In questi giorni di crisi è tutto un susseguirsi di proposte e di annunci su miliardi di euro stanziati/stanziandi per aiutare l’economia in crisi.
Negli Stati Uniti l’annuncio di quello “… e abbronzato”, che purtroppo gli americani hanno voluto al posto del Presidente Bush, per duemilionicinqucentomila posti di lavoro in più in due anni (al gennaio 2011) è stato salutato da estasiati “ohhhh” da parte dei suoi cortigiani italiani, per lo più gli stessi che coprirono di insulti Berlusconi quando, più modestamente, puntò a creare un milione di posti in cinque anni.
La cgil e il pci/pds/ds/pd propongono la detassazione delle tredicesime (costo stimato 4/5 miliardi).
I pendolari reclamano treni nuovi di zecca e non il riutilizzo sulle loro linee di quelli dismessi dalle lunghe tratte.
Le associazioni umanitarie pretendono che siano gratuitamente curati anche gli illegali.
A scuola vogliono: scuole nuove, strumenti didattici moderni, insegnanti di sostegno per gli immigrati, aumenti di stipendio per il personale.
L’elenco potrebbe continuare praticamente elencando le richieste che ogni settore ha da formulare, sempre nel nome della efficienza, della produttività, del rispetto della persona umana e via discorrendo.
Intendiamoci: ognuna di queste rivendicazioni ha un suo valore, non sono, in linea teorica, delle proposte campate in aria.
Ma c’è un minimo comun denominatore che non viene considerato: il costo.
Ognuna di queste proposte implica un costo, molto alto, che, genericamente, viene accollato “allo stato”, cioè a tutti noi, come se lo stato trovasse i soldi sugli alberi e non, invece, massacrandoci di tasse.
Ora, anch’io vorrei tante cose, ma inevitabilmente mi scontro con un problema di capienza nel mio personale budget.
Non vedo perché lo stato dovrebbe fare eccezione e spendere a prescindere da quel che ha in tasca.
Si criticano spesso gli amministratori di condominio e, talvolta, quando si vuol denigrare le capacità di qualcuno si dice che “non arriverebbe neppure a fare l’amministratore di condominio”, ma tanti che, intervistati da stampa e televisione, dicono con sicumera “bisogna fare questo e quello”, dovrebbero fare un corso accelerato per amministratori di condominio e, forse, capirebbero che le loro proposte sono scritte nel libro dei sogni, perché la realtà è ben altra.
E’ una realtà che ci dice che ogni settore, del pubblico (ma anche del privato) deve ricominciare ad essere gestito con criteri di economicità e che, come minimo, a tot di spese deve corrispondere una entrata di uguale importo.
E questo senza andare a ravanare nelle tasche degli italiani, perché i soldi meglio spesi, sono quelli che, in autonomia, spendiamo per conto nostro.
Entra ne
Negli Stati Uniti l’annuncio di quello “… e abbronzato”, che purtroppo gli americani hanno voluto al posto del Presidente Bush, per duemilionicinqucentomila posti di lavoro in più in due anni (al gennaio 2011) è stato salutato da estasiati “ohhhh” da parte dei suoi cortigiani italiani, per lo più gli stessi che coprirono di insulti Berlusconi quando, più modestamente, puntò a creare un milione di posti in cinque anni.
La cgil e il pci/pds/ds/pd propongono la detassazione delle tredicesime (costo stimato 4/5 miliardi).
I pendolari reclamano treni nuovi di zecca e non il riutilizzo sulle loro linee di quelli dismessi dalle lunghe tratte.
Le associazioni umanitarie pretendono che siano gratuitamente curati anche gli illegali.
A scuola vogliono: scuole nuove, strumenti didattici moderni, insegnanti di sostegno per gli immigrati, aumenti di stipendio per il personale.
L’elenco potrebbe continuare praticamente elencando le richieste che ogni settore ha da formulare, sempre nel nome della efficienza, della produttività, del rispetto della persona umana e via discorrendo.
Intendiamoci: ognuna di queste rivendicazioni ha un suo valore, non sono, in linea teorica, delle proposte campate in aria.
Ma c’è un minimo comun denominatore che non viene considerato: il costo.
Ognuna di queste proposte implica un costo, molto alto, che, genericamente, viene accollato “allo stato”, cioè a tutti noi, come se lo stato trovasse i soldi sugli alberi e non, invece, massacrandoci di tasse.
Ora, anch’io vorrei tante cose, ma inevitabilmente mi scontro con un problema di capienza nel mio personale budget.
Non vedo perché lo stato dovrebbe fare eccezione e spendere a prescindere da quel che ha in tasca.
Si criticano spesso gli amministratori di condominio e, talvolta, quando si vuol denigrare le capacità di qualcuno si dice che “non arriverebbe neppure a fare l’amministratore di condominio”, ma tanti che, intervistati da stampa e televisione, dicono con sicumera “bisogna fare questo e quello”, dovrebbero fare un corso accelerato per amministratori di condominio e, forse, capirebbero che le loro proposte sono scritte nel libro dei sogni, perché la realtà è ben altra.
E’ una realtà che ci dice che ogni settore, del pubblico (ma anche del privato) deve ricominciare ad essere gestito con criteri di economicità e che, come minimo, a tot di spese deve corrispondere una entrata di uguale importo.
E questo senza andare a ravanare nelle tasche degli italiani, perché i soldi meglio spesi, sono quelli che, in autonomia, spendiamo per conto nostro.
Entra ne
Nessun commento:
Posta un commento