Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

31 marzo 2009

La fine del sogno americano

Sono stato fortunato perché ho avuto una infanzia serena.
Assieme ai miei coetanei avevo un campetto dove giocare senza doverci allontanare dai vigili occhi dei nostri genitori che, sempre, erano presenti quando si trattava di accompagnarci allo stadio o al cinema.
Uno di questi genitori “al nostro servizio” era il padre di due fratelli ed era un vulcano di iniziative, nonostante fosse spesso in viaggio.
Aveva una bella automobile, sempre un modello recente, ogni volta che cambiava ne acquistava una più grande.
L’automobile era il simbolo della sua voglia di fare (certo: anche di apparire), del suo ruolo attivo e produttivo nella società.
Il “passaggio” in quel transatlantico era momento ambito.
Sicuramente abbiamo spesso superato il limite per i passeggeri trasportati, ma allora c’erano meno fisime.
Poi è andato in pensione.
La sua presenza si è diradata.
Anche noi siamo cresciuti e ci siamo allontanati (anche se molti di noi abitano ancora negli stessi posti avendo ereditato la casa dei genitori).
Questa persona è visibilmente invecchiata.
Non ha più, da tempo, un “transatlantico” bensì una piccola utilitaria che usa sempre più raramente.
E’ un lento – anche triste – addio alla vita, addio ai sogni, addio ad un ruolo attivo e produttivo.
A questo ho pensato quando ho letto che quello “giovane, bello (?) e abbronzato” ha imposto a due delle maggiori case automobilistiche diktat in cambio di soldi (ovviamente non suoi ma di tutti i contribuenti) e ad una di concludere, entro un mese, un accordo con la Fiat per la produzione e commercializzazione di utilitarie.
Ho pensato che come per la persona che ho ricordato, così gli Stati Uniti hanno abdicato al loro ruolo di guida, ruolo attivo e produttivo e il passaggio dai “transatlantici” su quattro ruote all’utilitaria made in Italy rappresenta simbolicamente il viale del tramonto di due secoli trascorsi galoppando a testa alta verso il futuro.
E’ la fine del sogno americano
.
Non credo sia un caso che ciò accada in seguito alla politica socialisteggiante (perfettamente azzeccata la vignetta tratta dal Giulivo ) ed ecoambientalista di chi, con ogni evidenza, non rappresenta lo spirito che ha fatto grande l’America.
Saremmo tutti capaci di spendere e spandere, profondendo soldi (rigorosamente non nostri) su ogni iniziativa: tanto pagherà qualcun altro.
Invece di navigare in mare aperto, verso le nuove sfide che il libero mercato impone ma, anche , esalta, si rifugiano nel più grigio dirigismo che è l’anticamera della fine di una civiltà.
Esattamente il contrario di ciò che mosse il Presidente George W. Bush all’indomani dell’11 settembre 2001, quando, lui sì !, seppe rispondere come un vero Americano, un vero Capo, raccogliendo la sfida e attaccando il nemico sul suo terreno, non rinchiudendo l’America in se stessa e su se stessa.
L’America è oggi sul viale del tramonto.
Il tramonto di un’epoca.
Il tramonto di una civiltà.
Il tramonto di una leadership.
Il tramonto di un sogno
.

