In principio ci fu la ricostruzione dopo una guerra persa e l’occupazione Anglo Americana.
Fummo aiutati, non per generosità, certo, ma per interesse nell’ambito della nascente Guerra Fredda, dagli Stati Uniti con un piano, chiamato “Marshall” dal suo ideatore, che ci fornì il denaro necessario a creare nuove fabbriche, lavoro, ricchezze.
Fummo anche fortunati, perchè venimmo sconfitti e occupati dagli Anglo Americani e non dai Sovietici ... ma questo lo capimmo tutti (e non solo la parte migliore della Nazione ...) almeno quaranta anni dopo, vedendo le disastrose e miserevoli condizioni degli europei dell’est finiti sotto il tallone comunista.
Per oltre un decennio l’Italia crebbe.
Piani casa e nuove fabbriche.
Le prime automobili di massa e le prime vacanze al mare e in montagna, non più una semplice villeggiatura nella vecchia casa contadina dei nonni.
Era l’Italia di De Gasperi, di Einaudi, di Gaetano Martino (padre di Antonio ex ministro degli Esteri e della Difesa).
Era un’Italia laboriosa e, sicuramente, con forti contraddizioni sociali.
Ma era un’Italia che manifestava in pieno le sue grandi potenzialità produttive.
Era un’Italia fondata su una economia di stampo liberale e su solidi valori morali che, oggi, chiamerebbero spregiativamente “conservatori” o “reazionari”.
Poi arrivarono i socialisti al governo e finì tutto.
Morto De Gasperi in solitudine, la Dc fu preda dei “professorini” con una smaccata vena “sociale” che li portò ad aprire (1962) al Psi di Nenni con il placet di Kennedy e del futuro pontefice Montini (Paolo VI) grande ispiratore della politica di Aldo Moro, fino ad arrivare al primo centro sinistra organico con ministri socialisti e l’esclusione dal governo del Pli, ma anche con enti locali e poi, dal 1970, regioni con amministrazioni pci-psi che spendevano e spandevano “tanto paga lo stato” (come non ricordare gli autobus gratis nella rossa Bologna?).
Iniziò così la devastazione dei nostri conti pubblici.
Avevamo o, meglio, avevano i nostri genitori risparmiato e con loro anche lo stato aveva un “tesoretto” tale da sopportare le prime elargizioni e provvedimenti.
Arrivarono così nazionalizzazioni, lo stato imprenditore, la assunzione di legioni di dipendenti pubblici, la gratuità di una gamma infinita di servizi e prodotti, le pensioni anticipate, i dipendenti privati di aziende in crisi “scaricati” sulla pubblica amministrazione (ogni riferimento alla Olivetti è voluto), la “legge Mosca” del 1974 che consentì, in base ad una semplice dichiarazione sottoscritta da un dirigente della stessa organizzazione di appartenenza, di accreditare decenni di anni di “contribuzione” per funzionari di partito e sindacalisti.
Quando il “tesoretto” dei nostri genitori terminò, cominciò la via crucis delle “una tantum”, delle accise sulla benzina, delle aliquote di tasse sempre in aumento, delle tasse di scopo (per la sanità, per l’europa, per un terremoto).
Ecco come è nato il nostro debito pubblico, alimentato in modo infernale dalle stesse tasse degli italiani che erano il carburante per mantenere strutture clientelari in aziende e amministrazioni decotte.
Ecco la ragione per cui la missione impossibile di Berlusconi, del Centro Destra, di chi verrà dopo il Cavaliere, è e sarà quella di riportare il debito pubblico alle dimensioni sopportabili da tasse non usurarie.
Per fare ciò è necessario non reperire nuove entrate con le gabelle, bensì, riducendo la pressione fiscale, dismettere gli impegni finanziari dello stato per abbattere le spese in modo strutturale e anche vendere beni dello stato: immobili, proprietà, reti radiotelevisive.
Ovvio che ciò comporterà per molti una perdita immediata e la necessità per alcuni di cominciare a lavorare veramente, soggetti ai risultati e alla produttività.
L’alternativa, che viene proposta ogni giorno nelle dichiarazioni della sinistra, è ravanare sempre più nelle tasche degli italiani, legittimando chi riesce a sfangarla più o meno legalmente, impoverendoci tutti ma senza risolvere il problema.
Che è il debito pubblico, che è la spesa pubblica, non l’evasione, non la caccia alla tassa più originale per sottrarre denaro dalle nostre tasche.
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5 commenti:
"vendere beni dello stato: immobili, proprietà, reti radiotelevisive".
Cioè svenderli per quattro soldi, metterli all'asta e farli pappare agli squali. No, grazie!
Uscire dall'Euro, no? Uscire dal debito americano,no, vero?
uscire dall'International Currency Board No?
Ma è mai possibile che riduci la storia del nostro debito di VINTI contro i VINCITOR a una bega da cortile tra DC e socialisti? Non sono d'accordo con questa ricostruzione a cui mancano molti importanti pezzi e tasselli.
Ovvio che prima o poi farò un post sul tema, dove cercherò di completare quel che manca.
Certo che manca molto: prova tu a sintetizzare cinquanta anni di storia in una pagina ! :-) Io ho evidenziato quel che a me rileva maggiormente e spero non si capisca di una bega tra dc e psi, perchè, anzi, è una complicità a tre:dc, pci e psi. Quanto al che fare, uscire dall'europa non sanerebbe il nostro debito consolidato, vendere gli immobili e la rai, sì.
Ma figuriamoci! Fingi di non sapere che il debito è per sua natura inestinguibile. Perciò altro che immobili e rai. Ci vuole altro! uscire come ha fatto l'Argentina dal sistema di riferimento del dollaro. E ora si sta riprendendo alla grande.
Riassunto efficace anche se sintetico ed anche un po' ermetico.
Anch'io sono d'accordo sull'uscita dall'euro.. e dall'Europa.
Svalutarci la nostra moneta italiana sarebbe la tassa che, questa sì, pagheremmo tutti per amore o per forza e senza favoritismi a una categoria di cittadini o a quell'altra. E alla fine, come si dice: mal comune mezzo gaudio.
Anch'io sono contro l'euro e l'europa unita, ma non vorrei proporre un libro dei sogni che sarebbe il modo migliore per conservare l'esistente. Vendere i beni dello stato, privatizzare, allontanare lo stato dalle nostre vite e dalle nostre tasche e cancellare leggi di privilegio a carico del bilancio pubblico, è invece possibile.
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