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12 luglio 2010

Il calcio italiano sia ... ITALIANO

Il risultato dei campionati mondiali di calcio deve far riflettere.
Personalmente ritengo che Lippi abbia fatto il possibile, convocando i migliori e più meritevoli (sotto il profilo tecnico/tattico e comportamentale) giocatori Italiani.
E questo la dice lunga sulla crisi in cui si dibatte il nostro sport nazionale.
Il problema non è il commissario tecnico (che pure non è completamente esente da colpe, perchè pur con il materiale umano disponibile almeno il primo turno era alla nostra portata) o la convocazione di questo o quello e non deve neppure essere affrontato con la trasformazione della Nazionale in una squadra meticcia, orba dell'identità nazionale, come quella francese, dove i nove undicesimi sono estranei alla nazione francese, con i risultati (anche di ingiustificato ribellismo, pessimo esempio per la gioventù) che hanno mostrato al mondo.
La Federazione Giuoco Calcio deve invece agire sulle regole per aprire maggiori spazi ai calciatori italiani.
La Spagna ha portato ai mondiali sette calciatori del Barcellona e cinque del Real Madrid.
L’Italia nessuno dell’Inter vincitrice del campionato.
Per forza, l’Inter gioca con undici stranieri e nella sua rosa gli italiani si contano sulle dita di una mano: Materazzi (ma certi suoi atteggiamenti non mi sembrano da Nazionale), Toldo (un buon portiere che giocò in Nazionale finchè non divenne panchinaro all’Inter che gli preferisce un brasiliano), Santon (peraltro bloccato in infermeria nel momento topico) ... e non mi sovviene nessun altro.
Consentire ancora questa anomalia è un doppio errore.
In primo luogo perchè si fornisce ai giocatori stranieri un formidabile palcoscenico per crescere e migliorarsi, portando quindi vantaggi alle rispettive nazionali e danneggiando di pari passo quella italiana.
Mi viene in mente il caso dei portieri brasiliani, fino a 10-15 anni fa alquanto scadenti ma che, dopo la preziosissima (per lui e il suo Brasile, non certo per noi) esperienza italiana di Taffarel sono cresciuti ed oggi hanno due/tre elementi ad un livello di eccellenza (che giocano titolari nelle squadre italiane, guarda caso le prime tre classificate nel Campionato, togliendo spazio ai nostri giovani e danneggiando la nostra Nazionale).
Ma anche la possibilità che hanno difensori e attaccanti stranieri di confrontarsi con le nostre tattiche, portano indubbi vantaggi alle loro nazionali, che spesso e volentieri giocano "all'italiana".
Altrettanto dicasi per il calcio "emergente", dove, soprattutto gli africani, sono stati aiutati dalla presenza nelle squadre europee a crescere costantemente, ovviamente a scapito delle rappresentative nazionali del Vecchio Continente.
Il livellamento del calcio internazionale è figlio di questi continui travasi, a senso unico: quanti giocatori europei giocano nei campionati sudamericani o africani ?, creati da una legislazione sciocca che considera i calciatori lavoratori dipendenti e, quindi, apre loro le porte del libero mercato (e allora dove è andata a finire la specificità dello sport che ha pure suoi organi di giustizia ?) e dalle ambizioni dei presidenti che preferiscono nomi esotici ai nostri Rossi e Brambilla che, forse, non suscitano le fantasie dei tifosi.
Le nostre squadre di club imbottiscono le loro rose con ogni straniero disponibile, tanto che si potrebbero formare le rispettive nazionali solo con i calciatori che giocano nei nostri campionati.
Non vi è però altrettanto interesse all'estero per i calciatori italiani (tranne quelli a fine carriera che finiscono in America o negli Emirati Arabi giusto per arrotondare quanto hanno già guadagnato negli anni) che dubito potrebbero mettere assieme una rosa tra tutti gli espatriati, il tutto con grave detrimento per i giovani che, da noi, sono chiusi dai già affermati calciatori extracomunitari.
Può però essere regolato l’uso degli stranieri, senza subire la ghigliottina delle normative sul mercato del lavoro europeo e globale.
Una squadra può avere in rosa tutti gli stranieri che vuole, ma può metterne in campo contemporaneamente solo, ad esempio, cinque, di cui uno solo extracomunitario.
Si può anche stabilire che almeno il 50% delle partite di campionato devono vedere in porta un giocatore italiano e che non può esserci più di uno straniero per ruolo (quindi un solo centrale, un solo centrocampista, un solo terzino d’ala, un solo attaccante).
In aggiunta si potrebbe dar corso ad una autentica rivoluzione del sistema dei nostri campionati, abolendo le retrocessioni e compilando i campionati in base alla capacità delle società di aggregare spettatori e di sostenere le spese per affrontare gli impegni finanziari.
L’abolizione della retrocessione consentirebbe di non obbligare i presidenti a ricercare il risultato immediato, quindi ad affrontare spese eccessive per calciatori affermati, spesso stranieri, consentendo loro di programmare, puntando sul vivaio, facendo giocare giovani italiani tra i quali potranno crescere i campioni che formeranno la Nazionale del futuro.
E’ protezionismo ?
Certo, ma se continuiamo con la politica della confusione e dell’inclusione,perderemo la nostra Identità e le nostre Radici sia per le questioni minori come il calcio, sia su temi molto più importanti come i Valori e i Principi cui il nostro Popolo si è sempre informato per raggiungere i traguardi del Benessere, della Libertà e della Sicurezza che oggi abbiamo, ma che devono, ogni giorno, essere consolidati difendendo le nostre Tradizioni e i nostri Prodotti, non solo dell’agricoltura.


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