Rientra a pieno diritto negli anni di sangue la vicenda che esclude fino al 1994 l’MSI dalla possibilità di essere parte organica di una maggioranza di governo.
E’ la c.d. conventio ad excludendum che, lanciata nel nome dell’antifascismo dal PCI, ha visto genuflettersi i rappresentanti di quello che sarebbe poi stato il pentapartito, con il risultato di impedire ai rappresentanti di un elettorato variabile tra il 5,5% e l’8,7% di partecipare alla formazione dei governi.
Non, però, ad aggiungere i loro voti (a volte determinanti) a favore dell’opposizione.
L’MSI nacque nel 1946 per opera di alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana.
Nel 1948 ottenne 6 deputati e 1 senatore: da allora ha sempre avuto una rappresentanza nel parlamento italiano.
Negli anni del centrismo degasperiano l’MSI era fortemente pervaso dalla influenza dell’esperienza nella R.S.I. dei suoi padri fondatori, ma nessuno mise in discussione il suo diritto ad esistere nonostante l’approvazione della famigerata Legge Scelba contro la ricostituzione del Partito Fascista.
Nel 1954 nell’MSI prevalse la linea che, facendo capo ad Arturo Michelini, ne interpretava il ruolo come una destra avviata ad integrarsi nel sistema politico occidentale, superando le residue scorie antiamericane che pure hanno resistito e resistono tuttora in alcuni ambienti circoscritti, quindi a partecipare alla formazione dei governi.
Importanti ma non determinanti i voti dell’MSI per alcuni governi succedutisi a De Gasperi (Pella, Zoli, Segni) ma fu determinante nella costituzione del governo Tambroni, voluto dal Presidente Gronchi.
A Genova l’MSI cercò di svolgere quindi un congresso che ne ampliasse il risultato come partito di maggioranza governativa e possibile futuro partito di governo.
Il PCI, che rischiava di veder allontanare le prospettive di un ingresso nelle stanze dei bottoni, tramite la propria derivazione sindacale (CGIL) organizzò una sommossa nel nome dell’antifascismo (fino ad allora dimenticato, soprattutto quando i voti dell’MSI servivano a bloccare le maggioranze centriste come in occasione della riforma elettorale del 1953).
Tambroni fu costretto a dimettersi, ma l’MSI rimase determinante nell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica (Antonio Segni, 1962).
Con il primo centrosinistra e l’ingresso dei socialisti al governo la maggioranza si ampliò e non ebbe necessità di ricorrere a voti esterni, mentre il PLI di Giovanni Malagodi assunse posizioni di Destra classica, erodendo parte del consenso che aveva conquistato l’MSI di Nichelini.
Alla morte di questi (1969) gli successe Giorgio Almirante.
La concomitanza tra il ritorno (perché tale era) alla segreteria del partito di Almirante e lo scoppio dell’autunno caldo e delle violenze comuniste nelle scuole, nelle piazze, nelle università, nelle fabbriche, consentì ad Almirante di presentare il proprio come il partito dell’ordine.
Memorabile la campagna elettorale del 1972 con lo slogan “l’ultima certezza, l’unica salvezza” che diede all’MSI, che nel frattempo aveva inglobato il Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica di Alfredo Covelli dando vita alla Destra Nazionale, un grande successo con quasi 60 deputati e oltre 30 senatori.
Nel 1971 i voti dell’MSI furono determinanti per l’elezione di un altro presidente della repubblica: Giovanni Leone.
Fu in quegli anni (1969 – 1972) che la strategia comunista ideò la conventio ad excludendum.
Rilevando come il cammino e l’evoluzione dell’MSI, ora anche Destra Nazionale, l’avesse portato a rappresentare una larga parte dell’opinione pubblica conservatrice, i comunisti scelsero la demonizzazione di ogni contatto con l’MSI.
Si rifiutavano di partecipare alle tribune politiche nei dibattiti con Almirante, rifiutavano ogni dialogo, ogni colloquio.