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29 marzo 2009

Le giuste parole di Berlusconi e Bossi, ma Fini …

Con il congresso fondativo del pdl, ho forse capito perché Berlusconi e Bossi vanno così d’accordo: sono uguali.
Sembrano quei due amici, che si trovano al bar e cominciano a raccontare e a progettare.
Dicono cose sensate e giuste.
I loro progetti sono interessanti e produttivi.
La loro è una visione assolutamente condivisibile, affascinante e accattivante
.
Poi, finito il momento, escono e riprendono il tran tran quotidiano, come prima più di prima, credendo di “avere fatto”, mentre si sono limitati al disegno ed arrendendosi agli ostacoli frapposti da chi, in quel disegno, vede messa in pericolo la sua nicchia di privilegio o la sua impostazione ideologica.
La Lega di Bossi in campagna elettorale, nelle piazze, nella raccolta di firme tra i cittadini, esprime una posizione che rappresenta ed esalta i Valori cui dovrebbe informarsi un partito di Centro Destra.
Valori condivisi da moltissimi italiani e per i quali tanti italiani concedono la loro fiducia.
Parlo di sicurezza, di repressione della immigrazione illegale, di federalismo, di riduzione dell’intervento dello stato.
Berlusconi, come la Lega di Bossi, parla per due ore e mezzo complessive al congresso del pdl e dice cose sacrosante.
Usa anche parole appropriate che non possono che farci piacere.
Ad esempio ringrazia gli Americani per averci liberato “dai nazisti” (non dal “nazifascismo” come vorrebbe la vulgata resistenziale e sinistroide, mostrando così di aver ben compreso che il “nazionalsocialismo” e il Fascismo sono fenomeni distinti) ma anche per averci protetto “dal comunismo”, dimostrando così di aver compreso che è il comunismo ad essere molto più simile del Fascismo al nazionalsocialismo (e viceversa).
Parla per venti minuti di Libertà in contrapposizione alla sinistra.
Di individualità, di cittadini che non devono essere al servizio dello stato, ma viceversa lo stato che deve essere al nostro servizio.
Parla di sinistra ancorata al passato e di costituzione da “rinvigorire” (il che vorrebbe dire: rifare).
Come dargli torto ?
Uno così lo si voterebbe ad occhi chiusi, no ?
Ma poi andiamo a vedere di chi si circonda.
Fini, i “101” della lettera che non vorrebbero che i medici avessero la possibilità (neanche l’obbligo come sarebbe doveroso !) di denunciare gli illegali, Della Vedova, Capezzone …
Allora sappiamo già come va a finire: esattamente come le parole della Lega di Bossi.
Repentine retromarce, con i migliori progetti accantonati e poi dimenticati o, quando vengono realizzati, sono una pallida copia dell’idea iniziale.
Parlano bene, ma razzolano male.
Con il risultato di subire, comunque, la pessima campagna di stampa indotta dalla propaganda della sinistra, senza però fare quel che la sinistra attribuisce loro di voler fare come se fosse una colpa e invece sarebbe un gran merito.
Berlusconi, peraltro, non ha ripetuto la manfrina del “partito di centro, moderato e liberale”, forse perché ci ha già pensato il suo delfino Fini a far aprire gli occhi alla gente quando ha criticato il disegno di legge sul “testamento biologico” (dove si è stati costretti a mettere nero su bianco ciò che dovrebbe essere ovvio in ogni comunità civile) e quando ha, perseverando con diabolica ostinazione, nuovamente lanciato un amo sinistro sulla integrazione degli immigrati.
E su questo signore che ebbe la fortuna di essere imposto da Almirante alla guida del Fronte della Gioventù quando i suoi coetanei lo collocarono solo in quinta posizione, è necessario spendere qualche parola in più, perché non saranno mai abbastanza per denunciarne la perniciosità nei confronti della Destra, del Conservatorismo Italiano e dei Valori che rappresentano.
Alcuni quotidiani oggi asseriscono che Fini, con il suo intervento, ha reso evidente che sarà lui il successore di Berlusconi.
Spero proprio di no.
Come farebbe a guidare il Centro Destra uno che, con il suo discorso, ha messo persino in imbarazzo D’alema che non ha saputo come rispondere quando un intervistatore gli ha chiesto (a lui che diceva che Fini aveva fatto il discorso giusto ma al partito sbagliato) se il partito giusto per Fini fosse il centrosinistra, dando così ragione a chi, maliziosamente, dice che Fini corre per la poltrona che fu di Veltroni ?
E, poi, come potrebbe il Centro Destra farsi guidare da uno che, con il referendum elettorale, non fa altro che minare l’alleanza con la Lega.
Con l’ostinazione a favore del “meticciato” (che lui chiama – da neopoliticamente corretto – “società multiculturale”) e l’appoggio morale ai “101”, ignora la domanda di sicurezza che proviene dal Popolo e si appiattisce sulla politica dell’accoglimento che è solo rinuncia o limitazione ai nostri legittimi e sacrosanti diritti sulla nostra Terra.
Ma, soprattutto, ha uno strano concetto delle leggi e dello stato.
Fini afferma che quando si impongono dei precetti con la legge si passa dallo stato laico allo stato etico.
Ora, dovrebbe spiegarci le leggi che cosa dovrebbero imporre, se non dei precetti (infatti si parla anche di “precetti normativi”) che altro non sono che la traduzione in norme comportamentali di ciò che appartiene alla coscienza civile di un popolo, quindi la trasformazione in legge di un progetto di società che alla base della competizione politica.
Ma se per avere uno stato laico, noi dobbiamo accettare che una persona sia lasciata morire senza alimentazione e idratazione, allora viva lo stato etico, anzi, viva il Papa Re !
Non sprecheremo mai abbastanza parole per aprire gli occhi su questo personaggio che, se otterrà il posto di Berlusconi, spenderà a sinistra voti del Centro Destra.
Se Berlusconi e la Lega di Bossi trasformassero quindi in fatti le loro parole, oppure se fossero come vengono rappresentati dalla sinistra, non avrei dubbio alcuno per votarli.
Purtroppo non fanno quello che dicono e, allora, anche il partito che Berlusconi ha costruito, non ritengo meriti il voto, più di quanto lo meriti la Lega di Bossi, a maggior ragione finchè resterà in sospeso la questione Fini, al quale non è proprio possibile concedere alcun credito.
Speriamo che continuino ad esistere le alternative di Destra dove conservare integro il mio voto fino al momento in cui, quando troveranno un Leader che sappia unirle, un voto di testimonianza sui Valori, tornerà anche ad essere un voto per il governo della Nazione.
Auspicabilmente nell’ambito di un grande partito realmente di Centro Destra, senza secondi … Fini, che sappia rappresentare e tradurre in leggi quei Valori che rappresentano non solo la Tradizione del nostro Popolo, ma anche le sue Radici Romane e Cristiane dalle quali trarre linfa vitale per procedere con decisione sulla strada del Progresso, del Benessere, della Civiltà in una società dove regnino l’Ordine, la Sicurezza, la Legalità, il rispetto per la Gerarchia e l’Autorità.

