Martedì 18 il Sole 24 Ore (immagine) ha dato notizia di una sentenza della cassazione, titolando circa il divieto di eseguire il saluto romano.
La sentenza è recente e quindi non l’ho ancora letta per intero, ma già il trafiletto porta a ritenere che il titolo sia ingannevole.
Infatti leggiamo che la condanna è stata inflitta a chi, in gruppo, eseguiva sì il saluto romano, ma come coreografia che accompagnava chi insultava e “istigava all’odio razziale”.
Non conosco l’episodio né le circostanze.
Credo però che qualunque persona sana di mente non possa pensare di punire uno perché esegue il saluto romano.
Credo anche che dovrebbe essere abolito il reato di opinione (perchè nei fatti esiste !), anche se espresso con frasi ed espressioni che prendono di mira una o più categorie di persone.
Dire, infatti, “istigava all’odio razziale” è molto generico e soggettivo, dipendendo dalla sensibilità del singolo magistrato individuare le connotazione della istigazione e dello stesso “odio” razziale.
In tal modo non si avrebbe alcuna certezza del diritto, ma si finirebbe in un regime di assolutismo togato, in cui ogni magistrato potrebbe fare e disfare a piacimento, a tutto detrimento del diritto inalienabile ad esprimere le proprie opinioni, anche se sono fortemente critiche verso singole categorie di persone o politiche di accoglienza.
Che, poi, si punisca una modalità di saluto che crea appartenenza ad una comunità (e che appartiene alle nostre radici storiche e culturali, risalendo alla Roma Antica) è solo il segnale di un odio ideologico visto che analoga punizione non viene assunta per chi saluta con il pugno chiuso (e in certi stadi questa modalità viene elevata a simbolo comunitario di una intera tifoseria).
Una vera nazione libera e democratica non ha paura del saluto romano, come non ha paura degli stracci rossi sventolati per strada e non ha paura delle opinioni e delle idee espresse, manifestate e diffuse con comportamenti civili e non violenti.
Una vera nazione libera e democratica persegue gli atti violenti, tra i quali rientrano anche quelli di imporre un pensiero unico sui fatti contemporanei e storici, non la civile espressione e propaganda delle idee.
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