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No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

19 febbraio 2006

La parola a Calderoli


Concludiamo la "trilogia" di post sulla vicenda della t-shirt e del cedimento alle intimidazioni islamiche, dando la parola a Roberto Calderoli, con il suo intervento pubblicato oggi sulla Padania.

Ho detto basta alle strumentalizzazioni

Quando qualcuno ti attribuisce, anche strumentalmente, la responsabilità di una tragedia, prima arriva il dolore, poi la preghiera per chi non c’è più e poi l’esame di coscienza: che cosa ho fatto e dove potrei aver sbagliato?
Da questo esame ho tratto una serie di errori commessi e posso pertanto dire che mi sento colpevole:
a) di essere un uomo libero e di pensare di vivere in un mondo libero, dove il tuo pensiero, seppur critico, sia consentito. Ma così non è: il cristiano deve ubbidire e subire, gli altri devono comandare e possono ricattare.
b) di pensare che non possano esistere differenze di sesso, di religione e di razza. Ma così non è: l’uomo prevale sulla donna e, tutti e due, se appartengono ad una certa religione, prevalgono su tutti gli altri, e tutto questo perché l’ha detto il Profeta.
c) di non aver taciuto il mio sdegno davanti alla mattanza di più di 160mila esseri umani all’anno, trucidati solo perché rei di professare la religione cattolica, e di aver gridato allo scandalo di fronte al silenzio, non tanto del mondo islamico, quando di quello occidentale, di fronte all’assassinio di un sacerdote e alle tre mattanze di cristiani avvenute nelle Filippine nelle ultime settimane.
d) di pensare che qualcuno possa impunemente dichiarare, nell’anno del signore 2006, che un giorno l’Islam dominerà tutta l’Europa.
e) di aver preteso che i diritti che si vogliono riconosciuti agli ospiti nel nostro paese vengano allo stesso modo riconosciuti ai nostri concittadini nei paesi da cui questi ospiti provengono. E, invece, consulte e moschee per tutti a casa nostra, anche in assenza dei requisiti che vengono richiesti ai comuni mortali, o ancor peggio realizzate con i denari dei contribuenti, e l’arresto per il cristiano che osa avere una croce addosso o peggio ancora la pena di morte per chi sostiene “che Gesù è il figlio di Dio”.
f) di essermi rifiutato di cancellare la nostra identità, la nostra storia, i nostri usi e le nostre leggi, per sostituirli con quelli che l’ultimo arrivato ci vuole imporre con la scusa della sua integrazione.
g) di pensare che prima sia venuto il terrorismo e solo dopo le ancora imperfette reazioni del mondo......occidentale, anche se qualcuno, oggi, vorrebbe sostenere che Guantanamo sia la causa e la colpa delle Twin Towers e non la conseguenza.
Potrei proseguire con queste lettere fino a completare l’alfabeto per una serie ennesima di volte, prima di riuscire a citare tutto quello di cui sono colpevole.
Ma forse è più facile semplificare il tutto nella mia più grande colpa originale: non sono ipocrita, non riesco a tacere quello che penso, non mi lascio calpestare i piedi, e soprattutto la testa, per convenienza o per interesse, visto che in gioco non ci sono io ma una civiltà, che, ormai cotta nel burro, sembra preferire gli ozi e la decadenza imperiale al proprio orgoglio, alla propria identità, ai propri valori e ai propri ideali.
Se queste sono le colpe allora io sono colpevole, con l’aggravante della recidiva e del non pentimento, e quindi voglio pagare, perché così salvo la mia coerenza che ritengo certamente più importante di tutto il resto.
Piuttosto che rinnegare anche solo un millimetro di quello in cui credo, non ho il minimo problema a lasciare una carica per cui, normalmente, si arriverebbe anche a vendere l’anima al diavolo pur di ottenerla e conservarla.
Ho sempre considerato l’incarico di ministro come una cosa non mia ma prestatami invece da Umberto Bossi e nelle sue mani, con gioia, l’ho rimesso.
Non ho nulla da rimproverarmi a riguardo: dovevo riformare la Costituzione e la legge elettorale e l’ho fatto e queste due riforme potranno essere cancellate solo dal popolo e non certo dai giochini degli interessi nazionali o internazionali.
Mi è sempre andata stretta la cravatta da ministro a cui ho sempre preferito “le braghe corte”, per cui tante volte sono stato contestato e quindi oggi, dopo le dimissioni, mi sento più leggero: dimissioni che tante volte in tanti, sia esponenti di maggioranza che opposizione, avevano già richiesto, ma tali richieste per me suonavano come un invito a restare.
Ora, invece, posso togliere il disturbo, perché l’ho concordato con Bossi e perché se la mia presenza al governo può rappresentare un possibile rischio per un nostro concittadino nel mondo, o peggio ancora il facile alibi per un attentato a casa nostra, allora deve prevalere il senso di responsabilità.
So bene che tutto è strumentale.
Ma, davanti al rischio che tutto questo possa rappresentare anche solo un lontano pericolo per un capello di un nostro concittadino, o che la cosa possa essere utilizzata strumentalmente ai danni della Lega, mi faccio da parte.
Da parte come ministro, ma non certo come militante.
E questo lo faccio a maggior ragione alla luce delle incomprensibili dichiarazioni di oggi del presidente del Consiglio, che vorrebbe attribuire a me le responsabilità di quanto successo e non al fanatismo islamico.
La mia battaglia a difesa dei principi sacri che mi hanno inculcato i miei genitori e i miei nonni inizia ora, finalmente non più ministro e libero di difendere questi ideali e questi valori.
Non attaccherò mai una religione in quanto tale e anche solo la semplice ironia sulla stessa mi fa orrore: forse, però, avrei dovuto difendere questo principio sostenendo l’orgoglio di essere cristiano, piuttosto che difendendo la libertà di pensiero, e quindi di satira, che è stata interpretata come attacco; ma rivendico il mio orgoglio di essere cristiano, e come tale, perdono chi, per paura o per il ricatto, non difende la propria identità e i propri ideali.
Il coraggio, come diceva il saggio Manzoni, “uno non se lo può dare”.
Di Don Abbondio è pieno il mondo, sia in maggioranza che in opposizione, anche se in quest’ultima c’è chi con il terrorismo ci sguazza; sicuramente con gente del genere i mercanti dal tempio non li avrebbe mai scacciati nessuno.
Alle trombe e i proclami di questi potenti, però, preferiamo la nostra umiltà e la nostra disponibilità a pagare con le dimissioni e, a dar retta alle minacce, anche con la vita, la difesa di un mondo basato sulla religione dell’amore e non su quella dell’odio.
Noi non vogliamo fare paralleli con Gesù, come fa Berlusconi, perché siamo uomini modesti, che si fanno il segno della Croce e si inginocchiano quando sentono quel nome, ma a cui va il sangue alla testa quando qualcuno sostiene che Gesù è il suo servo oppure che le bombe, le decapitazioni, gli assassini o le persecuzioni, sono cose dovute in nome di una religione.
Davanti a cose del genere non mi sento che di affermare, anche se la frase è stata già detta da qualcuno che mi fa ribrezzo, che: “Io non ci sto”.
La gente mi dice di non mollare ed è quello che farò, non mollerò, ma soprattutto non chinerò mai la schiena e a tutti dico: schiena dritta e avanti!

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