Gianfranco Fini rappresenta per il PdL ciò che Di Pietro è nel pci/pds/ds/pd: il cattivo.
Si stanno definendo i ruoli e mentre Berlusconi e Veltroni si ritagliano uno spazio angelico, il lavoro sporco deve essere fatto dagli sherpa.
Ecco che, da un lato, Di Pietro ripropone temi cari a tre lustri di becero antiberlusconismo, ipotizzando una riforma che penalizza Mediaset (e poco importa a loro se in questo modo non Berlusconi ma migliaia di lavoratori diverrebbero più disoccupati che precari), mentre Fini si esibisce nel repertorio democristiano pretangentopoli del “voto utile”.
Una affermazione, in se ridicola, che ha fornito il destro a Pierferdinando Casini (attenzione a non sottovalutarlo: se messo alle corde dimostrerà di non essere solo un doroteo, ma anche un combattente !) di metterlo alla berlina, evidenziando come sia alla frutta chi, già all'inizio della campagna elettorale, ha così tanti argomenti da proporre che si rifugia nella disperazione del “voto utile”.
Una disperazione che negli anni settanta e ottanta era propria di Montanelli, l’inventore del voto alla DC “turandosi il naso e tappandosi la bocca”.
Quanti di noi diedero retta, soprattutto nel 1976 e nel 1979, a Montanelli ?
Tanti, credo e in tanti ne fummo scornati.
Prendiamo, ad esempio, il voto del 1976.
Fu il mio primo voto per le politiche.
Nel 1974 il referendum sul divorzio aveva visto la sconfitta della DC e dell’MSI e la vittoria di un fronte laicista che andava dal Pli al Pci.
L’anno successivo fu concesso il voto ai diciottenni e il Pci volò ad un soffio della DC, conquistando comuni, province e regioni.
Le brigate rosse imperversavano.
Montanelli era stato pensionato dal soviet del Corriere e aveva fondato (1974) Il Giornale.
Gli Stati Uniti erano ripiegati su se stessi (e avrebbero eletto il peggior presidente della loro storia: Jimmy Carter).
Elezioni anticipate, le seconde, dopo quelle del 1972, della storia repubblicana.
Montanelli, laico, liberale, schierò Il Giornale con la DC, invitando a votarla per contrastare i comunisti.
Risultato: la DC recuperò a scapito dei partiti minori, ma fece ugualmente, sotto la regia di Moro e Andreotti, il governo appoggiato dai comunisti.
Temi etici (per dirla con una espressione che va tanto di moda oggi) ?
Nel 1978 fu approvata, da quel parlamento, la famigerata legge 194 sull’aborto.
Solo l’astuzia di Andreotti evitò l’ingresso ufficiale di ministri comunisti al governo.
E quello fu un “voto utile” ?
A chi ?
Per la cronaca nel 1976 votai DC, anche se molti, ivi inclusa mia madre, non mi hanno mai creduto.
Naturalmente il successivo svolgimento delle vicende politiche, tra le quali la scissione orchestrata da Andreotti dell’MSI con Democrazia Nazionale, mi fecero pentire di aver votato “utile” e non con il cuore.
Molti sono i giovani che il 13 e 14 aprile andranno a votare per la prima volta o, comunque, che votano ed hanno conoscenza diretta delle vicende politiche da pochi anni.
Mi auguro che non facciano lo stesso errore di pensare troppo al voto come dei ragionieri davanti ad un bilancio, soffocando i loro sentimenti per scegliere il “voto utile”, se ne pentirebbero, comunque.
Il voto migliore, l’unico “voto utile”, è quello del cuore, perché è un voto convinto, motivato, sentito.
E, poi, si rivela sempre un “voto utile”.
Fini e il Pdl hanno un problema: stanno perdendo consensi a destra, al centro e a sinistra.
La campagna elettorale è lunga, ma la loro difficoltà la si vede, sin da ora, dalle piccole cose.
L’ostracismo verso La Destra/Fiamma Tricolore è uno.
Ma a volte emergono squarci di verità che spiegano lo stato d’animo di Fini e del PdL, come nell’articolo di oggi su Libero di Gianluigi Paragone che, a pagina sette, in fondo a destra, scrive: “Campagne elettorali già coi motori accesi per La Destra di Storace e Santanchè (abbastanza alta nei sondaggi)”.
In quell’inciso di quattro parole sta tutto il dramma di Fini e del PdL finiano, ma ci sta soprattutto la consapevolezza che il voto del cuore è anche il “voto utile”.
Entra ne
Si stanno definendo i ruoli e mentre Berlusconi e Veltroni si ritagliano uno spazio angelico, il lavoro sporco deve essere fatto dagli sherpa.
