CINQUANTA province erano amministrate da giunte di sinistra prima del 22 giugno 2009.
Solo VENTOTTO lo saranno dal 23 giugno 2009.
VENTISEI erano i comuni capoluogo amministrati dalla sinistra prima del 22 giugno 2009.
Solo SEDICI lo saranno da oggi.
Sul versante del Centro Destra invece i numeri sono questi:
TRENTAQUATTRO province che saranno amministrate da oggi contro le NOVE che lo erano fino a ieri.
QUATTORDICI i comuni capoluogo, contro i QUATTRO amministrati fino a ieri.
Dovrebbe essere sufficiente per qualsiasi persona normale per dichiarare con certezza chi ha vinto e chi ha perso nel turno elettorale amministrativo del 2009.
Naturalmente chi ha escogitato la singolare teoria per cui Berlusconi avrebbe perso le europee del 6 e 7 giugno perché dichiarava di aspirare al 45% ed ha ottenuto solo il 35%, mentre avrebbe “tenuto” chi, arrivando dal 33%, temeva di scendere sotto il 25% ed ha ottenuto il 26%, non fatica poi troppo a dichiarare che con queste elezioni è iniziata la discesa della “Destra”.
Lasciamoli nelle loro convinzioni (e ci conviene anche che non comprendano appieno la realtà) per svolgere alcune considerazioni a margine dei risultati.
Andato a vuoto l’attacco elettorale, spuntato quello giudiziario, la sinistra si è rifugiata sotto le lenzuola del Premier per cercare di demolirne l’immagine.
Qualcosina sicuramente ha ottenuto, non credo però un ritorno proporzionato allo sforzo messo in atto.
Forse ha sollecitato quell’astensionismo che ha evitato un successo di maggiori proporzioni del Centro Destra, ma potrebbe anche essere che i voti mancanti per tale traguardo derivino dalla mancanza della contrapposizione che si ha quando scende in campo Berlusconi.
A ben vedere, infatti, il secondo turno delle elezioni amministrative assume sempre più un carattere di scontro locale tra due figure e i temi locali prevalgono rispetto a quelli ideali e politici, anche del primo turno.
Ed è una situazione che, evidentemente, riscuote minore interesse tra gli elettori che preferiscono deidicarsi ad altro che non andare a votare.
Quindi prima domanda: vale ancora la pena di un sistema delle amministrative fondato sul doppio turno ?
O non sarebbe meglio far scendere a cascata in sede locale il sistema elettorale della legge Calderoli, che privilegia il premio di maggioranza a favore della coalizione vincente, in un turno unico ?
Seconda domanda: non sarebbe ora di semplificare il sistema eliminando tout court le province ?
Terza domanda: i referendum sono argomenti ben differenti dalle elezioni, di qualunque genere.
Non sarebbe il caso di evitare gli accorpamenti di mele e pere, disponendo peraltro la responsabilità economica, per il rimborso delle spese sostenute, dei promotori e dei firmatari dei referendum qualora non si raggiungesse il quorum ?
L’Italia sembra essersi ribaltata.
Una volta il serbatoio di voti per i partiti che oggi potrebbero essere nel Centro Destra era il Sud.
Oggi è il Nord, mentre il Sud sconta una forte instabilità, spesso legata alle correnti di potere locale.
Incredibile poi la dichiarazione che ho ascoltato ieri da parte del sindaco di Bari rieletto, circa personaggi pugliesi che, nel governo, farebbero il gioco della Lega.
L’apice, però, l’ha raggiunta nel finale quando ha parlato della sua vittoria come della vittoria di Bari, della Puglia, di tutto il Sud.
Bene, il signor Emiliano può dimostrare da subito quanto vale, rinunciando, lui e il suo compagno di schieramento Vendola, ai finanziamenti di Roma e basandosi solo sulle risorse locali, come vorrebbe un vero federalismo fiscale.
Un’altra considerazione è sul ruolo degli ex (o forse tuttora tali ?) democristiani.
Prodi e i suoi hanno contribuito per due volte a portare i comunisti al governo.
Non paghi si sono fusi con i comunisti in un unico partito.
Finora, però, era la vecchia sinistra democristiana, con l’aggiunta di qualche notabile alla ricerca di una pensione dorata, ad aver favorito i comunisti che si stavano riducendo ai minimi termini.
