Lo avevamo scritto: la vicenda Alitalia è tutt’altro che chiusa.
Hanno provato a farcelo credere con l’accordo che ha visto ricompattarsi tutta la casta di potere: maggioranza di governo, opposizione di sinistra, imprenditori pronti a socializzare le perdite e privatizzare gli utili e sindacati confederali.
Tutti assieme appassionatamente per l’affare del secolo, una compagnia aerea di prestigio, dalla quale venivano rimossi i debiti e i settori in perdita (accollati ai cittadini e contribuenti italiani sotto forma di “bad company”) e dalla quale una nuova società, costata una cicca, incamerava solo la polpa.
Un affarone che presupponeva il complice silenzio delle organizzazioni sindacali.
Hanno fatto male i loro conti.
Se i confederali si sono prontamente prestati al gioco (persino la cgil – che pure in questi giorni è scesa in trincea e calzato l’elmetto – a dimostrazione di quanto grandi siano gli interessi in ballo) i sindacati autonomi di categoria e le associazioni professionali si sono opposti, fedeli al loro ruolo di vero sindacato non inquinato dalle collusioni partitiche, ottenendo un successo che va ben oltre le loro aspettative, tanto da essere obbligati a fare da pompieri nei confronti di una categoria arrabbiata e già attiva nel porre in essere forme di contestazione contro la non ancora esercitante Cai.
Con una sicumera degna di miglior causa (ma, soprattutto, di una causa giusta e non sbagliata come quella che sostengono) l’amministratore delegato di Cai Rocco Sabelli e l’inadeguatissimo ministro Altero Matteoli, hanno respinto ogni ipotesi di aprire un dialogo, una vera trattativa, con chi sta dimostrando di essere rappresentativo della categoria: i sindacati autonomi e le associazioni professionali.
La trimurti confederale, per l’occasione puntellata dall’Ugl, aspetta e spera.
Spera che non si vada ad una “conta” che dimostrerebbe che non sono in grado di far volare Alitalia senza la partecipazione determinante dei sindacati, quelli autonomi, veramente rappresentativi.
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Hanno provato a farcelo credere con l’accordo che ha visto ricompattarsi tutta la casta di potere: maggioranza di governo, opposizione di sinistra, imprenditori pronti a socializzare le perdite e privatizzare gli utili e sindacati confederali.
Tutti assieme appassionatamente per l’affare del secolo, una compagnia aerea di prestigio, dalla quale venivano rimossi i debiti e i settori in perdita (accollati ai cittadini e contribuenti italiani sotto forma di “bad company”) e dalla quale una nuova società, costata una cicca, incamerava solo la polpa.
Un affarone che presupponeva il complice silenzio delle organizzazioni sindacali.
Hanno fatto male i loro conti.
Se i confederali si sono prontamente prestati al gioco (persino la cgil – che pure in questi giorni è scesa in trincea e calzato l’elmetto – a dimostrazione di quanto grandi siano gli interessi in ballo) i sindacati autonomi di categoria e le associazioni professionali si sono opposti, fedeli al loro ruolo di vero sindacato non inquinato dalle collusioni partitiche, ottenendo un successo che va ben oltre le loro aspettative, tanto da essere obbligati a fare da pompieri nei confronti di una categoria arrabbiata e già attiva nel porre in essere forme di contestazione contro la non ancora esercitante Cai.
Con una sicumera degna di miglior causa (ma, soprattutto, di una causa giusta e non sbagliata come quella che sostengono) l’amministratore delegato di Cai Rocco Sabelli e l’inadeguatissimo ministro Altero Matteoli, hanno respinto ogni ipotesi di aprire un dialogo, una vera trattativa, con chi sta dimostrando di essere rappresentativo della categoria: i sindacati autonomi e le associazioni professionali.
La trimurti confederale, per l’occasione puntellata dall’Ugl, aspetta e spera.
Spera che non si vada ad una “conta” che dimostrerebbe che non sono in grado di far volare Alitalia senza la partecipazione determinante dei sindacati, quelli autonomi, veramente rappresentativi.
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