Commentando alcuni post di bloggers del Centro Destra in merito alla decisione di Casini di portare l’Udc fuori dalla Casa delle Libertà, ho ricordato la vicenda che, tra il 1977 e il 1979, vide la nascita e la rapida scomparsa di Democrazia Nazionale.
Le elezioni politiche del 1976, pur segnando un significativo recupero della Democrazia Cristiana, avevano prodotto una situazione di instabilità a causa della pesante sconfitta del PSI che sostituì la vecchia classe dirigente dei De Martino e dei Mancini con Bettino Craxi.
In una situazione del genere il PSI non si rese disponibile per ritornare al centrosinistra e non era numericamente praticabile una soluzione centrista, perchè il 6% ottenuto dall’MSI continuava a non essere preso in considerazione per ogni alleanza.
Prese corpo quindi una della più classiche situazioni all’italiana, con i due maggiori partiti (DC e PCI) che si misero d’accordo per governi transitori, deboli e che riproponevano la infamia dell’ “arco costituzionale” pur con il PCI fuori dalle stanza di governo (dove poi fu portato dai “cattolici adulti” tipo Prodi, Bindi, Castagnetti, Marini ...).
L’MSI era così, sempre di più, “l’unica speranza, l’unica certezza” perchè era l’unica opposizione.
La situazione non era evidentemente stabile e così cominciarono le manovre per utilizzare, in un qualche modo, i voti missini.
Si dice che fu Giulio Andreotti a pilotare la costituzione prima e la scissione poi di una componente interna dell’MSI: Democrazia Nazionale.
Tale componente aveva leaders di “nome” all’interno del partito: da Nencioni a Di Marzio, da Roberti a Delfino, da Covelli a Tedeschi, nessuno peraltro in grado di poter fare ombra a Giorgio Almirante, ma alcuni –come Nencioni, Di Marzio e Roberti – che sembravano essere collettori di cospicui bacini elettorali (Di Marzio in Puglia, ad esempio e Roberti nel sindacato CISNAL).
Democrazia Nazionale nel 1977 ruppe gli indugi e costituì un gruppo parlamentare autonomo sottraendo all’MSI di Giorgio Almirante più della metà dei parlamentari, tanto alla camera quanto al senato.
Sembrava la fine dell’MSI.
Nonostante le aperture reciproche (Democrazia Nazionale si astenne come il PCI sul governo Andreotti della “non sfiducia”, Andreotti avrebbe poi portato Delfino nella sua corrente e nel consiglio di amministrazione della Rai) l’esperimento fallì alle elezioni del 1979.
Democrazia Nazionale ottenne poche centinaia di migliaia di voti e meno dell’1%.
L’MSI confermò integralmente i voti ottenuti nella precedente tornata.
La scissione si dimostrò una operazione verticistica, senza alcuna consistenza elettorale.
A leggere quindi le considerazioni - a volte sconsolate - di alcuni bloggers sulla “perdita” dell’Udc, mi è tornata in mente la vicenda descritta.
Casini e il suo sinedrio hanno scelto in base agli orientamenti della loro base elettorale o in funzione di loro elucubrazioni stroncate dalle vicende seguite al voto ?
Sicuramente un partito di potere e clientele come l’Udc non farà il flop di Democrazia Nazionale, ma l’elettorato che non è legato a tali aspetti si rivolgerà ad uno degli altri partiti della CdL, consentendo quindi di conservare quel vantaggio sulla sinistra che i sondaggi continuano a dare al Centro Destra anche bonificato dai Casini.
E, poi, chi è che porta i voti nell’Udc ?
Direi essenzialmente Cuffaro e Baccini.
Che non mi sembrano proprio i più strenui sostenitori della rottura con Berlusconi.
Allora, pur ribadendo che ho troppa considerazione dell’intelligenza politica di Casini per pensare che perseveri in un errore che lo ammazzerebbe politicamente, vedo nella decisione dell’Udc solo un allungamento dei tempi di tenuta della sinistra, ma non una sconfitta della CdL.
Anzi.
Un Centro Destra più compatto può essere un Centro Destra più efficace, più deciso, più pugnace.
E, soprattutto, senza perdere voti.
Democrazia Nazionale docet.
Entra ne
Le elezioni politiche del 1976, pur segnando un significativo recupero della Democrazia Cristiana, avevano prodotto una situazione di instabilità a causa della pesante sconfitta del PSI che sostituì la vecchia classe dirigente dei De Martino e dei Mancini con Bettino Craxi.
In una situazione del genere il PSI non si rese disponibile per ritornare al centrosinistra e non era numericamente praticabile una soluzione centrista, perchè il 6% ottenuto dall’MSI continuava a non essere preso in considerazione per ogni alleanza.
Prese corpo quindi una della più classiche situazioni all’italiana, con i due maggiori partiti (DC e PCI) che si misero d’accordo per governi transitori, deboli e che riproponevano la infamia dell’ “arco costituzionale” pur con il PCI fuori dalle stanza di governo (dove poi fu portato dai “cattolici adulti” tipo Prodi, Bindi, Castagnetti, Marini ...).
