L’omelia della Messa di mezzanotte e la successiva allocuzione che ha accompagnato la benedizione Urbi et Orbi del Papa Benedetto XVI, sono state centrate su alcuni argomenti di pressante attualità ed universale rilevanza.
La pace nel mondo, le guerre, la povertà, la vita, la famiglia.
Il mondo che seguisse le indicazioni (tutte) del Pontefice sarebbe un mondo sicuramente migliore.
Benedetto XVI, come i suoi predecessori, nei suoi discorsi non parla però del mondo come è, ma come dovrebbe essere, indicando il traguardo cui aspirare e cui indirizzare le nostre energie.
Sono peraltro sicuro che alcuni improvvisati esegeti pontifici ricorderanno solo quel che può tornare utile alle loro tesi (pace, guerra, povertà) ignorando il resto (vita, famiglia) non meno importante.
Sempre nei giorni di Natale ho ascoltato un servizio sui Luoghi Sacri, su Betlemme, dove i cristiani, una volta maggioranza, ora sono appena il 20% della popolazione.
Situazione determinata dalla fuga dei cristiani da quelle terre.
Sono fuggiti perché vivevano in perenne stato d’assedio, con i palestinesi pronti sempre a farsi esplodere e gli israeliani altrettanto determinati stroncare il terrorismo.
In pratica hanno rinunciato a combattere per la loro terra, sperando di trovare rifugio altrove.
Quella dalla fuga dalla propria responsabilità nei confronti della propria gente e della propria storia, è un comportamento solo apparentemente "pacifista", in realtà è un invitare l'aggressore a proseguire nella sua politica violenta.
Non si deve scappare davanti all’aggressore, davanti alla violenza, ma ci si deve unire per contrastarla e respingerla.
I tanti inviti alla pace – teoricamente giusti – hanno questo lato negativo della medaglia: inducono a rinunciare a combattere per la propria libertà, per la propria terra, nella convinzione di poter trovare comunque un posto dove ricominciare, dove ricostruire quello che si è abbandonato.
Poteva essere vero una volta.
Vediamo come i Padri Pellegrini, perseguitati in Patria, partirono alla volta dell’America e fondarono quelli che sarebbero divenuti gli Stati Uniti.
Noi stessi, quando pensiamo di andarcene da un’Italia che non riconosciamo più come la nostra Patria, pensiamo all’Australia, agli Stati Uniti, alla Svizzera, senza considerare che quelle scelte si fanno sempre meno probabili e limitate a singole unità, non certo a migliaia di profughi che porterebbero là gli stessi problemi che stiamo conoscendo da noi.
E finiti i luoghi dove rifugiarsi scappando, saremmo comunque costretti a combattere (in situazione di debolezza) o a tradire la nostra storia e i nostri Avi abbracciando usi, religione, costumi e tradizioni altrui, di chi non ha esitato ad armarsi e a combattere.
I Romani conoscevano bene l’animo umano e coniarono un detto che ha tuttora un significato pieno: si vis pacem, para bellum, se vuoi vivere in pace, sii pronto alla guerra.
Allora la pace, la fratellanza, il ripudio della guerra, vanno bene come auspicio, come traguardo che rappresenti un valore comune e reciproco.
Ma, come sempre accade, altri valori ugualmente rilevanti come la libertà, la proprietà, la difesa della propria terra, le tradizioni, hanno bisogno di persone che non si diano alla fuga quando le cose vanno male, ma pronte a combattere.
Cosa sarebbe accaduto se dopo il Trasimeno e Canne i Romani fossero scappati chi in Grecia, chi altrove, lasciando campo libero al nemico ?
Questo vale davanti ad una invasione aggressiva e con le armi, così come davanti ad una invasione apparentemente pacifica ma che intanto occupa zone del nostro territorio, ci induce facendo leva su un malinteso senso di accoglienza a modificare, anzi ad alterare, a corrompere, le nostre leggi, le nostre abitudini, le nostra tradizioni.
Vale davanti ad un governo inetto e gabelliere, come davanti a bande di delinquenti che mettono a soqquadro una città.
Vale davanti al rapinatore che cerca di rubarti il portafoglio, come davanti all’assassino che spara al tabaccaio per un pugno di euro.
E’ la forza della ragione che ci deve indurre a combattere e non a scappare, a reagire e non a fare acquiescenza.
E’ la Croce che ci può indicare il mondo del domani al quale aspiriamo, ma è la Spada che difende quello che abbiamo sul quale costruire il futuro senza tradire il passato.