Accusavano di “fascismo” chiunque tentasse un approccio con l’MSI-DN.
Lasciarono le briglie scioglie a chi riteneva che “uccidere un Fascista non è reato” (gli stessi che poi avrebbero dato vita ai gruppi terroristi di sinistra o li avrebbero benevolmente rimproverati di essere “compagni che sbagliano”).
I deboli dirigenti della Democrazia Cristiana, chinarono la testa davanti alla propaganda comunista, con quali risultati possiamo ora vedere.
I governi furono sempre più deboli e condizionati dal PCI che si consolidava come secondo partito nazionale.
La sinistra in Italia, includendovi anche un PSI sempre in bilico tra DC e PCI e, comunque, portato allo stare comunque in maggioranza: con la DC a Roma e con il PCI in periferia, aveva un bacino elettorale intorno al 40% e ,se ci si aggiungevano anche quegli elettori che potevano considerarsi di sinistra in vari altri partiti, arrivava al 45 % (nota: la stessa percentuale che raccoglie sostanzialmente adesso).
La DC prendeva i voti a destra per utilizzarli a sinistra.
Campagne elettorali roboanti e grondanti anticomunismo, per poi accordarsi con i comunisti sul 90% delle leggi prodotte e la spartizione dei posti di nomina pubblica.
Classico l’esempio della RAI/TV dove si diceva che ogni 10 neoassunti, ne arrivavano 4 DC, 3 PCI, 1 PSI, 1 alternativamente di PRI,PLI e PSDI e 1 bravo.
Nella stessa DC era presente in forze una componente di sinistra che faceva perno sull’ex sindacalista cisl Carlo Donat Cattin e sulla cosiddetta “Sinistra di Base” di Marcora e De Mita e che trovò in Aldo Moro il suo leader dopo che questi fu rimosso da presidente del consiglio e fondò una sua “corrente” ostile a quella maggioritaria dei “dorotei”.
In questo quadro il tentativo del 1972 di ritornare al centrismo, sbarcando dal governo i socialisti e riprendendo i liberali, naufragò proprio perché furono sistematicamente rifiutati i voti dell’MSI-DN.
Il PCI ebbe buon gioco, facendo escludere l’MSI dalla formazione dei governi, ad incrementare il suo peso, perché togliendo quel 5,5-8,7% che “valeva” la formazione di Destra, aumentava l’importanza di quel 40% di sinistra dichiarata che poteva anche contare sulla complicità di elementi sinistri nella DC.
C’è peraltro da dire che la conventio ad excludendum valeva a senso unico: nel senso che i voti dell’MSI contaminavano se si aggiungevano o erano determinanti per i governi, mentre erano pulitissimi e accettabilissimi se si aggiungevano (e spesso erano determinanti nel bocciare provvedimenti governativi) a quelli dell’opposizione comunista.
Ma la più evidente strumentalizzazione è rappresentata dal mancato scioglimento dell’MSI per “ricostituzione del Partito Fascista”.
I comunisti si guardarono bene dal promuoverne lo scioglimento perché quei voti si sarebbero aggiunti ai partiti governativi (massimamente alla DC e al PLI) e avrebbero rinforzato (legittimamente persino dal punto di vista comunista) una maggioranza.
Per stringere ancor più il cerchio (e il cappio attorno al collo dei democristiani, cappio che fu poi definitivamente tirato con “tangentopoli”) i comunisti si inventarono “l’arco costituzionale” una ridicola definizione per indicare i partiti “legittimati” (dai comunisti, che cercano sempre di distribuire patenti e purtroppo c'è sempre qualcuno succube di tale strategia !) a partecipare al “gioco” della democrazia.
E fu proprio quell’invenzione che diede il “via libera” a quella autentica caccia al “Fascista” (ma che in realtà era persone colpevoli unicamente di non essere di sinistra) che provocò decine di vittime tra i giovani di Destra.
