La sinistra, dopo la grande paura di essere spedita a calci elettorali a casa, ha adottato una duplice strategia.
Da un lato cerca di rafforzare il margine al senato con alchimie fondate sulla giunta per le elezioni, incurante dei legittimi dubbi sul reale esito delel votazioni del 9 e 10 aprile 2006.
Dall’altro istiga i funzionarietti di partito presenti nel Centro Destra ad abbandonare Berlusconi facendo loro balenare il miraggio di riconoscerli come “leader” del Centro Destra stesso.
In questo quadro si inserisce la discussione sulla legge elettorale.
Un falso problema.
Per rendere praticamente perfetta questa legge elettorale sono sufficienti due modifiche che potrebbero essere rapidamente votate:
1) il ripristino del testo originario che attribuisce il premio di maggioranza anche al senato su base nazionale e non regionale (modifica imposta da Ciampi che minacciava, senza, di non firmare la legge);
2) L’introduzione delle preferenze all’interno delle liste, perché, ad esempio, Fini non inserisca la Santanchè all’ultimo e ineleggibile posto per far posto a qualche comprimario, suo cortigiano.
La legge elettorale che è stata votata sul finire della scorsa legislatura è, con tali piccole ma significative modiche, la migliore possibile per quella che è la storia e la realtà sociale e politica dell’Italia.
Garantisce infatti la stabilità di una maggioranza, con il “premio”: e nessuno può affermare che alla camera non vi sia stabilità e proprio perché lì non è intervenuto Ciampi e ciò nonostante i legittimi dubbi (indipendenti ed estranei alla legge elettorale) sull’esito reale del voto.
Obbliga i partiti affini a coalizzarsi, ricercando ciò che unisce, un minimo comune denominatore che garantisce omogeneità su un programma (anche se a sinistra il minimo comune denominatore è formato solo dalla poltrona e dall’odio verso Berlusconi).
Nello stesso tempo, però, consente l’esistenza di partiti con una forte connotazione identitaria, dando voce e corpo alle istanze, anche minoritarie, che con qualsiasi altro sistema sarebbero costrette a votare “per il meno peggio”.
E’ una legge che non è scopiazzata – malamente – da altre nazioni (tipica mentalità provinciale da funzionarietto come è D'alema che vorrebbe importare la legge francese), tutte con una loro storia e che hanno leggi adatte alla loro realtà e che sarebbe una forzatura clonare in Italia.
E’ evidente che la questione della legge elettorale è un falso problema, anche perché ogni partito ha la sua ricetta che, guarda caso, coincide con l’interesse del partito stesso.
Allora non possiamo pensare ad altro che la questione della legge elettorale sia un cavallo di Troia per scardinare le attuali coalizioni e tornare alla palude del compromesso storico, dei governi della non sfiducia, degli anni tra il 1976 e il 1983, i peggiori nella storia dell’Italia repubblicana e non solo.
Una involuzione esiziale per la nostra nazione che deve affrontare le sfide del globalismo in campo aperto, con chi sa che cosa vuol dire lavorare e non con una conduzione da parte di chi ha sempre, solo saputo sfruttare il lavoro altrui, come i politici nati nelle direzioni dei partiti.
La legge elettorale è, dunque, un falso problema utile solo ad aprire un dialogo dal quale ci guadagnerebbe solo la sinistra, facendo calare la tensione ribellistica nell’elettorato del Centro Destra rendendolo disgustato nei confronti dei propri rappresentanti che si prestassero ad inquinarsi stringendo la mano e sedendosi allo stesso tavolo di discussione con quelli di sinistra.
Il vero problema è che tra la sinistra e il Centro Destra non c’è nulla in comune.
Ogni alchimia servirebbe solo a prolungare un’agonia.
Da un lato cerca di rafforzare il margine al senato con alchimie fondate sulla giunta per le elezioni, incurante dei legittimi dubbi sul reale esito delel votazioni del 9 e 10 aprile 2006.
Dall’altro istiga i funzionarietti di partito presenti nel Centro Destra ad abbandonare Berlusconi facendo loro balenare il miraggio di riconoscerli come “leader” del Centro Destra stesso.
In questo quadro si inserisce la discussione sulla legge elettorale.
Un falso problema.
Per rendere praticamente perfetta questa legge elettorale sono sufficienti due modifiche che potrebbero essere rapidamente votate:
1) il ripristino del testo originario che attribuisce il premio di maggioranza anche al senato su base nazionale e non regionale (modifica imposta da Ciampi che minacciava, senza, di non firmare la legge);
2) L’introduzione delle preferenze all’interno delle liste, perché, ad esempio, Fini non inserisca la Santanchè all’ultimo e ineleggibile posto per far posto a qualche comprimario, suo cortigiano.
