Giulio Tremonti, tornato Ministro dell’Economia, ha contemporaneamente dato alle stampe un libro che brilla per sintesi, chiarezza e concretezza propositiva.
Ciò che contraddistingue gli uomini del fare come Tremonti e Berlusconi, dagli uomini “tutto chiacchiere e distintivo” come Prodi, Fassino e la pletora delle nomenklatura di sinistra che parla giusto per dare aria ai denti, è proprio questo: sintesi, chiarezza, concretezza propositiva.
Rischi fatali (Mondatori, € 15,00, pagine 111) è emblematico della filosofia politica ed economica di Tremonti.
Il tema è la sfida della globalizzazione che, come scrive Tremonti, è entrata in europa e non l’europa che è entrata nella globalizzazione, connotando così la passività del ruolo del vecchio e, in alcuni burocrati, decrepito continente.
Come siamo giunti al punto di soffrire l’arrivo sui mercati mondiali della Cina (e di altre nazioni asiatiche) ?
Quali sono stati gli errori, quali sono i lacci e lacciuoli che ci fanno segnare il passo con grave rischio di regredire ?
Ma, soprattutto, abbiamo la possibilità di reagire ?
A tutto questo risponde Tremonti, partendo dalla incredibile accelerazione del 9 novembre 1989 (crollo dell’infame muro comunista) e 15 aprile 1994 (accordo sul WTO) che hanno trovato l’europa impreparata, annaspare e dare risposte basate su prospettive superate dagli eventi.
Una europa che si è chiusa in quello che Tremonti chiama mercatismo, un esiziale mix tra mercato e comunismo, con una commissione europea che interviene, come un soviet, in ogni più marginale aspetto della vita dei cittadini.
Con una moneta creata a tavolino, accettata frettolosamente e che ha scaricato sul privato i costi del consolidamento dei debiti pubblici.
Con una dirigenza europea espressione degli uomini “chiacchiere e distintivo” e non di quelli del fare.
Ciò che contraddistingue gli uomini del fare come Tremonti e Berlusconi, dagli uomini “tutto chiacchiere e distintivo” come Prodi, Fassino e la pletora delle nomenklatura di sinistra che parla giusto per dare aria ai denti, è proprio questo: sintesi, chiarezza, concretezza propositiva.
Rischi fatali (Mondatori, € 15,00, pagine 111) è emblematico della filosofia politica ed economica di Tremonti.
Il tema è la sfida della globalizzazione che, come scrive Tremonti, è entrata in europa e non l’europa che è entrata nella globalizzazione, connotando così la passività del ruolo del vecchio e, in alcuni burocrati, decrepito continente.
Come siamo giunti al punto di soffrire l’arrivo sui mercati mondiali della Cina (e di altre nazioni asiatiche) ?
Quali sono stati gli errori, quali sono i lacci e lacciuoli che ci fanno segnare il passo con grave rischio di regredire ?
Ma, soprattutto, abbiamo la possibilità di reagire ?
A tutto questo risponde Tremonti, partendo dalla incredibile accelerazione del 9 novembre 1989 (crollo dell’infame muro comunista) e 15 aprile 1994 (accordo sul WTO) che hanno trovato l’europa impreparata, annaspare e dare risposte basate su prospettive superate dagli eventi.
Una europa che si è chiusa in quello che Tremonti chiama mercatismo, un esiziale mix tra mercato e comunismo, con una commissione europea che interviene, come un soviet, in ogni più marginale aspetto della vita dei cittadini.
Con una moneta creata a tavolino, accettata frettolosamente e che ha scaricato sul privato i costi del consolidamento dei debiti pubblici.
Con una dirigenza europea espressione degli uomini “chiacchiere e distintivo” e non di quelli del fare.
C’è da fidarsi di Tremonti ?
Sicuramente sì.
Tremonti è il Ministro dell’Economia che ha gestito al meglio una situazione di crisi internazionale, con una finanza (che la sinistra spregiativamente chiama “creativa” ) che però ha evitato il ricorso all’abituale strumento dei governi “chiacchiere e distintivo”: l’aumento delle tasse.