Era una conventio contro l’MSI, ma si rivelò contro l’Italia e contro quei deboli partiti che si piegarono alla propaganda comunista.
L’arco costituzionale fu abbandonato solo nel 1994, quando, grazie a Silvio Berlusconi, alla “gioiosa macchina da guerra” di Ochetto e del PCI già divenuto PDS dopo il crollo del muro di Berlino, fu opposto con successo il Polo della Libertà (al Nord con la Lega) e del Buongoverno (al Sud con l’MSI).
C’è un insegnamento da trarre dalla vicenda (qui necessariamente sintetizzata nonostante la lunghezza del post) della “conventio ad excludendum” ?
Il PCI, adottando la vecchia tattica del “divide et impera” riuscì a “congelare” per 25 anni i voti di almeno due milioni di italiani, aumentando la propria influenza sulle scelte di politica nazionale.
L’uso della piazza, la troppo tardiva presa di coscienza sul terrorismo rosso, il non aver fermato da subito le violenze dei giovani di sinistra contro i giovani di destra, furono gli altri strumenti utilizzati dal PCI per infiltrarsi, come una piovra, nelle varie strutture pubbliche.
E’ la c.d. conventio ad excludendum che, lanciata nel nome dell’antifascismo dal PCI, ha visto genuflettersi i rappresentanti di quello che sarebbe poi stato il pentapartito, con il risultato di impedire ai rappresentanti di un elettorato variabile tra il 5,5% e l’8,7% di partecipare alla formazione dei governi.
Non, però, ad aggiungere i loro voti (a volte determinanti) a favore dell’opposizione.
L’MSI nacque nel 1946 per opera di alcuni reduci della Repubblica Sociale Italiana.
Nel 1948 ottenne 6 deputati e 1 senatore: da allora ha sempre avuto una rappresentanza nel parlamento italiano.
Negli anni del centrismo degasperiano l’MSI era fortemente pervaso dalla influenza dell’esperienza nella R.S.I. dei suoi padri fondatori, ma nessuno mise in discussione il suo diritto ad esistere nonostante l’approvazione della famigerata Legge Scelba contro la ricostituzione del Partito Fascista.
Nel 1954 nell’MSI prevalse la linea che, facendo capo ad Arturo Michelini, ne interpretava il ruolo come una destra avviata ad integrarsi nel sistema politico occidentale, superando le residue scorie antiamericane che pure hanno resistito e resistono tuttora in alcuni ambienti circoscritti, quindi a partecipare alla formazione dei governi.
Importanti ma non determinanti i voti dell’MSI per alcuni governi succedutisi a De Gasperi (Pella, Zoli, Segni) ma fu determinante nella costituzione del governo Tambroni, voluto dal Presidente Gronchi.
A Genova l’MSI cercò di svolgere quindi un congresso che ne ampliasse il risultato come partito di maggioranza governativa e possibile futuro partito di governo.
Il PCI, che rischiava di veder allontanare le prospettive di un ingresso nelle stanze dei bottoni, tramite la propria derivazione sindacale (CGIL) organizzò una sommossa nel nome dell’antifascismo (fino ad allora dimenticato, soprattutto quando i voti dell’MSI servivano a bloccare le maggioranze centriste come in occasione della riforma elettorale del 1953).
Tambroni fu costretto a dimettersi, ma l’MSI rimase determinante nell’elezione del nuovo Presidente della Repubblica (Antonio Segni, 1962).
Con il primo centrosinistra e l’ingresso dei socialisti al governo la maggioranza si ampliò e non ebbe necessità di ricorrere a voti esterni, mentre il PLI di Giovanni Malagodi assunse posizioni di Destra classica, erodendo parte del consenso che aveva conquistato l’MSI di Nichelini.
Alla morte di questi (1969) gli successe Giorgio Almirante.
La concomitanza tra il ritorno (perché tale era) alla segreteria del partito di Almirante e lo scoppio dell’autunno caldo e delle violenze comuniste nelle scuole, nelle piazze, nelle università, nelle fabbriche, consentì ad Almirante di presentare il proprio come il partito dell’ordine.
