano e politico di quegli individui.
E le ragioni per cui non apprezzo Cossiga sono le stesse per le quali uno come D’alema dovrebbe pagare di tasca propria un monumento in suo onore, visto che, senza Cossiga, uno come D’alema non sarebbe mai diventato presidente del consiglio.
Come per ogni politico, solo la Storia e gli storici del futuro diranno se “fu vera gloria”, se fu uno Statista o solo un politicante.
Da anni era “pensionato”, ma quando apriva bocca faceva ancora paura all’establishment politico e sapeva sempre suscitare interesse nei cittadini.
Ma di tutto, preferisco ricordarlo ancor giovane che raccontava barzellette e si allenava a diventare il Picconatore che sarebbe stato, esprimendo giudizi sarcastici e ironici sui suoi colleghi, sulla politica e sui partiti, in quel pomeriggio romano di 35 anni fa.
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3 commenti:
.. in questo racconto l'unico neo è che frequentavi Casini ;)
.. Su Cossiga sono pro e contro per i tuoi stessi motivi.
Indubbiamente è stato un politico molto intelligente e anche un po' simpatico. Ciao :)
Anche a me era simpatico, mi dava l'idea di uno che si diverte, di uno libero...In fondo pero' era un sentimentale e fedele al suo Paese, viste le lettere che ha lasciato.
Ciao M.! :-)
Gaetano. Ti assicuro che il giovane Casini era un ragazzo perbene, simpatico, festaiolo, diciamo un po' ... casinista con l'unico difetto della ambizione politica che manifestava sin da allora.:-)
Lontana. Sicuramente Cossiga fu il politico della prima repubblica più simile a Berlusconi, anche se le sferzanti battute di Andreotti (che sembra l'ultimo dei "dinosauri" rimasto ... ha ben 91 anni !!!) non sono da meno.
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