L’MSI era così, sempre di più, “l’unica speranza, l’unica certezza” perchè era l’unica opposizione.
La situazione non era evidentemente stabile e così cominciarono le manovre per utilizzare, in un qualche modo, i voti missini.
Si dice che fu Giulio Andreotti a pilotare la costituzione prima e la scissione poi di una componente interna dell’MSI: Democrazia Nazionale.
Tale componente aveva leaders di “nome” all’interno del partito: da Nencioni a Di Marzio, da Roberti a Delfino, da Covelli a Tedeschi, nessuno peraltro in grado di poter fare ombra a Giorgio Almirante, ma alcuni –come Nencioni, Di Marzio e Roberti – che sembravano essere collettori di cospicui bacini elettorali (Di Marzio in Puglia, ad esempio e Roberti nel sindacato CISNAL).
Democrazia Nazionale nel 1977 ruppe gli indugi e costituì un gruppo parlamentare autonomo sottraendo all’MSI di Giorgio Almirante più della metà dei parlamentari, tanto alla camera quanto al senato.
Sembrava la fine dell’MSI.
Nonostante le aperture reciproche (Democrazia Nazionale si astenne come il PCI sul governo Andreotti della “non sfiducia”, Andreotti avrebbe poi portato Delfino nella sua corrente e nel consiglio di amministrazione della Rai) l’esperimento fallì alle elezioni del 1979.
Democrazia Nazionale ottenne poche centinaia di migliaia di voti e meno dell’1%.
L’MSI confermò integralmente i voti ottenuti nella precedente tornata.
La scissione si dimostrò una operazione verticistica, senza alcuna consistenza elettorale.
A leggere quindi le considerazioni - a volte sconsolate - di alcuni bloggers sulla “perdita” dell’Udc, mi è tornata in mente la vicenda descritta.
Casini e il suo sinedrio hanno scelto in base agli orientamenti della loro base elettorale o in funzione di loro elucubrazioni stroncate dalle vicende seguite al voto ?
Sicuramente un partito di potere e clientele come l’Udc non farà il flop di Democrazia Nazionale, ma l’elettorato che non è legato a tali aspetti si rivolgerà ad uno degli altri partiti della CdL, consentendo quindi di conservare quel vantaggio sulla sinistra che i sondaggi continuano a dare al Centro Destra anche bonificato dai Casini.
E, poi, chi è che porta i voti nell’Udc ?
Direi essenzialmente Cuffaro e Baccini.
Che non mi sembrano proprio i più strenui sostenitori della rottura con Berlusconi.
Allora, pur ribadendo che ho troppa considerazione dell’intelligenza politica di Casini per pensare che perseveri in un errore che lo ammazzerebbe politicamente, vedo nella decisione dell’Udc solo un allungamento dei tempi di tenuta della sinistra, ma non una sconfitta della CdL.
Anzi.
Un Centro Destra più compatto può essere un Centro Destra più efficace, più deciso, più pugnace.
E, soprattutto, senza perdere voti.
Democrazia Nazionale docet.
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4 commenti:
Casini sta bluffando. Non ha tutta la forza elettorale che spera e lo sa, ma sta forzando la situazione..
Ma la dicci' non esiste piu' e il centro é FI ormai.
Ciao Monsoreau, bellissimo post, ma temo che le cose non siano proprio così semplici. Certo, se Casini va a sinistra si suicida, siamo d'accordo, ma se tenta di fare un centro, rimarrà con lui una buona fetta dell'elettorato. I motivi li ho spiegati in questo post: http://ilreazionario.blogspot.com/2007/03/neocentrismo-tomba-della-democrazia.html .
Casini, Mastella, Follini, e i transfughi di Margherita e Forza Italia che li seguiranno senza alcun dubbio, formeranno un partito da 8-10%. L'ideale, per stare sempre al governo cambiando solo l'alleato di turno. Spero solo che la gente di Forza Italia, An, Lega, Nuova dc e AS non rimanga con le mani in mano ed inizi una campagna FEROCE anti-udc non appena questi dimostreranno la loro decisione ad andarsene. E' importantissimo non fare durare oltre questa incertezza.
Io ai tempi non c'ero ma, purtroppo, l'esempio non mi sembra calzante... nel senso, qua Casini non si è fatto un gruppo scindendosi da FI o da AN. E' un partito a se... addirittura alcuni sondaggi dicono che potrebbe ottenere più voti...
Boh, staremo a veder..
ciao
purtroppo sono in molti quelli che si definiscono moderati alla Casini e non fanno opposizione o se la fanno la fanno "intelligente" e "politicamente corretta" non considerando che gli altri quando sono all'opposizione la fanno invece bella tosta eccome e così facendo tornano al governo in un modo o nell'altro. E' quello che non riesce a capire certa destra bollita.
La destra politically correct è un grosso guaio se si vuole tornare al governo, perchè invece da ottusamente spago alla sinistra senza rendersene conto.
Per questo penso che i "casinisti" alla fine non saranno così pochi.
Ciao
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