Memorabile la campagna elettorale del 1972 con lo slogan “l’ultima certezza, l’unica salvezza” che diede all’MSI, che nel frattempo aveva inglobato il Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica di Alfredo Covelli dando vita alla Destra Nazionale, un grande successo con quasi 60 deputati e oltre 30 senatori.
Nel 1971 i voti dell’MSI furono determinanti per l’elezione di un altro presidente della repubblica: Giovanni Leone.
Fu in quegli anni (1969 – 1972) che la strategia comunista ideò la conventio ad excludendum.
Rilevando come il cammino e l’evoluzione dell’MSI, ora anche Destra Nazionale, l’avesse portato a rappresentare una larga parte dell’opinione pubblica conservatrice, i comunisti scelsero la demonizzazione di ogni contatto con l’MSI.
Si rifiutavano di partecipare alle tribune politiche nei dibattiti con Almirante, rifiutavano ogni dialogo, ogni colloquio.
Accusavano di “fascismo” chiunque tentasse un approccio con l’MSI-DN.
Lasciarono le briglie scioglie a chi riteneva che “uccidere un Fascista non è reato” (gli stessi che poi avrebbero dato vita ai gruppi terroristi di sinistra o li avrebbero benevolmente rimproverati di essere “compagni che sbagliano”).
I deboli dirigenti della Democrazia Cristiana, chinarono la testa davanti alla propaganda comunista, con quali risultati possiamo ora vedere.
I governi furono sempre più deboli e condizionati dal PCI che si consolidava come secondo partito nazionale.
La sinistra in Italia, includendovi anche un PSI sempre in bilico tra DC e PCI e, comunque, portato allo stare comunque in maggioranza: con la DC a Roma e con il PCI in periferia, aveva un bacino elettorale intorno al 40% e ,se ci si aggiungevano anche quegli elettori che potevano considerarsi di sinistra in vari altri partiti, arrivava al 45 % (nota: la stessa percentuale che raccoglie sostanzialmente adesso).
La DC prendeva i voti a destra per utilizzarli a sinistra.
Campagne elettorali roboanti e grondanti anticomunismo, per poi accordarsi con i comunisti sul 90% delle leggi prodotte e la spartizione dei posti di nomina pubblica.
Classico l’esempio della RAI/TV dove si diceva che ogni 10 neoassunti, ne arrivavano 4 DC, 3 PCI, 1 PSI, 1 alternativamente di PRI,PLI e PSDI e 1 bravo.
Nella stessa DC era presente in forze una componente di sinistra che faceva perno sull’ex sindacalista cisl Carlo Donat Cattin e sulla cosiddetta “Sinistra di Base” di Marcora e De Mita e che trovò in Aldo Moro il suo leader dopo che questi fu rimosso da presidente del consiglio e fondò una sua “corrente” ostile a quella maggioritaria dei “dorotei”.
In questo quadro il tentativo del 1972 di ritornare al centrismo, sbarcando dal governo i socialisti e riprendendo i liberali, naufragò proprio perché furono sistematicamente rifiutati i voti dell’MSI-DN.
Il PCI ebbe buon gioco, facendo escludere l’MSI dalla formazione dei governi, ad incrementare il suo peso, perché togliendo quel 5,5-8,7% che “valeva” la formazione di Destra, aumentava l’importanza di quel 40% di sinistra dichiarata che poteva anche contare sulla complicità di elementi sinistri nella DC.
C’è peraltro da dire che la conventio ad excludendum valeva a senso unico: nel senso che i voti dell’MSI contaminavano se si aggiungevano o erano determinanti per i governi, mentre erano pulitissimi e accettabilissimi se si aggiungevano (e spesso erano determinanti nel bocciare provvedimenti governativi) a quelli dell’opposizione comunista.
Ma la più evidente strumentalizzazione è rappresentata dal mancato scioglimento dell’MSI per “ricostituzione del Partito Fascista”.
