I partiti minori si sono scagliati contro la nuova legge elettorale per le europee, ormai in via di approvazione, che prevede uno sbarramento del 4% per poter entrare in parlamento.
La legge vigente consente l’ingresso a partiti che ottenessero poco meno dell’1%.
Lo spirito fino ad oggi adottato era quello di garantire, in un parlamento peraltro privo di consistenza (ma che paga profumatamente i suoi componenti che, inoltre, ottengono anche cospicui rimborsi elettorali per il loro partito !) una rappresentanza proporzionale delle istanze presenti nella nostra società.
La motivazione per il cambio della legge risiede nella dichiarata esigenza di dare più forza alle istanze globali della realtà italiana con gruppi parlamentari più forti ed omogenei.
In realtà i partiti che sanno di poter superare quel quorum, intendono conquistare anche quel pugno di seggi che è sempre sfuggito loro.
Io credo che la realtà italiana sia, oggi, troppo variegata per poterla rinchiudere in due partiti; meglio due contenitori, come quelli realizzatisi nelle elezioni del 2006, in cui all’interno potevano partecipare e contarsi anche i piccoli partiti identitari.
In sostanza io non vedrei mele l’estensione della nostra legge elettorale nazionale al parlamento europeo, con tanto di “premio di maggioranza” alla coalizione che prende più voti.
Non vedrei neppure male la divisione del territorio nazionale in tanti collegi uninominali, dove sia eletto il più votato e dove possano candidarsi i cittadini italiani ivi residenti da almeno un tot di anni.
Così da impedire di “paracadutare” forestieri e per aprire la strada anche alle “sorprese” di candidati estranei alle logiche di partito.
Ma, per ora, questi sono sogni.
La realtà è altra e vede la legge in procinto di essere approvata (semprechè non lo sia già stata, visto che questo post è scritto da tempo e riletto solo il 7 febbraio) prevede lo sbarramento al 4%.
Mi sembra fuori luogo la contestazione dei piccoli: a voti invertiti avrebbero fatto altrettanto.
Mi sembra negativo che si sia trovato un accordo tra pd e pdl.
Io auspico che i piccoli colgano l’occasione per accorpamenti tra simili, creando nuclei identitari più forti e si presentino ugualmente, anche senza la certezza di ottenere il quorum richiesto, per mostrare ai “grandi” quanto effettivamente possono rappresentare, anche a futura memoria per le alleanze nelle prossime scadenze elettorali.
Mi auguro che a nessuno venga più in mente di scatenare una campagna elettorale fondata sul “voto utile”, perché in tal caso il mio voto, per quanto possa contare, andrà sicuramente ad un partito identitario, mentre in questo momento sto riflettendo se concedere fiducia alla Lega che parla bene, ma razzola ancora male (veggasi voto a favore del trattato di Lisbona e troppa acquiescenza con i veti buonisti del “partito di centro, moderato e liberale”).
Entra ne
La legge vigente consente l’ingresso a partiti che ottenessero poco meno dell’1%.
Lo spirito fino ad oggi adottato era quello di garantire, in un parlamento peraltro privo di consistenza (ma che paga profumatamente i suoi componenti che, inoltre, ottengono anche cospicui rimborsi elettorali per il loro partito !) una rappresentanza proporzionale delle istanze presenti nella nostra società.
La motivazione per il cambio della legge risiede nella dichiarata esigenza di dare più forza alle istanze globali della realtà italiana con gruppi parlamentari più forti ed omogenei.
In realtà i partiti che sanno di poter superare quel quorum, intendono conquistare anche quel pugno di seggi che è sempre sfuggito loro.
Io credo che la realtà italiana sia, oggi, troppo variegata per poterla rinchiudere in due partiti; meglio due contenitori, come quelli realizzatisi nelle elezioni del 2006, in cui all’interno potevano partecipare e contarsi anche i piccoli partiti identitari.
In sostanza io non vedrei mele l’estensione della nostra legge elettorale nazionale al parlamento europeo, con tanto di “premio di maggioranza” alla coalizione che prende più voti.
Non vedrei neppure male la divisione del territorio nazionale in tanti collegi uninominali, dove sia eletto il più votato e dove possano candidarsi i cittadini italiani ivi residenti da almeno un tot di anni.
Così da impedire di “paracadutare” forestieri e per aprire la strada anche alle “sorprese” di candidati estranei alle logiche di partito.
Ma, per ora, questi sono sogni.
La realtà è altra e vede la legge in procinto di essere approvata (semprechè non lo sia già stata, visto che questo post è scritto da tempo e riletto solo il 7 febbraio) prevede lo sbarramento al 4%.
Mi sembra fuori luogo la contestazione dei piccoli: a voti invertiti avrebbero fatto altrettanto.
Mi sembra negativo che si sia trovato un accordo tra pd e pdl.
Io auspico che i piccoli colgano l’occasione per accorpamenti tra simili, creando nuclei identitari più forti e si presentino ugualmente, anche senza la certezza di ottenere il quorum richiesto, per mostrare ai “grandi” quanto effettivamente possono rappresentare, anche a futura memoria per le alleanze nelle prossime scadenze elettorali.
Mi auguro che a nessuno venga più in mente di scatenare una campagna elettorale fondata sul “voto utile”, perché in tal caso il mio voto, per quanto possa contare, andrà sicuramente ad un partito identitario, mentre in questo momento sto riflettendo se concedere fiducia alla Lega che parla bene, ma razzola ancora male (veggasi voto a favore del trattato di Lisbona e troppa acquiescenza con i veti buonisti del “partito di centro, moderato e liberale”).
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