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11 maggio 2010

Una demagogica captatio benevolentiae non salverà la Cei

Nel pieno degli attacchi che, essenzialmente dagli ambienti di sinistra e radicali, laicisti ed atei, partono quotidianamente contro la Chiesa e le sue Gerarchie, la Cei sembra piegarsi al vento e tentare una demagogica captatio benevolentiae verso quegli stessi ambienti ostili.
Facendo ciò, però, irrita e rende diffidenti nei suoi confronti tutti coloro che, fino ad oggi non hanno ritenuto di unire la propria voce al coro di critiche, che spesso arrivano all’insulto, contro la Chiesa.
Non posso sapere cosa muova i dirigenti della Cei ad avventurarsi fuori dal proprio “core business” che è la religione e la morale ad essa collegata, certo è che, senza acquisire consensi tra la popolazione ostile, così facendo ne perde tra quella potenzialmente alleata.
Mi riferisco alle ultime esternazioni della Cei (o di singoli prelati) che hanno posto l’accento su due aspetti ai quali sono molto sensibile (e come me credo anche molti Italiani veri): le tasse e l’immigrazione.
La Cei, dopo un lungo sproloquio sulla sussidiarietà e sulla necessità di non abbandonare gli Italiani in difficoltà, farcito di critiche curiali (o al curaro ?) contro il federalismo fiscale, si sono lanciati nella più comunista delle proposte di politica economica: la tassazione delle rendite finanziarie.
Esattamente come il segretario di Rifondazione Comunista e tutta la sinistra estrema ed extraparlamentare, la Cei vorrebbe una tassa contro quelle che loro chiamano “rendite” ma che, in realtà sono sudati risparmi, salvati a fatica dalla rapacità statale e dalle centinaia di gabelle che uno stato fiscalmente oppressore già scarica sul cittadino per poi fornire servizi scadenti e un mero assistenzialismo fine a se stesso, senza progettualità e senza prospettive, come la vicenda della Grecia insegna.
Non contenti i preti della Cei si sono accodati ad un altro esponente che, negli ultimi sette anni, ha ripetutamente deluso se non tradito le aspettative e il voto degli Italiani veri: Gianfranco Fini.
Quasi in una sorta di soccorso rosso (porpora) all’ “alta carica istituzionale” ricoperta per grazia e volontà di Berlusconi, la Cei chiede cittadinanza e, quindi, voto, per i figli degli immigrati.
Una proposta che provoca ripulsa totale in me e, sono convinto, in gran parte se non tutto l’elettorato di Centro Destra che, oltre ad essere maggioritario in Italia, è anche quello, fino ad ora, meglio disposto verso la Chiesa e probabilmente anche quello all’interno del quale la Chiesa ottiene la firma per il suo 8 per mille.
Allora bisogna essere chiari.
Sono convinto che le posizioni della Cei hanno nella base dei cattolici lo stesso seguito che ha Fini nel Centro Destra: a livello della temperatura sulla superficie di Plutone.
Ma per rendere evidente che la dirigenza Cei è isolata dalla sua base, tutti i prelati che non ne condividono le esternazioni devono prendere una chiara posizione e informarci sui reali indirizzi della Chiesa.
Diversamente, neppure un grande Pontefice come Benedetto XVI potrà salvare la Chiesa da abbandoni sempre maggiori e da un isolamento dal quale, presumibilmente, non potrebbe riprendersi mai più, lasciando spazio ad altre forme religiose, più funzionali e rispettose dei sentimenti del Popolo e della Civiltà Tradizionale.


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