Nei giorni scorsi, prendendo atto della crisi finanziaria, è tornato di attualità anche l’enorme debito pubblico italiano.
Un debito statale si riduce in due soli modi: aumentando le entrate o riducendo le uscite.
Aumentare le entrate significherebbe appioppare nuove tasse o aumentare quelle esistenti.
E’ una strada che Berlusconi ha sempre respinto e mi auguro che mantenga la parola, senza esitazioni, anzi promuova un ritorno alle sue aliquote irpef, visto che quelle taglieggiatici che subiamo adesso sono invenzione di Prodi e Visco.
Quindi è necessario tagliare le spese.
In parte si è agito su questo versante anche se molti rivoli tolgono sangue al contribuente (che è quello che finanzia lo stato) e sarebbe opportuno usare la spada di Alessandro Magno per tagliare il nodo gordiano della spesa decidendo di sospendere ogni uscita, per ricominciare ad autorizzarle tutte, una per una.
Forse si riuscirebbe a risparmiare (e non poco).
Ma la strada più pratica è quella di affrontare le grandi spese statali.
Una di queste è quella relativa alle pensioni.
Ho già avuto modo di sostenere che un governo dovrebbe affrontare il problema con decisione:
- pareggiando l’età pensionabile di uomini e donne;
- abolendo le pensioni di anzianità e mantenendo solo quelle “di vecchiaia” a 65 anni di età;
- parametrando le pensioni tutte al sistema contributivo.
Sono provvedimenti che, indubbiamente, vanno ad incidere su aspettative significative, ma credo sia meglio fare qualche sacrificio oggi per avere la certezza di una pensione decorosa domani.
Per noi, per chi è già oggi in pensione e per chi ha davanti ancora tutta la propria vita lavorativa.
Nella totale dissonanza con le proposte che Prodi faceva, una, una sola, mi sembrava intelligente: infatti fu citata una volta e mai più.
Meritevole di studio e approfondimento è introdurre un sistema che consenta una sorta di “part time” a quanti si trovassero ad un tot di anni di distanza dalla pensione.
Ad esempio a dieci anni dalla pensione.
Il part time avrebbe lo scopo di ridurre i costi dell’azienda che, in tal modo, potrebbe rivolgersi sul mercato del lavoro per reclutare forze giovani e nello stesso tempo di consentire a chi magari lavora già da 30, 35 anni, di ritagliarsi più tempo a disposizione delle proprie esigenze, dei propri interessi della propria famiglia.
Inoltre i “vecchi” resterebbero nel patrimonio aziendale, con la possibilità di trasmettere la loro esperienza e le loro conoscenze ai più giovani (e spesso nelle aziende che ricorrono a massicci “esodi” è sensibile la perdita di professionalità e conoscenze che si verifica !).
Un “assaggio” parziale di pensione, insomma.
Lo stipendio, ovviamente, sarebbe proporzionale al part time, mentre i contributi pensionistici dovrebbero essere versati per intero, così da non intaccare il quantum della pensione cui si accederà a 65 anni.
Personalmente l’idea di avere più tempo libero, adesso, senza abbandonare l’attività lavorativa mi attirerebbe, anche in “cambio” di uno stipendio più magro, ma con la prospettiva di avere la pensione “piena”.
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Un debito statale si riduce in due soli modi: aumentando le entrate o riducendo le uscite.
Aumentare le entrate significherebbe appioppare nuove tasse o aumentare quelle esistenti.
E’ una strada che Berlusconi ha sempre respinto e mi auguro che mantenga la parola, senza esitazioni, anzi promuova un ritorno alle sue aliquote irpef, visto che quelle taglieggiatici che subiamo adesso sono invenzione di Prodi e Visco.
Quindi è necessario tagliare le spese.
In parte si è agito su questo versante anche se molti rivoli tolgono sangue al contribuente (che è quello che finanzia lo stato) e sarebbe opportuno usare la spada di Alessandro Magno per tagliare il nodo gordiano della spesa decidendo di sospendere ogni uscita, per ricominciare ad autorizzarle tutte, una per una.
Forse si riuscirebbe a risparmiare (e non poco).
Ma la strada più pratica è quella di affrontare le grandi spese statali.
Una di queste è quella relativa alle pensioni.
Ho già avuto modo di sostenere che un governo dovrebbe affrontare il problema con decisione:
- pareggiando l’età pensionabile di uomini e donne;
- abolendo le pensioni di anzianità e mantenendo solo quelle “di vecchiaia” a 65 anni di età;
- parametrando le pensioni tutte al sistema contributivo.
Sono provvedimenti che, indubbiamente, vanno ad incidere su aspettative significative, ma credo sia meglio fare qualche sacrificio oggi per avere la certezza di una pensione decorosa domani.
Per noi, per chi è già oggi in pensione e per chi ha davanti ancora tutta la propria vita lavorativa.
Nella totale dissonanza con le proposte che Prodi faceva, una, una sola, mi sembrava intelligente: infatti fu citata una volta e mai più.
Meritevole di studio e approfondimento è introdurre un sistema che consenta una sorta di “part time” a quanti si trovassero ad un tot di anni di distanza dalla pensione.
Ad esempio a dieci anni dalla pensione.
Il part time avrebbe lo scopo di ridurre i costi dell’azienda che, in tal modo, potrebbe rivolgersi sul mercato del lavoro per reclutare forze giovani e nello stesso tempo di consentire a chi magari lavora già da 30, 35 anni, di ritagliarsi più tempo a disposizione delle proprie esigenze, dei propri interessi della propria famiglia.
Inoltre i “vecchi” resterebbero nel patrimonio aziendale, con la possibilità di trasmettere la loro esperienza e le loro conoscenze ai più giovani (e spesso nelle aziende che ricorrono a massicci “esodi” è sensibile la perdita di professionalità e conoscenze che si verifica !).
Un “assaggio” parziale di pensione, insomma.
Lo stipendio, ovviamente, sarebbe proporzionale al part time, mentre i contributi pensionistici dovrebbero essere versati per intero, così da non intaccare il quantum della pensione cui si accederà a 65 anni.
Personalmente l’idea di avere più tempo libero, adesso, senza abbandonare l’attività lavorativa mi attirerebbe, anche in “cambio” di uno stipendio più magro, ma con la prospettiva di avere la pensione “piena”.
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