Sfogliando il sito di Forza Nuova trovo una notizia sulla quale temo sia stato steso il solito velo di silenzio: Mario Sossi è candidato per Forza Nuova nella circoscrizione Nord Ovest (Lombardia, Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta) alle prossime europee.
Mario Sossi: chi era costui ?
Ho l’impressione che molti giovani che si affannano nella politica odierna credendosene profondi conoscitori, non abbiano memoria di Mario Sossi, protagonista di una vicenda sviluppatasi quando – forse – molti di loro non erano neppure nati.
Nella primavera del 1974 Mario Sossi lavorava come sostituto procuratore a Genova.
Era impegnato nelle indagini sulle prime manifestazioni violente della sinistra, quando le brigate rosse erano ancora “presunte”.
Fu rapito.
Celebre la fotografia, diffusa dai terroristi stessi, in cui appariva con alle spalle il drappo brigatista e con il volto tumefatto.
Penso che a digitare il nome di Mario Sossi in un qualsiasi motore di ricerca possiate trovare la fotografia di cui parlo e anche qualche racconto sulla vicenda.
Poiché però ho poca fiducia nelle storie raccontate da altri, preferisco ricordare Mario Sossi con parole mie e richiamando alla memoria i miei ricordi e le mie sensazioni di allora.
Mi aiuta anche il libro che il magistrato scrisse e che fu pubblicato cinque anni dopo dalla casa editrice messa in piedi da Il Giornale nuovo di un’altra vittima delle brigate rosse, Indro Montanelli (prima di rimanere vittima della sua antipatia verso Berlusconi …) e di cui riproduco la copertina.
Un gruppo terrorista delle brigate rosse, dunque, rapì Mario Sossi e lo tenne segregato per 35 giorni.
Come accadde successivamente per Aldo Moro, i terroristi tentarono di ricattare lo stato e si dice che la liberazione del magistrato avvenne a seguito della “promessa” di scarcerare alcuni compagni di lotta cresciuti in un circolo denominato “22 ottobre” artefici di un omicidio, rapine e attentati e che furono condannati grazie alle indagini ed all’opera dello stesso Sossi.
I rapimenti, le aggressioni con relativa “gambizzazione”, erano all’ordine del giorno in quegli anni, ma quello di Sossi rappresentò una manifestazione di forza dei terroristi rossi, sia per il bersaglio, che per la durata del sequestro.
Anche allora l’Italia, anche quella che doveva dirigerci, si spaccò tra chi voleva trattare e chi rifiutava ogni dialogo con i banditi.
La liberazione di Sossi fu accompagnata da polemiche, da sospetti, dalla solita dietrologia che si spreca in queste vicende.
Ancora allora ci fu chi continuò a definire “presunte” le brigate rosse (tale “cautela” fu messa da parte solo con il rapimento di Moro).
Ci fu anche chi cercò di infangare la figura di Mario Sossi, parlando di suoi presunti cedimenti ai terroristi e confondendo una naturale attività tesa a salvaguardare la propria vita con la rinuncia a tutto ciò in cui credeva.
E Sossi dimostrò il suo temperamento quando andò a testimoniare contro i suoi rapitori, senza timori e con parole che, da sole, furono il più completo atto di accusa non solo contro i sequestratori, ma anche contro tutto il movimento terrorista e chi, continuando ad usare il termine “presunte” riferito alle brigate rosse, lo aveva sottovalutato e oggettivamente aiutato a crescere e rafforzarsi.
Merita di essere ricordato, con un doveroso omaggio, anche il superiore gerarchico di Sossi, il procuratore di Genova Francesco Coco.
Mi ricordo che venne più volte intervistato e, dopo la liberazione di Sossi, fu colui che impedì il rilascio dei compagni di battaglia dei terroristi.
Questo suo coraggio fu pagato da lui e dagli agenti addetti alla sua scorta due anni dopo, quando fu assassinato, in un nuovo e più feroce “salto di qualità” che i banditi con la bandiera rossa avevano fatto e che sarebbe culminato, dopo altri due anni, con il rapimento e l’uccisione di Moro e della sua scorta.
Credo che la vicenda di Mario Sossi sia difficilmente dimenticabile da chi, come me, all’epoca aveva 18 anni, come tutti gli eventi che caratterizzarono quegli anni, che ci passarono intorno e ci appassionarono, travolgendo la nostra adolescenza e trasformando la gran parte di noi in uomini con le loro idee ben definite.
La memoria di quegli anni è, in me, ancora molto viva e Mario Sossi rappresentò e rappresenta un modello di comportamento e sono contento che sia candidato nella lista che sono orientato a votare per le europee.
Mario Sossi, continuò la sua azione in magistratura fino alla pensione.
Oggi si candida con Forza Nuova, per un seggio che non riuscirà mai ad ottenere e, ancora una volta, diventa il simbolo, un esempio di dirittura morale nei confronti di quei tanti piccoli uomini pronti a rinunciare alle proprie idee sull’altare di un seggio parlamentare o di uno strapuntino locale.
Mi dispiace solo che sia candidato nel Nord Ovest, mentre io sono un elettore della circoscrizione Nord Est.