Pensiamoci, quando qualche politico di sinistra, sfruttando vergognosamente le parole del Pontefice, ci subissa di melense e vuote retoriche pauperiste e terzomondiste.
Pensiamo al perché, a Betlemme, i Cristiani, che erano maggioranza, ora sono solo il 20% della popolazione.
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La pace nel mondo, le guerre, la povertà, la vita, la famiglia.
Il mondo che seguisse le indicazioni (tutte) del Pontefice sarebbe un mondo sicuramente migliore.
Benedetto XVI, come i suoi predecessori, nei suoi discorsi non parla però del mondo come è, ma come dovrebbe essere, indicando il traguardo cui aspirare e cui indirizzare le nostre energie.
Sono peraltro sicuro che alcuni improvvisati esegeti pontifici ricorderanno solo quel che può tornare utile alle loro tesi (pace, guerra, povertà) ignorando il resto (vita, famiglia) non meno importante.
Sempre nei giorni di Natale ho ascoltato un servizio sui Luoghi Sacri, su Betlemme, dove i cristiani, una volta maggioranza, ora sono appena il 20% della popolazione.
Situazione determinata dalla fuga dei cristiani da quelle terre.
Sono fuggiti perché vivevano in perenne stato d’assedio, con i palestinesi pronti sempre a farsi esplodere e gli israeliani altrettanto determinati stroncare il terrorismo.
In pratica hanno rinunciato a combattere per la loro terra, sperando di trovare rifugio altrove.
Quella dalla fuga dalla propria responsabilità nei confronti della propria gente e della propria storia, è un comportamento solo apparentemente "pacifista", in realtà è un invitare l'aggressore a proseguire nella sua politica violenta.
Non si deve scappare davanti all’aggressore, davanti alla violenza, ma ci si deve unire per contrastarla e respingerla.
I tanti inviti alla pace – teoricamente giusti – hanno questo lato negativo della medaglia: inducono a rinunciare a combattere per la propria libertà, per la propria terra, nella convinzione di poter trovare comunque un posto dove ricominciare, dove ricostruire quello che si è abbandonato.
Poteva essere vero una volta.
Vediamo come i Padri Pellegrini, perseguitati in Patria, partirono alla volta dell’America e fondarono quelli che sarebbero divenuti gli Stati Uniti.
Noi stessi, quando pensiamo di andarcene da un’Italia che non riconosciamo più come la nostra Patria, pensiamo all’Australia, agli Stati Uniti, alla Svizzera, senza considerare che quelle scelte si fanno sempre meno probabili e limitate a singole unità, non certo a migliaia di profughi che porterebbero là gli stessi problemi che stiamo conoscendo da noi.
E finiti i luoghi dove rifugiarsi scappando, saremmo comunque costretti a combattere (in situazione di debolezza) o a tradire la nostra storia e i nostri Avi abbracciando usi, religione, costumi e tradizioni altrui, di chi non ha esitato ad armarsi e a combattere.
I Romani conoscevano bene l’animo umano e coniarono un detto che ha tuttora un significato pieno: si vis pacem, para bellum, se vuoi vivere in pace, sii pronto alla guerra.
Allora la pace, la fratellanza, il ripudio della guerra, vanno bene come auspicio, come traguardo che rappresenti un valore comune e reciproco.
Ma, come sempre accade, altri valori ugualmente rilevanti come la libertà, la proprietà, la difesa della propria terra, le tradizioni, hanno bisogno di persone che non si diano alla fuga quando le cose vanno male, ma pronte a combattere.
Cosa sarebbe accaduto se dopo il Trasimeno e Canne i Romani fossero scappati chi in Grecia, chi altrove, lasciando campo libero al nemico ?
Questo vale davanti ad una invasione aggressiva e con le armi, così come davanti ad una invasione apparentemente pacifica ma che intanto occupa zone del nostro territorio, ci induce facendo leva su un malinteso senso di accoglienza a modificare, anzi ad alterare, a corrompere, le nostre leggi, le nostre abitudini, le nostra tradizioni.
Vale davanti ad un governo inetto e gabelliere, come davanti a bande di delinquenti che mettono a soqquadro una città.
Vale davanti al rapinatore che cerca di rubarti il portafoglio, come davanti all’assassino che spara al tabaccaio per un pugno di euro.
E’ la forza della ragione che ci deve indurre a combattere e non a scappare, a reagire e non a fare acquiescenza.
E’ la Croce che ci può indicare il mondo del domani al quale aspiriamo, ma è la Spada che difende quello che abbiamo sul quale costruire il futuro senza tradire il passato.
