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19 luglio 2010

Della c.d. legge Mancino

Soffia da tempo un vento sempre più forte, alimentato dalle lobbies interessate a scardinare un sistema che ci ha garantito millenni di progresso, tendente a imporre nuovi e più vessatori limiti alla libertà individuale.
In particolare, prendendo a pretesto supposti “diritti civili” di minoranze autoreferenziali, si vorrebbe impedire la manifestazione e la diffusione delle idee loro non gradite.
L’Italia non è nuova a queste ventate di presunto rigorismo a senso unico.
Già abbiamo una norma “transitoria e finale” che è in vigore ormai da 62 anni (alla faccia della transitorietà ...) che vieta la “riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Partito Fascista” (cioè impedisce a chi quella Idea conserva di associarsi liberamente in movimento politico), che ha poi trovato la sua traduzione legislativa nella c.d. legge Scelba che rappresentava l’incontro di due interessi: quello ideologico del pci e quello elettorale della dc (speranzosa di accogliere il voto dei “Fascisti” che, evidentemente, nel segreto dell’urna “non olet”).
Abbiamo poi avuto in regalo la c.d. legge Mancino nel 1993, di cui appare opportuno ricordare i firmatari e chi l’ha promulgata:
Scalfaro (il presidente del “non ci sto” e del ribaltone del 1994, senza chiamare alle urne il Popolo )
Amato (quello che nottetempo si insinuò nei nostri conti correnti per sottrarci ope legis il 6 per mille dei depositi)
Mancino (l’attuale vicepresidente del csm ed esponente di lungo corso della sinistra dc)
Conso (giurista prestato ad un governo di transizione).
Una legge che ha il discutibile merito di attribuire una connotazione generica ad un reato, tanto da lasciare ampia, immotivata e pericolosissima discrezione all’interpretazione del magistrato che, inevitabilmente, deciderà in base alla propria impostazione ideologica.
Il nucleo della legge è tutto nel primo articolo (perchè è ridicola la punizione di chi “compia manifestazioni esteriori od ostenti simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui ...” ):
“... chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico ... “ .
“Diffonde idee”.
Non “commette violenza” (vedremo dopo) , ma solo la pura espressione di una idea.
Se io fossi un giudice costituzionale, riterrei tale legge una palese violazione del sin troppo citato (spesso a sproposito) articolo 21 della costituzione che recita:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”.
La costituzione non limita il “pensiero” che si può esprimere ad alcune idee munite di imprimatur dall’intellighenzia e dal culturame di regime.
Tutti i pensieri hanno diritto di cittadinanza e di poter essere espressi liberamente e diffusi.
Il discrimine sta nell’ “ ... ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ... chi, in qualsiasi modo incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ..”.
Ma non c’era bisogno di una legge ad hoc per condannare chi, abusando della propria, non sa rispettare la libertà altrui di avere idee differenti e “passa alle vie di fatto”.
Abbiamo infatti, da 70 anni ..., una serie di norme penali rubricate sotto il titolo “Dei delitti contro la persona” che rappresentano una completa raccolta di casistica per individuare con certezza e quindi punire legalmente, chi compie simili atti che meritano la condanna secondo il sentimento comune.
Così, in rapida citazione, abbiamo: omicidio, istigazione o aiuto al suicidio, percosse, lesioni personali, rissa.
Tutte rubriche nelle quali rientrano le azioni, non accettabili nè compatibili con un sistema di libertà individuale, rendendo superflua una legge ad hoc, utile solo a creare confusione e a rendere più labili i confini della legge, soprattutto se soggetta ad interpretazione.
Sì, perchè quali sono quelle “idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico” ?
Ad esempio, l’espressione bolognese “ti propri un mudnais” (sei proprio un modenese) che implica una connotazione negativa dell’essere modenese, potrebbe essere fatta rientrare in tale casistica.
Ma anche dire “circolare con una automobile vecchia è da pezzenti” può essere una manifestazione di superiorità sancita dalla legge Mancino.
A ben vedere ogni giorno, interpretando la legge ciascuno secondo la propria ideologia, si commetterebbe una violazione di tale legge che, pertanto, non può essere rappresentativa di cultura giuridica e neppure civile.
Ma se anche così fosse la sola espressione di una idea è comunque tutelata dall’art. 21 di una costituzione mai evocata quando occorre.
Quello che invece è da sanzionare è l’istigazione (ad esempio dire: “eliminiamo i modenesi”) oppure il passare alle “vie di fatto” (come dare fuoco ai barboni che dormono nei parchi).
E per questi, autentici, reati le leggi – e anche severe – c’erano già da tempo.
E’ quindi evidente che l’unica vera “legge bavaglio” è quella di chi vuole impedire “ ... di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione nel rispetto rigoroso della costituzione.



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