La legge elettorale che è stata votata sul finire della scorsa legislatura è, con tali piccole ma significative modiche, la migliore possibile per quella che è la storia e la realtà sociale e politica dell’Italia.
Garantisce infatti la stabilità di una maggioranza, con il “premio”: e nessuno può affermare che alla camera non vi sia stabilità e proprio perché lì non è intervenuto Ciampi e ciò nonostante i legittimi dubbi (indipendenti ed estranei alla legge elettorale) sull’esito reale del voto.
Obbliga i partiti affini a coalizzarsi, ricercando ciò che unisce, un minimo comune denominatore che garantisce omogeneità su un programma (anche se a sinistra il minimo comune denominatore è formato solo dalla poltrona e dall’odio verso Berlusconi).
Nello stesso tempo, però, consente l’esistenza di partiti con una forte connotazione identitaria, dando voce e corpo alle istanze, anche minoritarie, che con qualsiasi altro sistema sarebbero costrette a votare “per il meno peggio”.
E’ una legge che non è scopiazzata – malamente – da altre nazioni (tipica mentalità provinciale da funzionarietto come è D'alema che vorrebbe importare la legge francese), tutte con una loro storia e che hanno leggi adatte alla loro realtà e che sarebbe una forzatura clonare in Italia.
E’ evidente che la questione della legge elettorale è un falso problema, anche perché ogni partito ha la sua ricetta che, guarda caso, coincide con l’interesse del partito stesso.
Allora non possiamo pensare ad altro che la questione della legge elettorale sia un cavallo di Troia per scardinare le attuali coalizioni e tornare alla palude del compromesso storico, dei governi della non sfiducia, degli anni tra il 1976 e il 1983, i peggiori nella storia dell’Italia repubblicana e non solo.
Una involuzione esiziale per la nostra nazione che deve affrontare le sfide del globalismo in campo aperto, con chi sa che cosa vuol dire lavorare e non con una conduzione da parte di chi ha sempre, solo saputo sfruttare il lavoro altrui, come i politici nati nelle direzioni dei partiti.
La legge elettorale è, dunque, un falso problema utile solo ad aprire un dialogo dal quale ci guadagnerebbe solo la sinistra, facendo calare la tensione ribellistica nell’elettorato del Centro Destra rendendolo disgustato nei confronti dei propri rappresentanti che si prestassero ad inquinarsi stringendo la mano e sedendosi allo stesso tavolo di discussione con quelli di sinistra.
Il vero problema è che tra la sinistra e il Centro Destra non c’è nulla in comune.
Ogni alchimia servirebbe solo a prolungare un’agonia.
4 commenti:
però almeno il voto agli italiani all'estero lo toglierei:-)!
Sembra che quello che tu definisci un falso problema sia già stato presentato nelle versioni più diverse. Ogni gruppo propone la sua riforma e anche all'interno di ogni gruppo si possono leggere più proposte di riforma...
Ciao Massimo! -))
Perla
P.S.: con tutta la buona volontà non riesco ad aggregare più i miei post a Il Castello...Dopo aver fatto tutta l'operazione di modifica, premo il tasto pubblish ma non succede più niente. Se ne hai voglia fallo pure tu per me... -))
Più volte ho scritto che ogni legge elettorale ha i suoi pro e i suoi contro e che non ne esiste un modello perfetto.
Quella attuale è forse la migliore che l'Italia abbia mai avuto ma certamente deve essere perfezionata: con l'introduzione delle preferenze, l'abolizione del voto per gli italiani all'estero, e la maggioranza al Senato su base nazionale (anche se fu questo il punto giudicato anticostituzionale, pertanto di ardua risoluzione).
Io, che sono una sostenitrice del bipolarismo, credo che qualunque legge elettorale moderna e democratica e liberale debba avere come obiettivo il bipartitismo.
In questo senso anche la riforma della Costituzione della CdL, poi bocciata, era propedeutica ad un sistema elettorale di stabilità.
Buona domenica.
Io ne faccio una questione di morale politica: con la sinistra non ci si siede a trattare. Punto. :-)
Capt, Monica, i nostri connazionali all'estero hanno, per me, il diritto a votare.
Bisogna solo trovare il sistema perchè il voto sia garantito nella sua regolarità.
A me verrebbe in mente l'abolizione del voto segreto ... :-D
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