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Mario Sossi: chi era costui ?
Ho l’impressione che molti giovani che si affannano nella politica odierna credendosene profondi conoscitori, non abbiano memoria di Mario Sossi, protagonista di una vicenda sviluppatasi quando – forse – molti di loro non erano neppure nati.
Nella primavera del 1974 Mario Sossi lavorava come sostituto procuratore a Genova.
Era impegnato nelle indagini sulle prime manifestazioni violente della sinistra, quando le brigate rosse erano ancora “presunte”.
Fu rapito.
Celebre la fotografia, diffusa dai terroristi stessi, in cui appariva con alle spalle il drappo brigatista e con il volto tumefatto.
Penso che a digitare il nome di Mario Sossi in un qualsiasi motore di ricerca possiate trovare la fotografia di cui parlo e anche qualche racconto sulla vicenda.
Poiché però ho poca fiducia nelle storie raccontate da altri, preferisco ricordare Mario Sossi con parole mie e richiamando alla memoria i miei ricordi e le mie sensazioni di allora.
Mi aiuta anche il libro che il magistrato scrisse e che fu pubblicato cinque anni dopo dalla casa editrice messa in piedi da Il Giornale nuovo di un’altra vittima delle brigate rosse, Indro Montanelli (prima di rimanere vittima della sua antipatia verso Berlusconi …) e di cui riproduco la copertina.
Un gruppo terrorista delle brigate rosse, dunque, rapì Mario Sossi e lo tenne segregato per 35 giorni.
Come accadde successivamente per Aldo Moro, i terroristi tentarono di ricattare lo stato e si dice che la liberazione del magistrato avvenne a seguito della “promessa” di scarcerare alcuni compagni di lotta cresciuti in un circolo denominato “22 ottobre” artefici di un omicidio, rapine e attentati e che furono condannati grazie alle indagini ed all’opera dello stesso Sossi.
I rapimenti, le aggressioni con relativa “gambizzazione”, erano all’ordine del giorno in quegli anni, ma quello di Sossi rappresentò una manifestazione di forza dei terroristi rossi, sia per il bersaglio, che per la durata del sequestro.
Anche allora l’Italia, anche quella che doveva dirigerci, si spaccò tra chi voleva trattare e chi rifiutava ogni dialogo con i banditi.
La liberazione di Sossi fu accompagnata da polemiche, da sospetti, dalla solita dietrologia che si spreca in queste vicende.
Ancora allora ci fu chi continuò a definire “presunte” le brigate rosse (tale “cautela” fu messa da parte solo con il rapimento di Moro).
Ci fu anche chi cercò di infangare la figura di Mario Sossi, parlando di suoi presunti cedimenti ai terroristi e confondendo una naturale attività tesa a salvaguardare la propria vita con la rinuncia a tutto ciò in cui credeva.
E Sossi dimostrò il suo temperamento quando andò a testimoniare contro i suoi rapitori, senza timori e con parole che, da sole, furono il più completo atto di accusa non solo contro i sequestratori, ma anche contro tutto il movimento terrorista e chi, continuando ad usare il termine “presunte” riferito alle brigate rosse, lo aveva sottovalutato e oggettivamente aiutato a crescere e rafforzarsi.
Merita di essere ricordato, con un doveroso omaggio, anche il superiore gerarchico di Sossi, il procuratore di Genova Francesco Coco.
Mi ricordo che venne più volte intervistato e, dopo la liberazione di Sossi, fu colui che impedì il rilascio dei compagni di battaglia dei terroristi.
Questo suo coraggio fu pagato da lui e dagli agenti addetti alla sua scorta due anni dopo, quando fu assassinato, in un nuovo e più feroce “salto di qualità” che i banditi con la bandiera rossa avevano fatto e che sarebbe culminato, dopo altri due anni, con il rapimento e l’uccisione di Moro e della sua scorta.
Credo che la vicenda di Mario Sossi sia difficilmente dimenticabile da chi, come me, all’epoca aveva 18 anni, come tutti gli eventi che caratterizzarono quegli anni, che ci passarono intorno e ci appassionarono, travolgendo la nostra adolescenza e trasformando la gran parte di noi in uomini con le loro idee ben definite.
La memoria di quegli anni è, in me, ancora molto viva e Mario Sossi rappresentò e rappresenta un modello di comportamento e sono contento che sia candidato nella lista che sono orientato a votare per le europee.
Mario Sossi, continuò la sua azione in magistratura fino alla pensione.
Oggi si candida con Forza Nuova, per un seggio che non riuscirà mai ad ottenere e, ancora una volta, diventa il simbolo, un esempio di dirittura morale nei confronti di quei tanti piccoli uomini pronti a rinunciare alle proprie idee sull’altare di un seggio parlamentare o di uno strapuntino locale.
Mi dispiace solo che sia candidato nel Nord Ovest, mentre io sono un elettore della circoscrizione Nord Est.
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1 commento:
E c'è dell'altro...Sossi si è rifiutato di partecipare a una mostra sulle vittime del terrorismo brigatista e rosso a Genova, perché in alcune di queste hanno permesso che intervenissero dei "pentiti" alla Curcio. Questo si chiama averci un vero "carattere".
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