I comunisti si guardarono bene dal promuoverne lo scioglimento perché quei voti si sarebbero aggiunti ai partiti governativi (massimamente alla DC e al PLI) e avrebbero rinforzato (legittimamente persino dal punto di vista comunista) una maggioranza.
Per stringere ancor più il cerchio (e il cappio attorno al collo dei democristiani, cappio che fu poi definitivamente tirato con “tangentopoli”) i comunisti si inventarono “l’arco costituzionale” una ridicola definizione per indicare i partiti “legittimati” (dai comunisti, che cercano sempre di distribuire patenti e purtroppo c'è sempre qualcuno succube di tale strategia !) a partecipare al “gioco” della democrazia.
E fu proprio quell’invenzione che diede il “via libera” a quella autentica caccia al “Fascista” (ma che in realtà era persone colpevoli unicamente di non essere di sinistra) che provocò decine di vittime tra i giovani di Destra.
Era una conventio contro l’MSI, ma si rivelò contro l’Italia e contro quei deboli partiti che si piegarono alla propaganda comunista.
L’arco costituzionale fu abbandonato solo nel 1994, quando, grazie a Silvio Berlusconi, alla “gioiosa macchina da guerra” di Ochetto e del PCI già divenuto PDS dopo il crollo del muro di Berlino, fu opposto con successo il Polo della Libertà (al Nord con la Lega) e del Buongoverno (al Sud con l’MSI).
C’è un insegnamento da trarre dalla vicenda (qui necessariamente sintetizzata nonostante la lunghezza del post) della “conventio ad excludendum” ?
Il PCI, adottando la vecchia tattica del “divide et impera” riuscì a “congelare” per 25 anni i voti di almeno due milioni di italiani, aumentando la propria influenza sulle scelte di politica nazionale.
L’uso della piazza, la troppo tardiva presa di coscienza sul terrorismo rosso, il non aver fermato da subito le violenze dei giovani di sinistra contro i giovani di destra, furono gli altri strumenti utilizzati dal PCI per infiltrarsi, come una piovra, nelle varie strutture pubbliche.
Il PCI non c’è più, i semi dell’odio hanno però germogliato: prendiamo coscienza e non dividiamo più le forze di una Destra che può diventare, con TUTTE le sue componenti, una Grande Destra.
5 commenti:
Stupendo resoconto storico, quella fiamma la porto ancora nel cuore e talvolta anche sulla giacca, occupa uno spazio solo leggermente più piccolo di quello riserveto al ricordo di Almirante.
Ma vedi, alla fine escono fuori le verità nascoste. Tutti voi a riempirvi la bocca con parole come liberalismo, democrazie e libertà.
E alla fine gratta gratta esce fuori la scolita camicia nera col manganello in mano.
Avete già amazzato Gobbetti negli anni '20. Siete fascisti? Va bene, ma per favore abbiate la decenza di non dirvi liberali.
*Grazie, Master. La conventio ad excludendum fu una emerita porcheria che rovinò un partito (come quello liberale) e pose la testa dei democristiani su quel ceppo utilizzato poi nel 1992 per calarvi la mannaia di tangentopoli dopo che il PCI aveva sfruttato tale "arco" per infiltrare i suoi uomini in ogni settore della vita pubblica, con l'approvazione delle future vittime.
* L'anonimo dovrebbe indicare da quali frasi del post emerge la camicia nera.
E anche dire se è liberale escludere dal "gioco" politico l'elettorato che votava MSI tramite quell'artificio che fu l'arco costituzionale.
Blog molto interessante...
Grazie della visita Monsoreau ed auguri anche a te...nei prossimi giorni andrò avanti con la mia storia personale di quegli anni, ed apprezzo la tua cronaca politica del tempo che ho, ahimè, vissuto...
Poi ora che so che sotto la giacca anche Otimaster ha un cuore tricolore passerò senz'altro un ottimo Natale...:-)))
inyqua
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