Se la vicenda della grazia a Sofri può avere un merito, è quello di aver scoperchiato il vaso che conteneva le storie degli anni settanta.
Arbitrariamente si può individuare il periodo che chiamo “anni di sangue” tra il 1969 e il 1983.
Anni in cui persero la vita decine di giovani per mano di coetanei, oggi cinquantenni e il più delle volte impuniti e avviati ad una tranquilla vecchiaia.
La sinistra ha responsabilità gravissime per quel che accadde in quegli anni e sono responsabilità implicitamente riconosciute dal tentativo di dipingere quel periodo come “formidabile”, mettendo la sordina alle decine di storie, crude, che stonerebbero nel panorama bucolico che i reduci sinistri illustrano ad ogni rievocazione.
Nel momento in cui mi accingo a scrivere questo primo post mi si aprono mille cassetti della memoria e la scelta che faccio è quella di narrare, senza seguire un ordine cronologico, basandomi essenzialmente sui ricordi personali di quel periodo che vissi completamente da studente liceale e universitario.
Un periodo che mi ha accompagnato dalla scuola media, al mondo del lavoro.
Non so se riuscirò a ricreare, a dare il senso del clima che si respirava in quegli anni, almeno ci proverò.
Il tempo tradisce i sentimenti di allora, perché, da gran medico qual è, ci porta istintivamente a trattenere in memoria i ricordi piacevoli e rimuovere o accantonare quelli spiacevoli.
E questo non aiuta a far conoscere a chi non c’era, il significato di quegli anni.
Come non aiutano le rievocazioni pilotate da chi, allora, era in prima fila tra gli sprangatori, alcuni dei quali passarono il Rubicone e divennero terroristi a tutto tondo e che ora hanno tutto l’interesse a sminuire la portata eversiva dei loro atti, a trovare giustificazioni, ad ammantare con nobili motivi le loro spregevoli gesta di allora.
Erano gli anni in cui “uccidere un Fascista non è un reato”: slogan tragicamente confermato dalle pochissime condanne comminate, dalle ridicole pene inflitte (penso ad esempio agli assassini di Sergio Ramelli) e dalla totale omertà (altro che mafia !) che ha coperto e copre i criminali di allora.
E la vicenda Sofri ne è un esempio evidente.
Ma chi erano i Fascisti, bersaglio della violenza prototerrorista ?
Tutti quelli che non si genuflettevano al pensiero sinistro, marxista leninista che i vari gruppi partoriti dalla casa madre del PCI individuavano come ostacoli alla loro pretesa di instaurare un regime comunista in Italia.
Gruppi i cui stessi nomi evocano oscurantismo, violenza, miseria, terrore, morte: Servire il Popolo, Lotta Continua, Avanguardia Operaia.
E i bersagli erano i missini: “contro le squadre di Almirante, antifascismo militante” gridavano nelle piazze.
E i deboli governi dell’arco costituzionale costringevano Giorgio Almirante a non parlare nelle principali piazze italiane.
A Bologna, solo nel 1993 il Segretario del MSI-DN potè tornare a parlare in Piazza Maggiore.
Ma se pensavano, vilmente, di lasciare in pasto alle belve rosse i soli missini, quelli che appartenevano a quello che sarebbe diventato il pentapartito avevano fatto mali loro conti: “Vaticano, CIA, DC, il Fascismo è tutto lì” gridavano nei cortei gli estremisti, coccolati e vezzeggiati da un PCI che prese coscienza solo dopo l’omicidio Moro.
E ce n’era anche per le Forze dell’Ordine, allora come oggi in prima fila a tutela della sicurezza dei cittadini: “Camerata basco nero, il tuo posto è il cimitero”.
Arbitrariamente si può individuare il periodo che chiamo “anni di sangue” tra il 1969 e il 1983.
Anni in cui persero la vita decine di giovani per mano di coetanei, oggi cinquantenni e il più delle volte impuniti e avviati ad una tranquilla vecchiaia.
La sinistra ha responsabilità gravissime per quel che accadde in quegli anni e sono responsabilità implicitamente riconosciute dal tentativo di dipingere quel periodo come “formidabile”, mettendo la sordina alle decine di storie, crude, che stonerebbero nel panorama bucolico che i reduci sinistri illustrano ad ogni rievocazione.