E che anche nel suo saggio, indica con chiarezza e concretezza la strada da seguire con sette proposte e una provocazione:
1) primum vivere, cioè guadagnare tempo;
2) codici europei, cioè sfrondare il corpus iuris europeo dalle trope direttive sui piselli nei baccelli, per raccogliere in modo organico e chiaro le regole fondamentali;
3) attrazione di capitali esterni;
4) emissione di euro bond per raccogliere fondi per opere infrastrutturali;
5) politica industriale europea fermando il suicida uso di strumenti antitrust rivolto contro le stesse industrie europee;
6) spostare l’asse del prelievo fiscale dalle persone alle cose, cioè meno tasse generali, per tassare la fruizione delle “cose” pagando per la loro efficienza;
7) politica demografica europea.
La provocazione, poi, sarebbe da sola strumento di grande innovazione:
“Finora è quasi tutto vietato, tranne ciò che è consentito, ma può essere a sua volta vietato… Questo schema va rovesciato… Prevedendo che in europa per cinque anni ogni iniziativa economica è libera, escluso solo ciò che è vietato dalla legge penale”.
Infine l’ottimismo necessario a superare anche i problemi più grandi, quando il catastrofismo degli uomini tutti “chiacchiere e distintivo” produce solo danni:
“Per avere un pezzo di futuro dobbiamo rinunciare a un pezzo di passato.
Il tempo è sostanza. Il tempo dell’europa non è ancora scaduto”.
Tremonti è il Ministro dell’Economia che ha gestito al meglio una situazione di crisi internazionale, con una finanza (che la sinistra spregiativamente chiama “creativa” ) che però ha evitato il ricorso all’abituale strumento dei governi “chiacchiere e distintivo”: l’aumento delle tasse.
E che anche nel suo saggio, indica con chiarezza e concretezza la strada da seguire con sette proposte e una provocazione:
1) primum vivere, cioè guadagnare tempo;
2) codici europei, cioè sfrondare il corpus iuris europeo dalle trope direttive sui piselli nei baccelli, per raccogliere in modo organico e chiaro le regole fondamentali;
3) attrazione di capitali esterni;
4) emissione di euro bond per raccogliere fondi per opere infrastrutturali;
5) politica industriale europea fermando il suicida uso di strumenti antitrust rivolto contro le stesse industrie europee;
6) spostare l’asse del prelievo fiscale dalle persone alle cose, cioè meno tasse generali, per tassare la fruizione delle “cose” pagando per la loro efficienza;
7) politica demografica europea.
La provocazione, poi, sarebbe da sola strumento di grande innovazione:
“Finora è quasi tutto vietato, tranne ciò che è consentito, ma può essere a sua volta vietato… Questo schema va rovesciato… Prevedendo che in europa per cinque anni ogni iniziativa economica è libera, escluso solo ciò che è vietato dalla legge penale”.
Infine l’ottimismo necessario a superare anche i problemi più grandi, quando il catastrofismo degli uomini tutti “chiacchiere e distintivo” produce solo danni:
“Per avere un pezzo di futuro dobbiamo rinunciare a un pezzo di passato.
Il tempo è sostanza. Il tempo dell’europa non è ancora scaduto”.
Un saggio che somiglia tanto ad un programma di Governo, il programma che vorrei.
2 commenti:
Mi hanno spesso chiesto cosa penso di Tremonti, da pessimo conoscitore delle cose economiche ho sempre risposto che mi ispira fiducia e simpatia a pelle, doti fondamentali in una persona alla quale devo affidare i miei denari.
Ciao
Il pregio di TRemonti è di essere diretto e chiaro.
Da lui non sentiremo mai parlare di "convergenze parallele" ... :-)
E poi dice quel che penso.
Basta tassare le persone.
Tassiamo l'utilizzo delel cose, per cui paga chi usa e chi non usa nn paga.
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