Le righe che seguono dispiaceranno a molti moralisti
sinceri, ma soprattutto a quelli pelosi e di sinistra che, oggi, si
sbizzarriscono in articoli, post, commenti banali e ipocriti sulle vicende
della gestione dei soldi pubblici che, per legge, vengono assegnati ai partiti.
Sono proprio questi moralisti pelosi e di sinistra che, ove
ve ne fosse bisogno, mi ricordano quanto sia meglio uno di Destra che sostenga
la mia idea di società (meno tasse, meno stato, abolizione Imu, no all’aborto,
al divorzio, al matrimonio omosessuale, all’eutanasia, alla cittadinanza e voto
per gli immigrati, alla liberalizzazione della droga, alla manipolazione
genetica) anche se rimane nel suo conto qualche banconota da 500 euro (ed è
tutto da dimostrare che ciò accada contra legem), piuttosto di uno di sinistra
che distruggerebbe la nostra società con leggi devastanti, anche se non si
arricchisse neanche di un centesimo (e anche questa è una mera ipotesi docendi
causa senza supporto alcuno).
E’ giusto che un politico e un sindacalista (li paragono
perché sono attività di carattere sociale che considero equivalenti) non perde
del suo, deve, dovrebbe, arrivare in pari, e quel che naturalmente si perde in
termine di opportunità professionali che sono anche opportunità economiche,
dovrebbe trovare compensazione attraverso una retribuzione adeguata per il
ruolo svolto nell’interesse e in rappresentanza della intera comunità.
Altrimenti a svolgere quelle attività sociali vanno non i
migliori, nell’interesse di tutti, ma solo coloro che tentano la personale
scalata sociale o economica oppure coloro che sono già ampiamente benestanti in
proprio.
Oppure accadrebbe come nell’Antica Roma, dove i candidati,
per farsi propaganda, organizzavano feste (sì, anche allora …) o distribuzione
di beni materiali ai loro clientes, ma poi si rifacevano ampiamente durante la
loro magistratura e, soprattutto, quando veniva concessa in amministrazione una
provincia dalla quale percepivano un ritorno economico sufficiente a tornare a
Roma da benestanti e con un futuro garantito anche per i propri discendenti.
Ma, attenzione, questo riguarda gli eletti, ai quali deve
essere garantito di poter svolgere il loro ufficio senza preoccupazioni per il
presente e con sufficienti garanzie per il futuro.
Tale è infatti la giustificazione per i compensi a
parlamentari, consiglieri locali, ministri e amministratori.
E’ una delle (poche) spese pubbliche ammissibili.
La corruzione (in senso etimologico) avviene, però, quando quei compensi diventano
faraonici sperperi e anche quando il pubblico intende finanziare, con scuse
varie, associazioni privati quali sono partiti e sindacati.
Il Male è nel finanziamento pubblico dei partiti che
dovrebbe essere abolito e sostituito, per le attività non istituzionali, ma di
partito (propaganda, organizzazione interna, determinazione della linea
politica, dei programmi e selezione dei quadri) dai contributi dei militanti,
dal costo delle tessere per gli iscritti e dalle donazioni delle lobbies
interessate ad avere ascolto in tale ambito.
Nel caso sulle bocche di tutti in questi giorni, la regione
Lazio, mi domando dove stia lo scandalo.
I consiglieri del Pdl si sono divisi i contributi per legge
spettanti al gruppo e relativi alla attività politica.
Poi come vengono utilizzati quei soldi, in che modo
intendono la propaganda politica, è un fatto esclusivo interno che non dovrebbe
avere alcun controllo esterno, perché si inizia con un controllo sui conti e si
finisce con la censura delle idee.
Può essere opinabile l’opportunità di svolgere feste, ma non
mi sembra che sia qualcosa di tanto diverso dalle feste dell’Unità se non nel
soggetto, negli inviti e nelle dimensioni.
Ogni festa organizzata da un partito o da un politico ha una
finalità di propaganda e Ulisse che sconfigge i Proci ha la medesima valenza
propagandistica del sindaco comunista che serve in tavola alla festa
dell’Unità.
Anche se le feste, di ogni genere, fossero organizzate con i
soldi dei contributi pubblici e non con soldi privati, non vi sarebbe nulla da
ridire.
Deve invece essere sottolineato come sia il finanziamento
pubblico a consentire l’organizzazione di simili manifestazioni e come sia un
eccesso di remunerazione dei consiglieri a consentire loro una disponibilità
abnorme di denaro, ben oltre il naturale e giusto compenso per la loro attività
sociale.
E’ opportuno evidenziare come nella regione Lazio non si
parli di tangenti, cioè di corruzione, non si parli di sottrazione di denaro,
bensì di una opinabile modalità di riparto di soldi legittimamente entrati
nella disponibilità di uno (o più) partiti e da questi ripartiti in base alle
loro regole interne.
Dov’è il problema ?
Il problema è, appunto, non nelle modalità liberamene scelte, ma nella provenienza pubblica dei soldi.
Un problema che si risolve solo e soltanto con la
cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti e con la riduzione dei
compensi ai rappresentanti eletti che hanno sì diritto ad un compenso idoneo a
ripagarli delle occasioni perse nelle rispettive attività professionali
garantendo il presente e il futuro loro e delle loro famiglie, ma non quello di
arricchirsi.
I moralisti pelosi e di sinistra, invece, pretendono di
mantenere il finanziamento pubblico (non sia mai che rinuncino a mettere le
mani sui soldi pubblici) ergendosi però a censori della libera determinazione
altrui sul come ripartirli.
Sono gli stessi moralisti pelosi che oggi vogliono imporre
il come utilizzare i fondi pubblici e domani vorranno anche imporre il
programma di un partito, esattamente come nell’est comunista prima della caduta del muro
c’era il partito comunista che, per dare una rappresentazione di democrazia,
tollerava partiti “concorrenti” ai quali però dettava il programma e imponeva i
dirigenti.
Questo falso moralismo lo respingo in toto, essendo solo un
altro imbroglio con il quale la sinistra cerca di impossessarsi del potere per
devastare meglio la nostra società.
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