Oggi però, in molte località, sono anche gli ex democristiani dell’Udc ad aver interpretato il ruolo del “soccorso rosso”, rianimando candidature comuniste ormai allo stremo delle forze.
Ed è notevole come gli eredi della dc e del pci, partiti che arrivarono al 70% dei voti, oggi fatichino a raggiungere il 50%.
Grave è la colpa in Italia degli ex dc per la permanenza di un forte nucleo comunista che ha solo cambiato il pelo (cioè il nome del partito) ma non il vizio (cioè il modo di agire e le idee).
So che Casini non è mai stato tenero con i comunisti, non vorrei però che abbia ingaggiato una personalissima gara con Fini per distruggere Berlusconi, pensando di potersi sostituire a lui e, invece, danneggiando non solo il Centro Destra cui culturalmente ed elettoralmente appartiene, ma l’Italia intera che ha bisogno proprio delle riforme che, solo timidamente, Berlusconi sta mettendo in cantiere.
Abbiamo citato Fini.
Un perdente di lusso, come Veltroni.
Ancora una volta si è schierato con i referendum, come già nel 2005 ed ha perso nel momento in cui sperava di brillare di luce propria, uscendo dal cono d’ombra di un Berlusconi che è e resterà ancora a lungo il valore aggiunto del Centro Destra.
Come hanno dimostrato anche queste elezioni.
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Solo VENTOTTO lo saranno dal 23 giugno 2009.
VENTISEI erano i comuni capoluogo amministrati dalla sinistra prima del 22 giugno 2009.
Solo SEDICI lo saranno da oggi.
Sul versante del Centro Destra invece i numeri sono questi:
TRENTAQUATTRO province che saranno amministrate da oggi contro le NOVE che lo erano fino a ieri.
QUATTORDICI i comuni capoluogo, contro i QUATTRO amministrati fino a ieri.
Dovrebbe essere sufficiente per qualsiasi persona normale per dichiarare con certezza chi ha vinto e chi ha perso nel turno elettorale amministrativo del 2009.
Naturalmente chi ha escogitato la singolare teoria per cui Berlusconi avrebbe perso le europee del 6 e 7 giugno perché dichiarava di aspirare al 45% ed ha ottenuto solo il 35%, mentre avrebbe “tenuto” chi, arrivando dal 33%, temeva di scendere sotto il 25% ed ha ottenuto il 26%, non fatica poi troppo a dichiarare che con queste elezioni è iniziata la discesa della “Destra”.
Lasciamoli nelle loro convinzioni (e ci conviene anche che non comprendano appieno la realtà) per svolgere alcune considerazioni a margine dei risultati.
Andato a vuoto l’attacco elettorale, spuntato quello giudiziario, la sinistra si è rifugiata sotto le lenzuola del Premier per cercare di demolirne l’immagine.
Qualcosina sicuramente ha ottenuto, non credo però un ritorno proporzionato allo sforzo messo in atto.
Forse ha sollecitato quell’astensionismo che ha evitato un successo di maggiori proporzioni del Centro Destra, ma potrebbe anche essere che i voti mancanti per tale traguardo derivino dalla mancanza della contrapposizione che si ha quando scende in campo Berlusconi.
A ben vedere, infatti, il secondo turno delle elezioni amministrative assume sempre più un carattere di scontro locale tra due figure e i temi locali prevalgono rispetto a quelli ideali e politici, anche del primo turno.
Ed è una situazione che, evidentemente, riscuote minore interesse tra gli elettori che preferiscono deidicarsi ad altro che non andare a votare.
Quindi prima domanda: vale ancora la pena di un sistema delle amministrative fondato sul doppio turno ?
O non sarebbe meglio far scendere a cascata in sede locale il sistema elettorale della legge Calderoli, che privilegia il premio di maggioranza a favore della coalizione vincente, in un turno unico ?
Seconda domanda: non sarebbe ora di semplificare il sistema eliminando tout court le province ?
Terza domanda: i referendum sono argomenti ben differenti dalle elezioni, di qualunque genere.
Non sarebbe il caso di evitare gli accorpamenti di mele e pere, disponendo peraltro la responsabilità economica, per il rimborso delle spese sostenute, dei promotori e dei firmatari dei referendum qualora non si raggiungesse il quorum ?
L’Italia sembra essersi ribaltata.
Una volta il serbatoio di voti per i partiti che oggi potrebbero essere nel Centro Destra era il Sud.