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27 marzo 2009

Nazionalità e cittadinanza

Dopo la “lettera dei 101” del “partito di centro, moderato e liberale” che oggi inizia il congresso fondativo, credo sia opportuno ricordare uno dei capisaldi che caratterizza l’Uomo Conservatore, di Destra e lo distingue e lo eleva, nettamente, da quello di sinistra o all’ibrido homo centrista.
Questa caratteristica è la consapevolezza della propria Identità Nazionale.
Una Identità che più è marcata, più rende consapevoli del pericolo che corriamo con quello che l’ex Presidente del Senato Marcello Pera chiamò il “meticciato” e che, con termine politicamente corretto, viene definita la “società multietnica e multiculturale”.
Ma più è forte la nostra Identità, più è facile inglobare, essere inclusivi, chi viene da noi, nella nostra terra con la voglia di fare e di lavorare e non con la pretesa di occupare e di rubare ciò che non gli appartiene.
L’Italia è stata da sempre terra di arrivi, ma da sempre chi è venuto in pace, in pace è restato e si è integrato.
Pensiamo solo alla Leggenda di Enea che è alla base della Fondazione di Roma.
E pensiamo a come Roma, nell’esportare Civiltà là dove c’era solo barbarie, abbia non solo dato regole e infrastrutture, ma abbia anche saputo inglobare, poco alla volta, popoli differenti, sino a farli diventare orgogliosi di poter dire “Civis Romanus Sum”.
Tutto ciò, senza rinunciare alle proprie divinità, alle proprie usanze, ai propri costumi.
I Romani non hanno mai rinunciato alle proprie feste e ricorrenze perché potevano “turbare” i neocittadini.
I Romani, invece, davano piena accoglienza anche alle usanze altrui che, però, non dovevano essere loro a turbare o confliggere con quelle della Tradizione, così come accoglievano nel loro Pantheon gli dei dei popoli sconfitti, naturalmente in posizione subordinata con gli Dei di Roma.
Ma la concessione della cittadinanza romana avveniva nel momento in cui gli uomini di nazionalità romana non erano più in grado di governare un vasto impero da loro stessi conquistato.
Non quando i confini erano così ristretti da non avere neppure spazio per lo loro stessi.
Due anni fa, durante la campagna elettorale per le presidenziali di Francia, i soliti zelanti esterofili si presero una cotta per Sarkozy, lo stesso che sta proteggendo una terrorista rossa come la Petrella e, tutto sommato, ben poco ha fatto per impedire all’altro terrorista rosso Battisti di rifugiarsi nell’ospitale Brasile.
Sarkozy fece una bella campagna elettorale, poi completamente ribaltata da una presidenza molto discutibile, soprattutto perché ha completamente dimenticato uno dei capisaldi della stessa: la costituzione e la effettiva realizzazione di un ministero per l’Identità Nazionale.
Il problema della Identità è un problema che ci coinvolge pesantemente, soprattutto da quando persino quello che fu il leader della Destra Italiana, nel 2003 cominciò a farla fuori dal vaso, auspicando la concessione del diritto di voto (quindi della cittadinanza) agli immigrati.
Poi quel signore abbandonò, come si legge anche nelle interviste di oggi, la sua Fede di sempre, dimostrandosi così persona inaffidabile e invotabile ed oggi è il “delfino” di Berlusconi in quella che, all’inizio, aveva definito “comica finale”, cioè il pdl.
Ma rimane il problema, anche perché rilanciato periodicamente dai buonisti di ogni latitudine, della “cittadinanza”.
Purtroppo ci si dimentica facilmente della “nazionalità”.
Dal contenuto ben diverso.
E allora mi torna in mente, ancora una volta, il Manzoni: una d’arme,di lingua,d’altare,di memorie,di sangue,di cor .
Vuol dire che la nazionalità non può derivare da un decreto presidenziale.
La Nazionalità è un “sentire”.
E’ appartenenza ad un Popolo che ha combattuto per il suo riscatto e per la sua indipendenza.
Un Popolo che, naturalmente, parla la stessa lingua, pensa con le stesse parole e sogna con lo stesso idioma.
Un Popolo che si ritrova nella Fede dei suoi Avi, nella Tradizione di un Rito tanto antico quanto attualissimo, nelle Parole di un Dio.
Un Popolo che ha un percorso comune, una storia comune.
Un Popolo che ha sofferto assieme e assieme è risorto.
Un Popolo che “sente” allo stesso modo che questa Terra è la nostra Terra, che ci fu data e che consegneremo ai nostri posteri.
Riconoscere la nostra Identità Nazionale significa quindi non cedere al finto e peloso buonismo che traspare anche dalla “lettera dei 101” del “partito di centro, moderato e liberale”, bensi tutelare e preservare la nostra Nazionalità, ammettendo e inglobando chi viene per lavorare e integrarsi, ma buttando fuori, senza se e senza ma, chi viene per scardinare Ordine, per minare la nostra Sicurezza e Legalità, con la pretesa di cambiare le nostre Tradizioni.
Noi Italiani” non deve essere una vuota espressione, indicante una semplice, burocratica, annotazione nella carta di identità.
Bensì deve significare la consapevolezza di appartenere ad una Nazione, quindi il “sentirsi Italiano”, non è questione di passaporto, ma di Identità.
Una d’arme,di lingua,d’altare,di memorie,di sangue,di cor

