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03 gennaio 2006

Perchè dico SI’ alla pena di morte

Un interventoche non condivido, ma rispetto – di Harry lancia una iniziativa di cui, a mio avviso, non si sentiva alcun bisogno: un “blog roll!” contro la pena di morte.

Harry riconosce che di primo acchito, sembra assurdo, in un paese che tale punizione non comprende più (purtroppo) nel suo diritto penale, organizzare una iniziativa contro la pena che non c’è.

Pur tuttavia, vi aderisce.

Io, no.

Una scelta legittima quella di Harry, come lo è la mia, che rispetto come pretendo sia rispettata la mia.

Io (con questo blog e con Non si abbia timore di punire Caino ) sono favorevole alla pena di morte comminata contro delinquenti che compiono crimini efferati che ripugnano alla coscienza dei cittadini:

- terroristi di ogni colore
- stupratori che provocano la morte delle loro vittime
- assassini di funzionari delle Forze dell’ordine
.

Sono favorevole alla pena di morte perché quando è prevista da un ordinamento democratico, fondato sulle garanzie per la difesa, con un sistema di bilanciamento dei poteri, diventa una pena come tutte le altre, proporzionata al crimine commesso, ed è un DIRITTO di uno Stato che si rispetti comminarla, a tutela della civile convivenza e di tutti i cittadini onesti che dallo Stato si aspettano sicurezza, protezione e punizione del reo.

Sono favorevole alla pena di morte, perché è un deterrente.

Sapere che si può essere puniti con una sanzione dalla quale non ci si può liberare con trucchi e trucchetti (finte conversioni, falso buonismo, inganno verso gli psichiatri che verificano lo stato di ravvedimento) tanto comuni, quanto offensivi verso le vittime e verso tutti i cittadini onesti, è un monito a non superare limiti di perversione e violenza.

Sono favorevole perché coloro i quali, nonostante la funzione deterrente, non si fermano al limite che è il crinale tra una pena detentiva e la pena capitale, meritano quest’ultima, mostrandosi refrattari ad ogni considerazione di carattere civile e umanitario.

Sono favorevole perché la società civile ha il diritto e il dovere di eliminare ogni pericolo che siffatti criminali possano – con l’inganno, con la fuga, sfruttando le pieghe di leggi troppo permissive – mettere in pericolo nuovamente altri innocenti.

La Civiltà di un popolo non si vede dal numero di criminali che, con vari sistemi (grazie politiche, amnistie o indulti) dichiara “redenti” (salvo poi trovarsi con un Angelo Izzo in libertà di uccidere di nuovo) ma dal rispetto della legge e dalla realizzazione di una ordinata convivenza che passa anche attraverso pene chiare, certe e proporzionate all’allarme sociale del crimine commesso.

Mi si consenta, infine, altre due – bonarie – osservazioni.

La prima è collegata all’incipit di questo post, circa la assurdità di creare una associazione contraria alla pena di morte qui, in Italia.

E non uso parole mie, ma quelle di un caro amico:

… è una enorme sciocchezza, come manifestare a favore del suffragiouniversale o dell'acqua minerale. O come inscenare un sit-in a Dallas per la libertà di possedere armi da fuoco.Mi ripeto, è questione di metodo: gli unici che possono alzare la vocein materia sono i favorevoli alla pena capitale. Chi nuota controcorrente deve essere in qualche modo agevolato nel dibattito: men chemeno chi s'intruppa nel branco può abusare di certi mezzi con la scusadella questione morale (cosa non rientra in questa fattispecie,dopotutto ?)."

La seconda è relativa a quella sudditanza psicologica nei confronti delle parole d’ordine della sinistra che mi sembra di individuare in talune iniziative (o adesioni ad iniziative altrui).

Se vogliamo arrivare ad un “paese normale”, dove ognuno sia libero di manifestare il suo pensiero senza temere reazioni isteriche da parte di terzi, allora dobbiamo seppellire l’acquiescenza verso quelle “paroline” che sono state talmente sfruttate e abusate dalla sinistra come spartiacque tra presunti "buoni" e presunti "cattivi", da aver perso completamente ogni significato morale, politico e civile, per assumerne uno e uno solo: propaganda.

Tra queste, le periodiche fibrillazioni in occasione di alcune (chissà perché non tutte …) esecuzioni negli Stati Uniti rappresentano una rilevante parte.

Poi si può discutere di tutto:
- della opportunità di avere “hic et nunc”, cioè con la magistratura che ci ritroviamo, la pena capitale;
- del fatto che ci siano ben altre questioni prioritarie (ma questo vale anche e ancor più per chi organizza iniziative, in Italia, contro la pena che non c’è;
- della riduzione della portata deterrente quando la pena di morte viene comminata a lunga distanza dal crimine per il quale è stata decisa;
- dei crimini da assoggettare a tale pena,
ma non possiamo disconoscere la legittimità e la cittadinanza, in uno Stato Civile e Democratico, delle tesi favorevoli e dell’esistenza nell’ordinamento penale di tale sanzione, come del resto è ampiamente dimostrato dalla più grande democrazia liberale del mondo, gli Stati Uniti d’America, dove ben 37 stati ammettono ed eseguono la pena capitale.

3 commenti:

Otimaster ha detto...

Siete entrambi bravissimi e non voglio entrare in una polemica che polemica non è, visto che rispetto troppo entrambi e sono in una posizione intermedia rispetto ai vostri punti di vista mi limito a leggervi con interesse.

Massimo ha detto...

L'argomento è secondario rispetto ad un progetto politico di governo del paese, per questo ritengo fuori luogo isterie ed anatemi.
Ma questo non vuol dire che rinunci a sostenere le mie idee, su qualsiasi argomento ... ;-)

Anonimo ha detto...

Ciao,
sono tornato in piena efficenza. Sulla pena di morte sai come la penso anche se riflettendoci bene a freddo magari può essere un deterrente per limitare la delinquenza.

Da me ho proseguito con quello che ti interessa, preso da molto lontano ma l'obiettivo è il 1968.