Ecco che, da un lato, Di Pietro ripropone temi cari a tre lustri di becero antiberlusconismo, ipotizzando una riforma che penalizza Mediaset (e poco importa a loro se in questo modo non Berlusconi ma migliaia di lavoratori diverrebbero più disoccupati che precari), mentre Fini si esibisce nel repertorio democristiano pretangentopoli del “voto utile”.
Una affermazione, in se ridicola, che ha fornito il destro a Pierferdinando Casini (attenzione a non sottovalutarlo: se messo alle corde dimostrerà di non essere solo un doroteo, ma anche un combattente !) di metterlo alla berlina, evidenziando come sia alla frutta chi, già all'inizio della campagna elettorale, ha così tanti argomenti da proporre che si rifugia nella disperazione del “voto utile”.
Una disperazione che negli anni settanta e ottanta era propria di Montanelli, l’inventore del voto alla DC “turandosi il naso e tappandosi la bocca”.
Quanti di noi diedero retta, soprattutto nel 1976 e nel 1979, a Montanelli ?
Tanti, credo e in tanti ne fummo scornati.
Prendiamo, ad esempio, il voto del 1976.
Fu il mio primo voto per le politiche.
Nel 1974 il referendum sul divorzio aveva visto la sconfitta della DC e dell’MSI e la vittoria di un fronte laicista che andava dal Pli al Pci.
L’anno successivo fu concesso il voto ai diciottenni e il Pci volò ad un soffio della DC, conquistando comuni, province e regioni.
Le brigate rosse imperversavano.
Montanelli era stato pensionato dal soviet del Corriere e aveva fondato (1974) Il Giornale.
Gli Stati Uniti erano ripiegati su se stessi (e avrebbero eletto il peggior presidente della loro storia: Jimmy Carter).
Elezioni anticipate, le seconde, dopo quelle del 1972, della storia repubblicana.
Montanelli, laico, liberale, schierò Il Giornale con la DC, invitando a votarla per contrastare i comunisti.
Risultato: la DC recuperò a scapito dei partiti minori, ma fece ugualmente, sotto la regia di Moro e Andreotti, il governo appoggiato dai comunisti.
Temi etici (per dirla con una espressione che va tanto di moda oggi) ?
Nel 1978 fu approvata, da quel parlamento, la famigerata legge 194 sull’aborto.
Solo l’astuzia di Andreotti evitò l’ingresso ufficiale di ministri comunisti al governo.
E quello fu un “voto utile” ?
A chi ?
Per la cronaca nel 1976 votai DC, anche se molti, ivi inclusa mia madre, non mi hanno mai creduto.
Naturalmente il successivo svolgimento delle vicende politiche, tra le quali la scissione orchestrata da Andreotti dell’MSI con Democrazia Nazionale, mi fecero pentire di aver votato “utile” e non con il cuore.
Molti sono i giovani che il 13 e 14 aprile andranno a votare per la prima volta o, comunque, che votano ed hanno conoscenza diretta delle vicende politiche da pochi anni.
Mi auguro che non facciano lo stesso errore di pensare troppo al voto come dei ragionieri davanti ad un bilancio, soffocando i loro sentimenti per scegliere il “voto utile”, se ne pentirebbero, comunque.
Il voto migliore, l’unico “voto utile”, è quello del cuore, perché è un voto convinto, motivato, sentito.
E, poi, si rivela sempre un “voto utile”.
Fini e il Pdl hanno un problema: stanno perdendo consensi a destra, al centro e a sinistra.
La campagna elettorale è lunga, ma la loro difficoltà la si vede, sin da ora, dalle piccole cose.
L’ostracismo verso La Destra/Fiamma Tricolore è uno.
Ma a volte emergono squarci di verità che spiegano lo stato d’animo di Fini e del PdL, come nell’articolo di oggi su Libero di Gianluigi Paragone che, a pagina sette, in fondo a destra, scrive: “Campagne elettorali già coi motori accesi per La Destra di Storace e Santanchè (abbastanza alta nei sondaggi)”.
In quell’inciso di quattro parole sta tutto il dramma di Fini e del PdL finiano, ma ci sta soprattutto la consapevolezza che il voto del cuore è anche il “voto utile”.
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2 commenti:
Splendido articolo.
Ricordare Montanelli e gli anni del compromesso storico dovrebbero far riflettere quanti hanno il cuore a destra e pensano di votare turandosi il naso per il PDL.
Ed è sempre vero che è meglio votare in base alle proprie convinzioni che in base a conti che alla fine non tornano mai.
Io non vado tanto indietro. Mi basta ripensare al 1994, al 2001 e anche al 2006 per l'entusiasmo che Berlusconi aveva saputo creare e che, oggi, appartiene tutto alla Destra. Nel PdL ci stanno solo i calcolatori di percentuali con l'occhio lungo ai posti da ripartirsi. E' tornata la DC.
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