Ricordate gli anni sessanta e settanta del calcio ?
Naturalmente la domanda è rivolta a chi, quegli anni, ha vissuto, ad esempio ha chi ha memoria dell’ultimo scudetto del Bologna, stagione 1963-1964, con lo scandalo doping e lo spareggio di Roma.
Bene, erano gli anni del boom economico e poi della grande depressione seguita all’autunno caldo e alle contestazioni studentesche strumentalizzate dal PCI, da cui poi nacque il terrorismo rosso.
Allora le società di calcio erano semplici associazioni di fatto.
I presidenti rispondevano in proprio, con tutti i loro beni, degli impegni finanziari assunti.
Era il tempo dei presidenti definiti “ricchi e scemi” perché spendevano del loro per comprare giocatori che, più spesso di quanto si riesca a ricordare, illudevano in estate e si dimostravano dei bidoni in campionato.
Un campionato tutto tricolore, con solo qualche straniero, in esaurimento dopo la chiusura delle frontiere.
Eppure era un calcio più sano.
Come il ritiro dei calciatori del Bologna, dopo aver vinto lo scudetto nello spareggio di Roma: niente veline, niente folla, interviste rilasciate da bravi ragazzi con i capelli corti e senza grilli per la testa.
Era un calcio che se faceva debiti questi ricadevano sul presidente che doveva di tasca propria coprire i buchi.
Poi venne la legge 91 del 23 marzo 1981 e fece finire tutto.
Le società sportive assunsero la forma di spa con una responsabilità “limitata” da parte degli amministratori e con un’unica ancora: il non essere a fini di lucro.
Con legge 18 novembre 1996 nr. 586, conversione del Decreto Legge 485 del 20 settembre 1996 e le successive sue applicazioni, si provvide, da parte dei governi di sinistra, a togliere anche quest’ultimo salvagente … con le conseguenze che tutti abbiamo sotto gli occhi.
Debiti accumulati senza ritegno (e senza responsabilità), regole infrante per evitare la decimazione delle squadre o moti di piazza, presidenti che si ergono a capi popolo (mitico il “non mollo” ripetuto tre volte da Preziosi – sì, quello che per difendersi è andato a rovistare nella “rumenta”altrui - a beneficio delle telecamere).
Le quotazioni in borsa che dovevano essere la panacea dei bilanci societari sono state un fallimento, troppo aleatoria è la vicenda calcistica e ben poco credibili le amministrazioni delle società.
Allora che si fa, si torna indietro ?
No, anche perché in un mondo del calcio amministrativamente sano, la quotazione in borsa potrebbe connotare in modo più popolare quella che è la disciplina sportiva principe in Italia.
Si potrebbe invece introdurre una norma specifica in considerazione della particolarità delle società di calcio.
“In deroga al principio generale, nelle società sportive, anche professioniste costituite sotto forma di società per azioni, il Presidente risponde in proprio e senza limiti delle obbligazioni societarie contratte durante la sua amministrazione”.
E che tornino i presidenti “ricchi e scemi” !
Naturalmente la domanda è rivolta a chi, quegli anni, ha vissuto, ad esempio ha chi ha memoria dell’ultimo scudetto del Bologna, stagione 1963-1964, con lo scandalo doping e lo spareggio di Roma.
Bene, erano gli anni del boom economico e poi della grande depressione seguita all’autunno caldo e alle contestazioni studentesche strumentalizzate dal PCI, da cui poi nacque il terrorismo rosso.
Allora le società di calcio erano semplici associazioni di fatto.
I presidenti rispondevano in proprio, con tutti i loro beni, degli impegni finanziari assunti.
Era il tempo dei presidenti definiti “ricchi e scemi” perché spendevano del loro per comprare giocatori che, più spesso di quanto si riesca a ricordare, illudevano in estate e si dimostravano dei bidoni in campionato.
Un campionato tutto tricolore, con solo qualche straniero, in esaurimento dopo la chiusura delle frontiere.
Eppure era un calcio più sano.
Come il ritiro dei calciatori del Bologna, dopo aver vinto lo scudetto nello spareggio di Roma: niente veline, niente folla, interviste rilasciate da bravi ragazzi con i capelli corti e senza grilli per la testa.
Era un calcio che se faceva debiti questi ricadevano sul presidente che doveva di tasca propria coprire i buchi.
Poi venne la legge 91 del 23 marzo 1981 e fece finire tutto.
Le società sportive assunsero la forma di spa con una responsabilità “limitata” da parte degli amministratori e con un’unica ancora: il non essere a fini di lucro.
Con legge 18 novembre 1996 nr. 586, conversione del Decreto Legge 485 del 20 settembre 1996 e le successive sue applicazioni, si provvide, da parte dei governi di sinistra, a togliere anche quest’ultimo salvagente … con le conseguenze che tutti abbiamo sotto gli occhi.
Debiti accumulati senza ritegno (e senza responsabilità), regole infrante per evitare la decimazione delle squadre o moti di piazza, presidenti che si ergono a capi popolo (mitico il “non mollo” ripetuto tre volte da Preziosi – sì, quello che per difendersi è andato a rovistare nella “rumenta”altrui - a beneficio delle telecamere).
Le quotazioni in borsa che dovevano essere la panacea dei bilanci societari sono state un fallimento, troppo aleatoria è la vicenda calcistica e ben poco credibili le amministrazioni delle società.
Allora che si fa, si torna indietro ?
No, anche perché in un mondo del calcio amministrativamente sano, la quotazione in borsa potrebbe connotare in modo più popolare quella che è la disciplina sportiva principe in Italia.
Si potrebbe invece introdurre una norma specifica in considerazione della particolarità delle società di calcio.
“In deroga al principio generale, nelle società sportive, anche professioniste costituite sotto forma di società per azioni, il Presidente risponde in proprio e senza limiti delle obbligazioni societarie contratte durante la sua amministrazione”.
E che tornino i presidenti “ricchi e scemi” !
6 commenti:
Beh Moratti è un presidente vecchio stampo!
watergate
Non ho voluto infierire sui tanti amici interisti che ho ... :-)
Si torniamo indietro .. e anche a 90° minuto alla Rai e alla domenica sportiva come era una volta .. e cancelliamo anche il processo di Biscardi per non dire Sky e digitale terrestre .. abbassiamo i prezzi allo stadio e torniamo a vedere le partite dal vivo la domenica pomeriggio ... concordo e sottoscrivo
Sul processo di Biscardi d'accordissimo.
Sky e digitale terrestre ... mmmmh mi sembra un "meglio" non un "peggio" ......
Intanto il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso di Federcalcio e Bologna.
Tre gradi di giudizio sportivo che hanno "bocciato" il Messina nel rispetto delle regole.
Due gradi di giudizio amministrativo che hanno dimostrato come la "certezza del diritto" ormai esista solo nelle teorie degli autori dei libri di testo.
E a Genova un magistrato ha sospeso l'elaborazione dei calendari.
Non sarebbe il caso di estromettere la magistratura dall'interferire con lo sport, la politica e l'economia ?
Forse rispettare le regole e rinunciare ai ripescaggi sarebbe meglio ....
Quanto alla magistratura, a questa magistratura che litiga anche sulle competenze per il disastro dell'ATR 72, beh, sono pienamente d'accordo, magari anche allargando il campo delle ... esclusioni :-)
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