In
principio fu il Principe di Salina, nobile scaltro e di perversa
grandezza, che istituzionalizzò il trasformismo, facendo diventare il
“gattopardo”, dal nome di un rapace felino, quello di un rapace
politico.
Oggi
siamo scesi molto in basso e tre signori, accomunati dai medesimi
interessi, privi di ideali e di progetti per la nazione, si sono
accordati (e chi ne dubitava ?) per continuare a spartirsi il bottino
frutto delle tasse degli Italiani.
Eliminati
Berlusconi e Bossi dal connubio tra potere giudiziario, finanziario e
stampa (le campagne orchestrate contro i due unici leaders del
rinnovamento sono lo specchio dello sforzo profuso per eliminare dalla
vita pubblica gli unici che rappresentassero un ostacolo per i loro
disegni) è l’ora dei dividendi.
I
partiti, secondo l’ABC del finanziamento, continueranno a percepire
il pubblico finanziamento, senza quindi doversi privare, con
l’autotassazione, di parte dei cospicui emolumenti che ricevono
quali eletti, mentre il controllo (con prestazioni che non credo
saranno gratuite …) pare, dalle notizie dei giornali radio,
affidato tanto a società di revisione (le sorelline minori della
Goldman Sachs …) quanto ai magistrati (immagino il magistrato di
Napoli al quale venisse affidato il controllo sulla legittimità della spesa per manifesti
favorevoli al federalismo, con trattenuta al Nord delle tasse del
Nord …).
Figuriamoci
poi che deterrente la pubblicazione in internet dei bilanci !
La
gestione del bilancio di un partito (e di un sindacato) non può
essere affidata ad aridi criteri contabili, alle pandette ed ai sofismi
giuridici o economici.
Un
partito, un sindacato sono molto differenti da un’azienda
commerciale e, semmai, è proprio l’aver trasformato in “affare”
quello che non può essere così
svilito, che ha provocato i danni.
Il
tesoriere di un partito deve disporre, con buon senso, dei fondi che
gli pervengono, per dare visibilità alle idee ed ai progetti, ma
anche per dare copertura ai propri dirigenti che si espongono e che
rinunciano ad occuparsi dei propri affari privati per dedicarsi al
partito.
E’,
quindi, legittima la politica dei rimborsi spese e degli oneri a
carico del partito.
Non
si può, però, richiedere ai cittadini di partecipare alle spese di
politici la cui ideologia contrasta con la loro.
Ma
è esattamente quello che ci viene imposto dal finanziamento
pubblico, anche nel nuovo imbroglio ideato da ABC.
Per
quanto mi riguarda nulla vieta a Bersani e Casini di spremere i loro
eletti, di raccogliere fondi tra i loro amici delle coop e delle
parrocchie, di imporre il costo della tessera.
Ma
considero un insulto pensare che una parte delle mie tasse debba finire nelle loro tasche, per sostenere idee che aborro.
Se
io voglio sostenere un partito, una idea, come feci durante la
campagna elettorale de La Destra nel 2008, provvedo direttamente a
disporre un bonifico, ma le tasse, mie e di chiunque altro, devono
servire per servizi che siano condivisi da tutti i cittadini, non per
ripartirle tra tutti i partiti, anche quelli più lontani dalle
nostre idee.
E
sarebbe anche ora di smetterla con i politici di professione, che si
abbonano alla segreteria di un partito sin dai banchi delle
elementari e, qualora perdessero la poltrona, non avrebbero una
professione cui tornare e sono costretti, per sbarcare il lunario, a
continuare a vivere di, con e sulla politica.
Continuare
ad elargire soldi di tutti ai partiti, indipendentemente dalla forma
e dalle modalità, è un imbroglio, tanto più grave, quanto più
viene venduto come una riforma dal trio dei commissariati da Bin
Loden Monti, l’astuto gabelliere inviatoci dai poteri forti
internazionali per trasformarci in sudditi acefali.
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3 commenti:
Stesso argomento da me postato stamane (e non ancora rilevato dagli aggregatori, pare), e stesso schifo per ABC. :)
Vero. L'aggregazione ritarda sempre di più. So che Carlo, al ritorno, ha in programma di "alleggerire" il tutto ...
ABC è penoso, ma ancor di più lo sono i giornalisti che scrivono i loro articoli in ginocchio ...
La democrazia del parlamento è ridotta ai minimi termini: al consenso di un Triumvirato con le prime tre lettere dell'alfabeto.
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