Oggi è il Nord, mentre il Sud sconta una forte instabilità, spesso legata alle correnti di potere locale.
Incredibile poi la dichiarazione che ho ascoltato ieri da parte del sindaco di Bari rieletto, circa personaggi pugliesi che, nel governo, farebbero il gioco della Lega.
L’apice, però, l’ha raggiunta nel finale quando ha parlato della sua vittoria come della vittoria di Bari, della Puglia, di tutto il Sud.
Bene, il signor Emiliano può dimostrare da subito quanto vale, rinunciando, lui e il suo compagno di schieramento Vendola, ai finanziamenti di Roma e basandosi solo sulle risorse locali, come vorrebbe un vero federalismo fiscale.
Un’altra considerazione è sul ruolo degli ex (o forse tuttora tali ?) democristiani.
Prodi e i suoi hanno contribuito per due volte a portare i comunisti al governo.
Non paghi si sono fusi con i comunisti in un unico partito.
Finora, però, era la vecchia sinistra democristiana, con l’aggiunta di qualche notabile alla ricerca di una pensione dorata, ad aver favorito i comunisti che si stavano riducendo ai minimi termini.
Oggi però, in molte località, sono anche gli ex democristiani dell’Udc ad aver interpretato il ruolo del “soccorso rosso”, rianimando candidature comuniste ormai allo stremo delle forze.
Ed è notevole come gli eredi della dc e del pci, partiti che arrivarono al 70% dei voti, oggi fatichino a raggiungere il 50%.
Grave è la colpa in Italia degli ex dc per la permanenza di un forte nucleo comunista che ha solo cambiato il pelo (cioè il nome del partito) ma non il vizio (cioè il modo di agire e le idee).
So che Casini non è mai stato tenero con i comunisti, non vorrei però che abbia ingaggiato una personalissima gara con Fini per distruggere Berlusconi, pensando di potersi sostituire a lui e, invece, danneggiando non solo il Centro Destra cui culturalmente ed elettoralmente appartiene, ma l’Italia intera che ha bisogno proprio delle riforme che, solo timidamente, Berlusconi sta mettendo in cantiere.
Abbiamo citato Fini.
Un perdente di lusso, come Veltroni.
Ancora una volta si è schierato con i referendum, come già nel 2005 ed ha perso nel momento in cui sperava di brillare di luce propria, uscendo dal cono d’ombra di un Berlusconi che è e resterà ancora a lungo il valore aggiunto del Centro Destra.
Come hanno dimostrato anche queste elezioni.
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2 commenti:
Alla conta dei voti e delle assenze in questa tornata elettorale/referendaria, hanno vinto di per certo le seconde.
Sono 14 anni circa che un referendum non raggiunge il quorum con la conseguenza che tutto il denaro speso e in parte anche la fatica di qualcuno sia stato buttato via.
I motivi della rinuncia della gran parte degli italiani ad esprimersi in questa prova di votazione diretta da parte dei cittadini possono ritrovarsi in più motivi:
- la sembra maggiore lontanza dei elettori dalla classe politica e dalla politica in generale (ad ogni elezione vediamo dimunuire le percentuali di votanti), unica ancora forte presenza si ha nella politiche dove i partiti invocano al voto di massa.
- molti partiti (IDV e Lega in primis) hanno chiesto ai loro elettori di non andare a votare, ma stedersi su qualche prato o spiaggia al sole italiano, ed altri hanno lasciato "liberi" i propri elettori di scegliere al referendum cosa votare o non votare.
- i quesiti erano molto complessi nella loro struttura e molti non hanno voglia di leggere una pagina di norme per decidere.
La vittoria quindi va agli astensionisti del voto..non a qualche partito in particolare che si subito lanciato a dire che 80% degli italiani ha seguito le sue direttive.
Ancora non capisco come possa, il leader del PD ha dire che è iniziata la discesa del centro destro dopo aver perso metà delle città da loro governate....solo perchè il governo non ha avuto il 60% dei voti...forse un richiamo alle elezioni bolsceviche!!
Il referendum era di una importanza limitata al fatto che si potesse finalmente verificare, come si è verificato, un flop tale da seppellire i referendari.
Importanti erano i risultati delle amministrative dopo un anno di governo con terremoto e crisi finanziaria.
Il Governo ha vinto. Basti solo pensare a quale batosta ha subito il partito laburista inglese, miserrimo terzo, con il peggior risultato della sua storia.
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