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25 marzo 2009

Piano casa e resistenze passatiste

Ancora una volta stiamo assistendo ad un balletto che svilisce il ruolo del Presidente del Consiglio e, soprattutto, della democrazia, visto che viene ostacolato il suo diritto a trasformare in legge un provvedimento che va incontro alle esigenze di quell’83% degli Italiani che possiedono una casa.
L’idea di un piano casa che, rilanciando l’edilizia, consentisse da un lato di creare o conservare posti di lavoro, dall’altro di ammodernare i fabbricati esistenti, con tutti i vantaggi che ne derivano in termini di igiene e risparmi di vario tipo, sembra essersi arenata davanti alla burocrazia ed al gretto e miope conservatorismo della sinistra.
Da un lato il pci/pds/ds/pd che con il sostituto di Veltroni ha pronunciato l’ennesimo “no”, immotivato e appiattito sulle manie di quegli ecoambientalisti che vorrebbero farci vivere tutti male, perché tutto ciò che da qualità alla vita incide sull’ambiente circostante e lo cambia (come, per nostra fortuna, è cambiato nel corso dei millenni anche per opera e grazie alle conquiste ed alle costruzioni dell’ingegno umano: se i nostri avi avessero avuto gli ecoambientalisti vivremmo ancora sulle palafitte o nelle grotte).
Dall’altro il formalismo figlio della più degenerata burocrazia che vede le regioni amministrate dai rossi opporsi ad un provvedimento intelligente e che risponde alle esigenze dei cittadini.
Pensate.
Una minima modifica alla metratura del nostro appartamento o della nostra villetta monofamiliare, ci costringerebbe a: presentare un progetto (pagando); depositare la dia (pagando) e aspettare i comodi di qualche funzionario pubblico che esamini la pratica e, magari, di mentalità ristretta e invidiosetta, metta le sue “osservazioni” creandoci ulteriori ritardi e costi, prima di poter realizzare (se avremo il permesso) il nostro desiderio.
Con il piano casa, pagheremmo ugualmente ma realizzeremmo subito la nostra opera senza dover attendere il timbro della burocrazia di questa pubblica amministrazione.
Pare, poi, che ci si sia messo anche Napolitano con l’ennesima lettera irrituale su un provvedimento che deve solo firmare: se la scelta dei cittadini di eleggere questa maggioranza non gli sta bene, Napolitano può anche dimettersi, così verrà eletto Schifani o qualche altro fedelissimo di Berlusconi e finalmente il Premier potrà, per la prima volta in questi 15 anni, governare senza qualcuno che dal colle più alto gli infili i bastoni fra le ruote.
Purtroppo Berlusconi sta scoprendo quanto sia stata esiziale la sua scelta di rinunciare alla Destra per legarsi ad un “partito di centro, moderato e liberale”, da cui deve sempre più guardarsi e, così, vediamo l’ennesima marcia indietro, l’ossequioso rispetto della liturgia, le inutili chiacchiere con le amministrazioni regionali, l’acquiescenza alle pretese di Napolitano.
No, così non va.
Questa è la politica che Berlusconi doveva e aveva promesso di spazzare via.
Il piano casa, che creerebbe lavoro, farebbe girare denaro, semplificherebbe la burocrazia (che talvolta è anche fonte di corruzione) non può fermarsi davanti ai solipsismi degli ecoambientalisti, alla necessità di apparire del rimpiazzo di Veltroni, ad una presenza ostile al Quirinale, alla grigia burocrazia della pubblica amministrazione, alla applicazione formale di una norma.

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24 marzo 2009

Cercasi Destra disperatamente

Piaccia o meno, l’evento mediatico e politico del mese, che fa da prologo alla campagna elettorale per le europee, è la formale costruzione del Pdl.
Quel “partito di centro, moderato e liberale” che, proprio con questa definizione e con il conseguente atteggiamento di Berlusconi, ha escluso la Destra da quello che avrebbe potuto essere il partito di tutto il Centro Destra.
Una opzione che sembra dare ragione a Berlusconi, ma che preoccupa non poco perché, esclusa la Destra, sono stati ammessi personaggi sui quali si devono avere molti dubbi.
Parlo di socialisti e radicali che con la Destra, ma anche con il Centro Destra, hanno poco o nulla a che spartire e parlo di Fini e di quei 101 firmatari (molti comunque ricompresi tra i “socialisti e radicali” di cui parlavo prima) che hanno segnato una rottura rispetto alle aspettative del Popolo del Centro Destra in materia di sicurezza, ordine e legalità.
Oggi ho parlato con un amico di antica data che mi ha fatto il panegirico di Fini.
Mi ha detto di aver ascoltato tutto il discorso di Fini e di averlo trovato pienamente condivisibile.
Questo caro amico ed ex compagno di classe ha, però, votato per il pci/pds/ds/pd e le stesse parole elogiative usate per Fini le aveva espresse anche verso Veltroni.
Non è quindi campata in aria la battuta su Fini che “corre” per la poltrona di segretario del pci/pds/ds/pd, visto che gli stessi elettori di quel partito trovano con lui una forte affinità.
Proprio per questo Fini e chi lo segue non può rappresentare la Destra e, così, il pdl è privo di quel riequilibrio necessario alle istanze libertarie e socialiste fortemente presenti.
Naturalmente la Lega si è subito dichiarata disposta ad “intercettare” i voti di chi non considera l’adesione o la preferenza al pdl una scelta coerente con le proprie idee.
E, in effetti, la Lega esterna principi e propone visioni di destra.
Peccato che sacrifichi queste giuste prospettive al miraggio di un federalismo che, quando verrà approvato, sarà solo un pannicello caldo rispetto a quel che sarebbe necessario.
Guardiamo così a destra, quella vera, dove, però i movimenti non si contano sulle dite di una mano … a differenza dei voti che ognuno di questi riesce a racimolare.
E’ evidente che manca l’elemento catalizzatore, manca un Leader che, per la sua autorevolezza, per il suo carisma, metta tutti d’accordo, così che, ognuno, tira la sua propria volata nel reclamare per se stesso una presunta ortodossia sui Valori.
Ciononostante non rimane altra scelta che sostenere uno di questi movimenti, nella convinzione che la Destra è una necessità per la nazione e lo sarà se prenderanno sempre più piede le derive di carattere economico, morale e politico di cui abbiamo già udito il campanello di allarme derivante dalle parole di Fini e dalla lettera dei 101 (oltre ad alcune posizioni dissonanti con la politica dei Valori conclamata anche dal pdl, ad esempio sul “testamento biologico”).
Guarderò quindi con curiosità il congresso fondativo di quello che, comunque, diventerà la Dc del duemila, ma il mio voto andrà ad uno dei movimenti di destra dai quali spero veder nascere un Leader capace di riunire tutte queste forze che, disperse, non potranno mai incidere nella realtà politica, ma unite riusciranno a costruire una vera forza di Destra.
Nei Valori e nella pratica concreta della politica quotidiana.