Pensiamoci, quando qualche politico di sinistra, sfruttando vergognosamente le parole del Pontefice, ci subissa di melense e vuote retoriche pauperiste e terzomondiste.
Pensiamo al perché, a Betlemme, i Cristiani, che erano maggioranza, ora sono solo il 20% della popolazione.
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7 commenti:
Tranne qualche breve, involontaria distrazione ho sentito per intero il pur breve, ma prorompente discorso del mezzogiorno di Natale, del Papa. Dalla profondità dei concetti espressi, ho potuto finalmente arguire, e dire anch'io con estrema convinzione, che questo è un Grande Papa.
Ma anche l'articolo che scrivi tu con questo post è frutto di una profonda introspezione. Non è da tutti. Non posso che complimentarmi per l'ennesima volta sulla qualità dei tuoi scritti, attraverso i quali ci fai partecipi della profondità dei tuoi sentimenti.
Un caro saluto e tanti auguri.
Come sempre concordo con quanto hai scritto,purtroppo gli uomini con le "palle",sono sempre meno...
Speriamo bene ,ma sarà dura
ciao
sarc.
Complimenti caro Massimo,
per le tue parole!
Mi é proprio piaciuto questo post!
E ancora tanti auguri..
Grazie della condivisione.
Non possiamo sempre lamentarci, se poi noi non facciamo nulla per sostenere e far vincere le nostre idee e, anzi, magari scappaimo sempre o taciamo perchè "teniamo famiglia".
Qualcuno erroneamente ha interpretato il porgere l'altra guancia del Vangelo in senso letterale, mentre si tratta di una voluta esagerazione. Ed è utile ricordare che anche il Catechismo della Chiesa Cattolica contempla la legittima difesa.
Però non è la spada che vince. La forza della Croce è dimostrata dalla storia: il Sangue di Cristo ha redento il mondo proiettandolo verso una libertà ultraterrena che trova una sua parziale attuazione già in questa terra. E la storia è lì a rendere testimonianza: regimi sanguinari sono crollati, la spada si è dovuta fermare di fronte al "non praevalebunt" della Cattedra di Pietro. Giuliano l'Apostata, Napoleone, Hitler, Stalin e tanti altri con le loro ideologie sono tramontati, la Chiesa dopo 2000 anni è ancora lì. Sono certo che la Croce avrà ragione anche di quest'epoca scellerata che per la prima volta nella storia vive "etsi Deus non daretur", come se Dio non ci fosse.
A rileggerci
Emanuel
Bene, cosa apettiamo a usare la spada contro la criminalità organizzata, contro quegli immigrati che vengono qui per delinquere, sicuri di rimanere impuniti, contro gli appartenenti al politburò corrotti, contro le famiglie padrone che regnano in Italia, pagandosi il consenso di milioni di politicanti e di inutili dipendenti pubblici coi nostri soldi?
Perché non usiamo la spada contro la nascente nuova economia da terzo mondo , quella dei giri spaccio-prostituzione-localinotturni-pub e discoteche della criminalità- e riciclaggio dei profitti nella cementificazione, anche abusiva di bassa qualità con case poi vendute a caro prezzo ai gonzi, e contro tutti gli apparati politico-burocratici da tale nuova economia stipendiati?
O sono solo chiacchiere, che lasciano le cose come stanno?
O aspettiamo che qualcuno si muova: vai avanti tu che io ti seguo, forse, da bravo italiota.
Aspettiamo che qualcuno ci ammazzi Caino? Ma non sarà che Caino ammazzerà prima noi imbelli?
E allora pensiamo al calcio, alla mina del sabato sera, alle offerte dei centri commerciali, al mostro in prima pagina, al pub e alla discoteca, da bravi servi, ci hanno detto cosa dobbiamo volere nella vita.
Distraiamoci, da buoni peones, ma che ce frega ma che c'e mporta se l'oste ner vino ci ha messo l'acqua...
Forza inter forza juve forza milan, poi ci facciamo una canna e ce ne andiamo a nanna.
(Forse ha ragione Caino: meritiamo di essere ammazzati)
Avv. Filippo Matteucci
L'assenza dello stato, l'incapacità di difendere i cittadini onesti, la macroscopiche ingiustizie sociali, provocano l'aggressività di commenti come quelli dell'Avv. Matteucci difficilmente opponibili con esempi di fatti reali ma solo con la volontà di credere che essendo in tanti a pensarla allo stesso modo, si debba solo provvedere a risvegliare la coscienza popolare per reagire ed invertire una rotta che ci vede sprofondare costantemente verso il baratro.
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