Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

Web blacknights1.blogspot.com
penadimorte.blogspot.com svulazen.blogspot.com
Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

13 ottobre 2008

La crisi sancisce la supremazia della politica sulla finanza

Le borse mondiali hanno subito, in una sola settimana, perdite di valore superiore al 20%.
Le banche hanno mostrato una inaspettata debolezza.
Le aziende anche quelle che, come dice Berlusconi, macinano utili, hanno perso capitalizzazione.
In Italia anche se le banche si sono mostrate più solide delle consorelle straniere, la fiducia popolare è stata incrinata, alimentata da media che soffiano sul fuoco con le loro trasmissioni e articoli apocalittici e da associazioni di consumatori pronte ad approfittare per inaugurare una nuova stagione di cause dalle quali guadagnano solo loro e gli avvocati.
I risparmiatori italiani si sono rivolti a vecchi Bot che, infatti, a fronte di domanda triplicata, hanno avuto la perdita di oltre un terzo dei rendimenti.
In tutto questo non si è colto ancora l’aspetto a mio parere, più rilevante: i “grandi” manager si sono presentati con il piattino in mano davanti ai politici, in passato trattati con sufficienza.
Finanzieri, raiders, “imprenditori”, manager, tutti negli anni passati hanno bacchettato governi e politici, ritenuti inadatti, arretrati, mettendo in piedi un gigantesco castello di carta che sta crollando sotto i loro piedi.
Adesso che le operazioni di ingegneria contabile non riescono a mascherare la inconsistenza dell’economica virtuale che avevano costruito sul nulla, ricorrono, per salvare più se stessi che la loro azienda, alla politica.
E la politica, come la sventurata Gertrude, la monaca di Monza, rispose.
Ma è da pensare che non sarà una risposta “gratis et amore Dei”, ma bensì un rimpossessarsi della supremazia a lungo, troppo a lungo, lasciata all’economia.
E’ un rimpossessarsi di tale supremazia attraverso la strada sbagliata, quella degli aiuti di stato che, poi, paghiamo noi, non certo i politici e che porterà all’emergere di nuovi raiders finanziari sotto forma di manager pubblici, come ai tempi dell’Iri democristiano.
Ma è sicuramente uno scossone salutare ad una casta, quella dei manager “imprenditori”, che ha fatto il suo tempo, con le inaccettabili remunerazioni incassate anche quando si porta al fallimento l’azienda che si amministra.
Il globalismo imperante ha consentito ai governi di concordare i primi, in assoluto, interventi coordinati nella storia e questo ridurrà sensibilmente i danni che saranno apportati dalla attuale crisi che non sono il crollo del castello di carta costruito dai finanzieri o la loro perdita di appeal nei confronti dei politici, ma le perdite che possono subire i cittadini.
E non sto parlando di chi ha investito in fondi o prodotti che contenevano i titoli avariati: in fondo ogni investitore è maggiorenne e deve comprendere che ad un elevato rendimento corrisponde un rischio elevato (e nessuno si è mai lamentato presso gli sportelli bancari dei rendimenti conseguiti negli anni scorsi).
Sto parlando del classico risparmiatore che compra casa, con un mutuo, che ha qualche risparmio per le spese necessarie e il necessario superfluo che rende la vita più gradevole, del pensionato che ha il diritto assoluto, dopo una vita di lavoro, ad anni di serenità decorosa e di assistenza piena.
Sono questi quelli che devono essere tutelati dall’intervento dello stato, del pubblico, non per assistenzialismo, ma nel nome di quella solidarietà che è fondamentale nel concetto di stato, dove più persone si uniscono per vivere meglio, tutti.
Credo che, in tale senso, i provvedimenti che garantiscono i depositi in banca, quelli che contengono il costo del denaro interbancario (a base dei prestiti e dei mutui) siano idonei ad osservare il principio di solidarietà.
Mentre l’intervento nel capitale delle banche, anche solo con un pacchetto (consistente, suppongo) di privilegiate ci porterebbe ad un passato che non deve ritornare.
Così come non devono ritornare i tempi dell’intervento dello stato nell’economia, perchè chi non produce, chi non sa produrre, chi non coglie le esigenze dei cittadini non deve essere salvato, ma deve essere destinato – ed è giusto che così sia – a fallire per lasciare il posto a nuovi imprenditori, più solidi, più produttivi.
Non è pertanto accettabile l’appello della Confindustria che, continuando sulla linea della privatizzazione degli utili e socializzazione delle perdite, auspica l’intervento dello stato a puntellare le traballanti posizioni degli “imprenditori”.
Mentre è auspicabile, questo sì, una revisione delle norme societarie che chiamino a rispondere, economicamente, i manager del loro operato.
Una volta l’imprenditore rischiava di suo.
Se l’azienda andava bene, guadagnava.
Se andava male, tornava anche lui a fare l’operaio o il contadino.
Oggi i manager, che l’azienda vada bene o male, guadagnano lo stesso.
Ecco, dobbiamo tornare all’etica del lavoro di una volta, alla produzione di cose solide, concrete, tangibili, non di teorie finanziarie che ciclicamente si dimostrano solo castelli di carta e dobbiamo tornare al classico “chi sbaglia paga”.
Gli imprenditori che non erano in grado di rinnovarsi, perivano (imprenditorialmente, si intende).
I manager il cui bluff è stato ora scoperto, periscano (sempre metaforicamente).

Entra ne

4 commenti:

Nessie ha detto...

Una cosa è certa anche per i grandi manager americani che ci hanno trascinato in questa penosa crisi, dovuta all'implosione della globalizzazione: non potranno più dilettarsi con la formuletta magica "business as usual". E che in America facciano pulizia con "pene retributive" almeno pari al danno creato. Perché è ora di fare dei nomi e dei cognomi dei responsabili. Sennò tanto vale, discettare del sesso degli angeli. Bene ha fatto Tremonti a fissare paletti, regole e a voler garanzie al G7.

Massimo ha detto...

Chi sbaglia, paga.
Ma in fondo io non getterei tanto la croce sui manager che, in fondo, hanno solo accarezzato per il verso giusto l'ambizione di tanti di arricchirsi con poco sforzo.
Tutto sommato è un po' come con Vanna Marchi ... :-)

sarcastycon ha detto...

Massimo
io non mi intendo molto di economia globale,ma come fai a controllare "seriamente" una società se non possiedi un consistente pacchetto azionario?
I controlli delle banche centrali della consob e delle equivalenti estere, si sono rivelati pessochè nulli in questi anni, se sono potuti accadere casi come parmalat e quello attuale.

Io non so quale sia la soluzione migliore da dare al problema,ma avendo sempre lavorato in aziende private, il controllo della gestione è assolutamente fondamentale. Controllare la gestione e controllare anche i controllori....
Le società di rating con i loro ridicoli AA BB + - fanno solo ridere e oltretutto sono corruttibili.
ciao
sarc.

Massimo ha detto...

Sarc, anch'io non mi intendo di economia globale ma, a quanto pare, non se ne intendono neppure coloro che si autoproclamano "esperti" :-)
Tutti capaci a fare analisi e propoprre ricette DOPO che è successo il patatrac.
Così hanno anche trovato un "economista" che lo "aveva previsto" e glihanno rifilato lo svalutatissimo Nobel.
Come lo avrebbero dato a chi, tra le tante voci, ci avesse per caso azzeccato.
Quale proposta ?
Lasciar fare al mercato e tutelare solo pensioni, lavoro e risparmi non speculativi.