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22 marzo 2009

Adesso la Destra si unisca

Alleanza Nazionale si è sciolta senza rimpianti, tanto, da un pezzo, con le ostinate esternazioni del cameragno Fini, a cominciare da quella fatale del settembre 2003 sul voto agli immigrati, non rappresentava più la Destra Italiana.
Fusa e confusa nel “partito di centro, moderato e liberale” creato da Silvio Berlusconi e definito “comica finale” da Fini, ha lasciato, anche nominalmente, liberi gli spazi una volta occupati dall’Msi e della Destra Nazionale.
Da quel 1995, quando l’Msi divenne An, si sono costituiti numerosi movimenti alla sua destra, tutti nel nome di una continuità che, però, anche per colpa di quelle divisioni, raccoglievano poco seguito elettorale.
Per colpa, si diceva, di quelle divisioni, ma anche del presidio nell’area di destra che esercitava il nuovo partito.
Adesso il presidio non c’è più.
Roberto Fiore, Daniela Santanchè, Francesco Storace, Luca Romagnoli, hanno una prateria davanti a loro, dalla quale tutti gli indiani si sono ritirati.
Ma se pensano di percorrerla in solitaria quegli stessi indiani faranno presto a tendere loro degli agguati e a far fare loro la fine di Custer a Little Big Horne.
Se, invece, diversamente da quel che fece Custer, riusciranno ad unire e non a dividere le loro forze, allora potranno conquistare quella prateria e controllare anche le colline intorno, creando un polo di attrazione per tutti gli elettori che non possono votare il cameragno Fini e neppure quei 101 firmatari (di cui sto cercando l’elenco completo da conservare in evidenza come memento per sapere chi NON votare !) che, come verginelle spaventate, pretenderebbero che i medici non provvedessero a denunciare chi commette il reato di clandestinità, di prossima introduzione.
Una Destra Nazionale, Patriottica, Sociale che riaccenda la Fiamma della Libertà, dell’Ordine, della Sicurezza, recuperando alla destra i temi propri della destra, li sottragga alla propaganda di una Lega che parla bene, ma razzola male.
Una Lega che, non essendo “destra”, pur sostenendo i Valori della destra è disposta a rinunciarvi nel nome di un federalismo che, pur rilevante per il futuro della Nazione Italiana, vi sacrifica ogni resistenza su quei temi (dall’approvazione del trattato di Lisbona al reato di immigrazione clandestina) al fine di ottenere quel simulacro di federalismo che i partiti centralismi, tra loro uniti, sono disposti a concedere.
L’unione di tutti i movimenti attualmente a destra del Pdl diventa quindi una esigenza per il risanamento della Nazione, per dare più forza a quei Valori e per consentire agli elettori orfani di un partito di destra, anche solo nominale, di esprimere il loro voto.
Ma una destra unita diventa anche l’ancora di salvezza di Silvio Berlusconi che, come si è visto con Fini e con i 101, subisce forti condizionamenti da quell’area radicalliberaloide, a volte socialisteggiante, che alligna nel suo partito ed alla quale ha concesso sin troppo spazio, anche a livello parlamentare.
Una destra unita, naturalmente alleata al “partito di centro moderato e liberale, consentirebbe di rafforzare la linea della fermezza contro la criminalità e l’immigrazione clandestina, dando più forza a Berlusconi premier e liberandolo dall’ipoteca finiana.
Datevi ordunque una mossa e non arenatevi sul nome: chiunque tra voi andrà bene.
L’importante è restituire all’Italia una Destra rappresentativa ed elettoralmente significativa.

