Dopo quasi sei mesi dal voto del parlamento europeo, dopo la designazione della nuova (confermata) presidente della commissione, dopo la indicazione della pletora di commissari, ancora è in carica la vecchia commissione perchè la nuova non ha ottenuto il voto di fiducia e non si sa se lo otterrà.
A questo porta una maggioranza composita, contro natura, tra popolari, verdi, socialisti e liberali che, normalmente, dovrebbero rappresentare quattro proposte distinte e anche distanti, come dimostrano gli schieramenti nazionali, in ultimo in Germania dove i liberali hanno fatto saltare il governo con socialisti e verdi.
E' la dimostrazione che voler mettere assieme gli opposti unicamente per conservare o conquistare una rendita privilegiata, non porta alcun risultato positivo.
Ma è anche la dimostrazione di quanto sia farraginoso il sistema di governo che si è data l'unione europea per far contenti tutti.
C'è un parlamento eletto dai cittadini, all'interno del quale dovrebbe costituirsi una maggioranza e, in effetti, si è costituita, peccato però che non regga alla prova dei voti su questioni concrete come le norme sulla deforestazione.
C'è un Consiglio composto dai governi delle singole nazioni che esprime le candidature a quello che dovrebbe essere il governo dell'unione, la commissione, da far approvare al parlamento europeo.
Però le nomine per le singole nazioni sono proposte dai governi locali, come è ovvio che sia, che talvolta, come nel caso dell'Italia e dell'Ungheria, non sono in linea con la maggioranza (sulla carta) del parlamento europeo e accade che il maggior partito del parlamento, non vuole (giustamente) votare una candidata socialista spagnola, di una nazione, cioè, dove i socialisti ed i popolari, alleati a Strasburgo, sono su due barricate opposte e se le danno di santa ragione.
Il paradosso è che hanno ragione tutti.
Hanno ragione quelli che pretendono che siano rispettate le scelte delle nazioni, perchè se un governo designa un commissario, ha il diritto e il dovere verso i suoi elettori di designarne uno che sia funzionale alla politica di quella maggioranza nazionale.
Ma hanno anche ragione i cattocomunisti europei nel non voler votare candidati espressione di aree politiche esterne alla presunta maggioranza costituitasi sulla carta.
E allora ?
Allora non sarebbe meglio sciogliere tutta la costruzione, mandando a casa (a lavorare sul serio) burocrati, funzionari, parlamentari europei per tornare ai sani accordi bilaterali ?
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