Ho già affrontato il tema dei magistrati che trasformano il loro ruolo in un megafono per le idee personali.
Purtroppo non mi riferisco alle esternazioni, magari in congressi di piccole fazioni ottocentesche di una ideologia superata e condannata dalla Storia, di singoli magistrati, ma alle pronunzie effettuate nell’esercizio delle proprie funzioni.
Dopo la sentenza della corte di cassazione che, pur respingendo un ricorso nella doverosa applicazione della legge esistente, ha ceduto all’impulso di farci conoscere l’opinione personale dei giudici in materia di unioni omosessuali, dobbiamo registrare due decisioni inaccettabili e irricevibili.
La prima è di un magistrato che ha “riconosciuto” il presunto “matrimonio” contratto in Spagna da due omosessuali, di cui uno italiano, inserendo surrettiziamente, senza voto del parlamento, l’unione tra persone dello stesso sesso in Italia.
La seconda con la quale un altro magistrato ha deciso che due soggetti nati in Italia pur da genitori immigrati non dovessero essere trattenuti in un Cie proprio per la circostanza della nascita in Italia, anticipando così una decisione che, auspicabilmente, non sarà mai assunta: la trasformazione del nostro diritto di cittadinanza dallo ius sanguinis di tradizione Romana allo ius soli di tradizione barbarica.
Giustamente Gasparri e Giovanardi hanno chiesto a Napolitano di intervenire.
Ovviamente Napolitano parla tanto (troppo) tranne sulle questioni rilevanti:
la perdita di Sovranità e Indipendenza Nazionale,
i Marò sequestrati in India e
la tracimazione dei magistrati dal loro ambito di persone preposte ad applicare le leggi, non a crearne di nuove.
A questo punto è legittimo, per ogni aspetto della vita sociale, dubitare della effettiva applicazione della legge nel caso in cui, ingenuamente, volessimo rivolgerci al famoso “giudice terzo” per avere quella giustizia che diventa sempre più una chimera.
L’effetto di simili sentenze è quindi devastante, perché
oltre a screditare sempre più chi le emette,
oltre ad accrescere la diffidenza verso lo stato e verso la legge,
costringe a non credere nella possibilità di dirimere le controversie appellandosi ad un giudice terzo che sia espressione dello stato.
E questo porterà inevitabilmente, a lungo andare, alla giustizia fai da te.
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