Nel momento in cui mi accingo a scrivere questo primo post mi si aprono mille cassetti della memoria e la scelta che faccio è quella di narrare, senza seguire un ordine cronologico, basandomi essenzialmente sui ricordi personali di quel periodo che vissi completamente da studente liceale e universitario.
Un periodo che mi ha accompagnato dalla scuola media, al mondo del lavoro.
Non so se riuscirò a ricreare, a dare il senso del clima che si respirava in quegli anni, almeno ci proverò.
Il tempo tradisce i sentimenti di allora, perché, da gran medico qual è, ci porta istintivamente a trattenere in memoria i ricordi piacevoli e rimuovere o accantonare quelli spiacevoli.
E questo non aiuta a far conoscere a chi non c’era, il significato di quegli anni.
Come non aiutano le rievocazioni pilotate da chi, allora, era in prima fila tra gli sprangatori, alcuni dei quali passarono il Rubicone e divennero terroristi a tutto tondo e che ora hanno tutto l’interesse a sminuire la portata eversiva dei loro atti, a trovare giustificazioni, ad ammantare con nobili motivi le loro spregevoli gesta di allora.
Erano gli anni in cui “uccidere un Fascista non è un reato”: slogan tragicamente confermato dalle pochissime condanne comminate, dalle ridicole pene inflitte (penso ad esempio agli assassini di Sergio Ramelli) e dalla totale omertà (altro che mafia !) che ha coperto e copre i criminali di allora.
E la vicenda Sofri ne è un esempio evidente.
Ma chi erano i Fascisti, bersaglio della violenza prototerrorista ?
Tutti quelli che non si genuflettevano al pensiero sinistro, marxista leninista che i vari gruppi partoriti dalla casa madre del PCI individuavano come ostacoli alla loro pretesa di instaurare un regime comunista in Italia.
Gruppi i cui stessi nomi evocano oscurantismo, violenza, miseria, terrore, morte: Servire il Popolo, Lotta Continua, Avanguardia Operaia.
E i bersagli erano i missini: “contro le squadre di Almirante, antifascismo militante” gridavano nelle piazze.
E i deboli governi dell’arco costituzionale costringevano Giorgio Almirante a non parlare nelle principali piazze italiane.
A Bologna, solo nel 1993 il Segretario del MSI-DN potè tornare a parlare in Piazza Maggiore.
Ma se pensavano, vilmente, di lasciare in pasto alle belve rosse i soli missini, quelli che appartenevano a quello che sarebbe diventato il pentapartito avevano fatto mali loro conti: “Vaticano, CIA, DC, il Fascismo è tutto lì” gridavano nei cortei gli estremisti, coccolati e vezzeggiati da un PCI che prese coscienza solo dopo l’omicidio Moro.
E ce n’era anche per le Forze dell’Ordine, allora come oggi in prima fila a tutela della sicurezza dei cittadini: “Camerata basco nero, il tuo posto è il cimitero”.
E se qualcuno avesse dei dubbi sulla natura violenta ed omicida di quei “contestatori”, ecco l’invocazione ai maggiori gruppi del terrorismo internazionale dell’epoca: “ira, feddayn, tupamaros, vietcong” scandito incessantemente ad ogni corteo.
Fu in quel clima che maturarono omicidi e stragi che ci accingiamo a narrare.
4 commenti:
"ci accingiamo?"
o per dunque
corbezzoli
Non dimenticare il motto "az 36 fascista dove sei", con cui si proponevano di spaccare crani con la grossa chiave inglese, passeggiando nella vecchia zona industriale Falk/Pirelli la si può ancora leggere su vecchi muri scrostati.
Ora bando alle ciance e impegnamoci a pubblicare qualche vecchio ricordo per far sapere ai giovani cosa accadde in quegli anni.
Ciao
Spero proprio che altri si uniscano, con le loro storie ed esperienze, per scrivere quelle pagine di storia che la vulgata sinistra cerca di cancellare ... come fece per le vicende criminale avvenute immeditamente prima e sin troppo dopo il 25 aprile 1945 ...
Ottimo, Inyqua. Infatti ho letto i tuoi interventi da Otimaster e ci speravo proprio.
Sto cercando di convincere anche altri, mettendo a disposizione Blacknights, perchè riportino i loro ricordi ...
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