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20 marzo 2009

Una Rete Patriottica contro la deriva terzomondista del Centro Destra

La vicenda dei 101 che hanno frapposto ostacoli – uguali a quelli dei cattocomunisti – sulla strada del provvedimento (reclamato a gran voce dal Popolo) sulla sicurezza, fa emergere la necessità di contrastare questa propaganda terzomondista che rischia di influenzare anche Berlusconi e portare alla deriva l’intero Centro Destra.
Il casus belli è fornito dalla norma che, timidamente, elimina il divieto ai medici di denunciare i clandestini che si presentassero per essere curati.
I casi sono due: o la clandestinità è reato e, quindi, è obbligo di tutti gli incaricati di pubblico servizio (anche medici e insegnanti) di denunciarli, oppure il reato non esiste, allora apriamo le porte e ognuno si difenda come può e come sa.
Ma se viene confermata la natura di reato dell’ingresso clandestino in Italia, sia pure con una lievissima pena solo di carattere pecuniario, allora dobbiamo essere conseguenti e trattare i clandestini come coloro che commettono un reato e vanno sanzionati, previa denuncia.
L’iniziativa del 101 è comunque emblematica di una situazione che sta marcendo e degenerando anche all’interno del nuovo partito di Berlusconi, dove sin troppi parlamentari, pur scelti dal premier, rappresentano una tendenza terzomondista che non trova fondamento nella volontà dell’elettorato e, come la vecchia dc, rischia di catturare voti a destra per spenderli a sinistra.
Non a caso a plaudire all’iniziativa sono stati l’intera sinistra e gli ambienti estremisti cattolici che orbitano intorno a quelle associazioni che si preoccupano più degli illegali che dei cittadini.
Rilevo anche molti commenti, favorevoli ai 101, organicamente raccolti e messi in evidenza dal meta aggregatore Tocqueville di chi dovrebbe rappresentare la voce del Popolo di Centro Destra che, invece, si appiattiscono su simili posizioni contrarie ad ogni logico contrasto all’immigrazione illegale.
Noto però con piacere, anche commenti fortemente contrari a questa nuova deriva buonista, fondata sul “politicamente corretto”, ancorché sparsi e non coordinati.
Considerato che la Lega, formalmente il partito promotore delle norme “incriminate”, è molto oscillante avendo come obiettivo unico il federalismo o, meglio, quella parvenza di federalismo che i partiti centralisti si sono resi disponibili a concedere e, quindi, pur parlando e proponendo bene, non è conseguente e non tiene il punto, spetta ai cittadini muoversi per imporre una visione certa della politica immigratoria.
E’ nostro compito sostenere con forza il dovere di denunciare i clandestini, perché la clandestinità è un reato e come tale andrà sanzionato.
Dobbiamo quindi unirci, in una Rete Patriottica,di blog, siti, mailing list, che rappresenti il contraltare delle derive terzomondiste cui spingono i 101 firmatari della famigerata lettera.
E dobbiamo essere chiari: meglio un governo nemico, che un governo che tradisce il voto dato e dal quale dobbiamo guardarci perché inaffidabile e infido.
Quindi non diano nel Centro Destra per scontato il voto di questa Rete se, in questi anni di governo, non vengono imposte norme che possano essere riassunte nel binomio: meno tasse e più sicurezza.
Ci diranno che siamo razzisti, xenofobi e quant’altro ?
CHISSENEFREGA !
Noi dobbiamo sostenere la nostra Identità, tale nei costumi, nelle Tradizioni, nell’impianto legislativo, nelle nostre Feste e nella nostra cucina, affiancando a tutto ciò la tutela della sicurezza dei cittadini, per città ordinate e liberamente frequentabili in ogni ora del giorno e in ogni via.
Se le vestali del “politicamente corretto” strepiteranno, beh, che si prendano a casa loro, a spese loro gli immigrati, ma non chiedano a noi di pagare per la loro coscienza che si turba (e si masturba) così facilmente.

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18 marzo 2009

La clandestinità sia reato senza se e senza ma

Leggo con disgusto che 100 parlamentari del “partito di centro moderato e liberale” capitanati, così dice il lancio di agenzia, da Alessandra Mussolini, chiedono a Berlusconi di non porre la fiducia sulle norme del decreto sicurezza e, in particolare, su quella che concede la facoltà (e neppure impone un obbligo come dovrebbe essere !) ai medici (e forse agli insegnanti) di denunciare i clandestini.
Il disgusto mi viene dal pensare che quei 100 sono parlamentari perché li ha voluti Berlusconi, senza il cui carisma il loro partito non avrebbe vinto le elezioni e loro dovrebbero guadagnarsi la pagnotta in altro modo.
Invece di esserne grati e cercare di agevolare il più possibile l’azione di governo del Premier, gli mettono i bastoni fra le ruote, ben sapendo che la norma in questione è una versione ampiamente annacquata ed edulcorata di una specifica richiesta della Lega, alleato imprescindibile di governo.
Ancora una volta risulta perfettamente azzeccato il proverbio”dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io”.
Allora ribadiamo, se ancora ve ne fosse necessità, che vi è un obbligo da parte di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio di fare denuncia di ogni notizia criminis (mentre resta una facoltà per i privati cittadini) e se la clandestinità è un reato, e se medici di un pronto soccorso pubblico (e insegnanti) svolgono un pubblico servizio (come risulta dalle obbligazioni loro imposte anche in materia di sciopero) allora sono obbligati a denunciare il reato e chi lo ha commesso.
Poche storie e ancor meno masturbazioni mentali: il clandestino deve essere identificato, catturato e rispedito a casa sua, solo così lo stato adempie ad uno dei suoi principali obblighi a tutela dei propri cittadini.
Solo così possiamo sperare di riportare un minimo di ordine e di sicurezza nelle nostre città.
Il “pronunciamento” di cento parlamentari del “partito di centro, moderato e liberale” ci dice solo che il pdl, nonostante il generoso impegno profuso da Berlusconi, diventa sempre più la brutta copia della dc, pronto a catturare i voti a destra con manifesti roboanti, per spenderli in politiche di sinistra come con questa iniziativa dei cento, finalizzata a non obbligare i medici a denunciare i clandestini che nei manifesti si volevano “mai più sotto casa”.

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17 marzo 2009

I "soldi veri" li caccino gli imprenditori

Sono alquanto stupito che, a dispetto della sua abituale espressione arcigna (chissà perché una donna per avere credibilità deve sempre mostrarsi con espressioni troppo serie per essere … credibili), Emma Marcegaglia si presenti con il piattino in mano a chiedere soldi a tutti noi pel tramite del governo, dando così ragione al brillante articolo di Franco Jappelli ne Il Borghese nr. 3 di marzo 2009, perfettamente intitolato “Chiagnere e fottere” e che porta un occhiello altrettanto significativo: sceneggiata industriale.
Il presidente di Confindustria da qualche tempo, abbandonata la linea del libero mercato, si trova a ipotizzare catastrofiche conseguenze – quasi fosse una cgil qualunque – qualora il governo non attingesse a piene mani dal denaro pubblico per pompare liquidità alle aziende che rappresenta.
Scenari a tinte fosche di licenziamenti di massa, fallimenti cosmici e bancarotte senza ritorno.
Probabilmente il Presidente di Confindustria ha dimenticato che la principale caratteristica di un imprenditore – che giustifica il lauto guadagno che consegue negli anni di vacche grasse – è il “rischio”.
L’imprenditore, cioè, rischia soldi suoi, rischia di suo per intraprendere una attività in proprio da cui ricavare guadagni.
Il rischio in proprio è la giustificazione del suo ruolo di comando, di organizzazione, di scelte e di guadagno.
A che titolo si chiama imprenditore chi si mette in tasca gli utili negli anni di vacche grasse e bussa alla porta dello stato in quelli di vacche magre ?
Il compito dello stato è quello di realizzare ammortizzatori sociali tali da garantire una dignitosa sopravvivenza a quei lavoratori che si trovano senza lavoro in quei periodo in cui la curva è discendente.
E’ un compito che il governo sta assolvendo e che potrebbe essere aumentato se non si tirasse per la giacchetta Berlusconi piuttosto che Tremonti per ottenere finanziamenti privilegiati.
Ecco che le rottamazioni, gli aiuti di stato a settori industriali, sono denaro sottratto agli ammortizzatori sociale.
Mentre dovrebbero essere gli imprenditori, se ritengono valida la loro impresa, a rischiare in proprio, con propri soldi o chiedendoli alle banche alle quali – visto che non sono enti di beneficenza – garantire la restituzione con la propria firma e con i propri beni personali.
Questi sono Imprenditori e, per fortuna, in Italia ve ne sono tanti che non chiedono l'elemosina (non dovuta) allo stato, cioè a tutti noi.
Privatizzare gli utili e socializzare le perdite, invece, è un principio che in Italia ha fatto il suo tempo ed è ora che gli imprenditori che non hanno idee innovative, le cui aziende non sono in grado di affrontare le sfide del libero mercato, falliscano per lasciare il posto ad una nuova classe imprenditoriale, più capace e meno piagnona.
Del resto, se se lo fossero dimenticato, anche il fallimento è un Istituto prettamente liberale.

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15 marzo 2009

Bologna:il Centro Destra alla prova generale di suicidio

Nel mio blog dedicato a Bologna ed all’Emilia (Svulazen) ho da tempo aperto una costante finestra sulle elezioni amministrative e, in particolare, sull’elezione del sindaco, il prossimo giugno, in un quadro che sarebbe di grande favore per le liste di Centro Destra.
A Bologna il sindaco ex segretario della cgil, ha miseramente fallito.
Persi tutti i finanziamenti per le grandi opere (metropolitana, passante) ha ridotto la città ad un gruviera ignorando la prima ed elementare cura doverosa della manutenzione delle strade e dando il via ai lavori di una costosa, contestata e inutile ferrovia di superficie (il “Civis”).
Ha inoltre incrementato le proibizioni e traffico e non ha saputo fornire alcuna risposta all’esigenza di sicurezza dei cittadini, facendo di Bologna la città più rapinata d’Italia in rapporto alla sua popolazione e rendendola infrequentabile in certe zone e in certi orari.
Come ciliegina si è reso protagonista della telenovela sulla moschea, rifiutata dalla cittadinanza e sulla quale è stato alla fine costretto a fare marcia indietro grazie alla lotta ed alla documentazione prodotta dalla Lega Nord.
Quel sindaco ha rinunciato a candidarsi e il pci/pds/ds/pd ha scelto un candidato incolore, di cui non si sente parlare, che non appare in grado di formulare alcun progetto per la città e, di nuovo, nato ben al di fuori delle mura cittadine.
Con un simile quadro un Centro Destra appena appena politicamente normale, avrebbe cercato e candidato da subito un nome importante del mondo cittadino, facendo quadrato su di esso, da Forza Nuova all’Udc.
Assistiamo, invece, ad una lotta fratricida.
Una melina incomprensibile sul nome del candidato che ha portato a rinviare ogni scelta fino a febbraio, per poi dividersi tra l’ex sindaco Giorgio Guazzaloca e l’ex presidente del Bologna Alfredo Cazzola.
Ambedue si presentano come civici, rifuggendo i partiti che si accomodano a fare gli zerbini portatori d’acqua, ma non rinunciano a polemizzare gli uni con gli altri.
Così Guazzaloca è sostenuto dall’Udc e spara ad alzo zero non sul candidato della sinistra, bensì su Cazzola, sostenuto dal Pdl e dalla Lega che, a loro volta, rovesciano su Guazzaloca ogni critica immaginabile.
Così l’immagine dei due contendenti si incrina, fino a rischiare di andare in frantumi a tutto beneficio del candidato della sinistra che, seduto sulla riva del fiume, assiste allo spettacolo indecoroso dei due galli (che rischiano però di fare la fine dei capponi di Renzo) del Centro Destra e, senza aver bisogno di fare nulla, né di spremersi per inventarsi uno straccio di programma, ma solo cercando di far dimenticare l’attuale esperienza di giunta, vede avvicinarsi un insperato successo.
Vista la pessima figura che stanno facendo i due principali candidati del Centro Destra, uno cosa fa ?
Cerca una candidatura alternativa per il primo turno, riservandosi di votare al ballottaggio colui che gli elettori sceglieranno come competitore per Palazzo d’Accursio in contrapposizione al candidato della sinistra.
Personalmente ho scelto.
Nonostante la significativa – sotto il profilo della protesta – candidatura di Beppe Maniglia (che, peraltro, sembra scomparso dal panorama) il mio voto andrà, se confermerà la sua candidatura, a Stefano Morselli, antico combattente dell’Msi sin dai tempi del Galvani negli anni settanta.
Oggi, però, leggo che a destra scendono in campo altri candidati.
Massimiliano Mazzanti, attivo ed efficace ex consigliere comunale dell’Msi e di An, sostenuto da Casapound e, contestualmente, un “mister x” preannunciato da quanti sono rimasti ne La Destra di Storace a Bologna che, “scomunicando” Mazzanti, preannunciano una loro lista e un loro candidato.
Non dubito, poi, che, in questo panorama, anche Forza Nuova presenterà la sua lista e il suo candidato.
Di passaggio ricordo che esiste, insistendo sulla medesima area politica, un terzo candidato “civico”, Michele Laganà, che ha confermato di “correre” fino in fondo.
Allora ricapitoliamo:
Giorgio Guazzaloca : civico sostenuto dall’Udc
Alfredo Cazzola: civico sostenuto dal Pdl e dalla Lega
Stefano Morselli: Destra Federale
Massimiliano Mazzanti : Casapound Bologna
Mister X : La Destra di Storace
Mister Y : Forza Nuova
Michele Laganà : civico
Beppe Maniglia: civico.
Otto candidati per un elettorato che, alle ultime elezioni politiche, rappresentava il 38% dei voti, così divisi:
IL POPOLO DELLA LIBERTA' 67.393 27,070 %
LEGA NORD 10.191 4,093 %
UNIONE DI CENTRO 9.756 3,918 %
LA DESTRA - FIAMMA TRICOLORE 5.863 2,355 %
FORZA NUOVA 767 0,308 %
Significativo come l’area della Destra Radicale presenti ben tre o quattro candidature per un elettorato che consentirebbe di esprimere un solo, importantissimo consigliere comunale, la cui presenza a Palazzo d’Accursio creerebbe non poco scompiglio tra le file dei parrucconi di regime.
Come se non bastasse, il Centro Destra si divide anche per le elezioni nei quartieri, con il rischio di consegnare alla sinistra anche quelli a maggioranza di Centro Destra .
Naturalmente Cazzola e Guazzaloca hanno, per la loro natura di candidature civiche, la possibilità di raccogliere consensi anche al di fuori dell’area politica di riferimento, ma vorrei ricordare che nel 1999 Guazzaloca riuscì a vincere al ballottaggio per soli 3000 voti di margine.
Questo significa che, per vincere, ci sarà bisogno di tutti, ma proprio tutti, i voti del Centro Destra (da Forza Nuova all'Udc) e dell’aggiunta di voti provenienti da sinistra, voti di cittadini consapevoli che continuare con la giunta attuale – cambierebbe poco – significherebbe procedere sulla strada di un rapido declino della città.
Non è però accettabile la sufficienza con la quale i candidati maggiori del Centro Destra trattano le ipotesi di apparentamento con i “minori” (che, pure, hanno sempre confermato di essere disponibili a ritirarsi o ad appoggiare il più votato al secondo turno in cambio del riconoscimento di un apparentamento formale e ufficiale), come non è accettabile che si scambino colpi mortali alla reciproca credibilità, invece di offrire ai bolognesi idee e progetti per la rinascita della città.
Berlusconi dovrebbe intervenire per ricostituire una unità che, sola, potrebbe aprire una nuova stagione per Bologna, dopo questi cinque anni di gelo.
Perchè Bologna è importante, politicamente e psicologicamente, prima ancora che in termini elettorali ed economici.


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