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No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

31 luglio 2011

Pericolo consociativista

Da alcuni giorni avevo osservato un cambiamento nella linea politica de Il Resto del Carlino, le cui pagine nazionali, peraltro, fanno parte, con Il Giorno e La Nazione, del Quotidiano Nazionale che, nel complesso delle tre testate, rappresenterebbe il terzo giornale politico per diffusione, dietro al Corsera e a Repubblica.
Il Resto del Carlino, Qn, ha sempre tenuto una posizione indipendente, tipica di un editore puro come Monti/Riffeser, anche se orientativamente più disponibile a recepire le idee liberiste in economia.
Il quotidiano, tra l'altro, non era afflitto dal virus dell'antiberlusconismo, per cui evitava di lanciarsi nei pettegolezzi spionistico-giudiziari ostili al Premier ed era pertanto da considerare quanto di più vicino all'imparzialità ci possa essere in Italia.
Per tale motivo a sinistra, a Bologna, hanno sempre dileggiato chi legge il quotidiano locale che, poichè non favoriva i loro interessi, era qualificato "di destra".
Forse anche nel ricordo di quel Resto del Carlino dei primi anni settanta, mirabilmente diretto da Girolamo Modesti, fieramente e ferocemente anticomunista, sul quale mi sono formato nella mia adolescenza e che tuttora rimpiango.
Ma il Resto del Carlino, Qn, di oggi manifestava una tendenza all'imparzialità.
L'edizione online, forse per accattivarsi le simpatie di un pubblico della Rete in maggioranza di sinistra (alcuni dicono perchè a sinistra vi sono più perditempo ...) ha una connotazione più di sinistra, evidenziata dai blog dei giornalisti che cavalcano demagogicamente ogni critica verso il "potere", sui "costi della politica", salvo però non fare alcuna menzione dei contributi pubblici alla stampa che alterano il libero Mercato e che i giornalisti dovrebbero, prima di criticare i "costi della politica", rifiutare e restituire allo stato.
Ho usato il passato per l'edizione cartacea perchè da alcuni giorni ho notato un cambio di linea.
Articoli critici verso il Governo che sposano le posizioni dei "poteri forti" e interventi elogiativi verso il Napolitano che tracima dai suoi compiti.
Oggi, però, con l'editoriale del direttore Pierluigi Visci, la metamorfosi del "mio" quotidiano preferito (che comunque continuerò ad acquistare trattandosi del giornale della città in cui vivo come, prima di me, persino quando era diretto da Enzo Biagi, ha sempre fatto mio padre) si è completata.
Con il titolo "Lo spread del Governo", dopo aver sparso pessimismo a piene mani sul futuro della nostra economia, invocato un Governo forte che possa prendere decisioni impopolari (che puzzano tanto di patrimoniale, un deja vu sull'infame prelievo forzoso direttamente sui nostri conti correnti come quello di Amato – più volte negli ultimi giorni citato ad esempio di "buon governo": sic ! - del 1992) ecco che il direttore del Carlino giunge alla formuletta, panacea di tutti i mali: un governo larga coalizione.
Prendendo, come spesso accade in Italia, ad esempio il peggio di quel che accade altrove, in questo caso in Germania.
Visci dimentica che una maggioranza di "larga coalizione" la abbiamo già sperimentata nel 1976-1979 e fu un fallimento.
Non fece riforme, non risolse i problemi dell'economia, anzi ci mise ampiamente del suo per incrementare il debito pubblico che oggi ci troviamo sul groppone.
Era la maggioranza che sosteneva il governo della "non sfiducia" di Giulio Andreotti.
Era la maggioranza di tutti i partiti del cosidetto "arco costituzionale" quella aberrazione politica che escluse "a prescindere" il solo Msi di Almirante dal potere, per consentire agli altri sei partiti, in primis Dc e pci, l'assalto alla diligenza del bilancio statale, elargendo qualcosa per ogni singola clientela ed alla sistemazione nel pubblico di tanti amici degli amici e compagni dei compagni.
Le parole dell'editoriale de Il Resto del Carlino suonano parallele, in modo inquietante, con quelle pronunciate dalle opposizioni, pronte (bramose ?) a saltare al governo, anche assieme al Pdl e alla Lega (o uno dei due) purchè venga cancellato Berlusconi, unica condizione che pongono.
Ho già commentato "l'appello" di industriali, sindacati e banchieri alla "discontinuità" che secondo me è la espressa volontà di una ripresa dei contributi pubblici per dare soddisfazione alle rispettive clientele.
Viene sempre più diffusa la singolare teoria di Amato per un prelievo forzoso di ben tremila euro ai "venti milioni" di italiani più facoltosi ... e dove li trova "venti milioni" di Italiani così facoltosi ?
Siamo sessanta milioni, quanti saranno attivi sul lavoro ?
Escludendo i bambini e i ragazzi che studiano, le casalinghe, i disoccupati, i pensionati ... mi sa che "venti milioni" si possa raggiungere solo colpendo tutti, ma proprio tutti, i lavoratori.
Indipendentemente dal loro reddito effettivo.
E' la classica minchiata socialista di un signore che ha da tempo perso il contatto con la realtà quotidiana e che già venti anni fa si era reso colpevole (impunito) di un analogo prelievo forzoso contro gli Italiani.
Ma l'impressione che ho è che la "grande coalizione" vagheggiata adesso (purtroppo) anche da Il Resto del Carlino, altro non sia che una nuova stagione di gabelle contro gli Italiani, cui presentare il conto di posizioni di rendita e privilegio alle quali non si vuol rinunciare.
Temo che lo spirito sia quello stesso, ancora osteggiato dal gruppo del Tea Party, che negli Stati Uniti vorrebbe trovare un "compromesso" sulla base di un aumento del debito pubblico, senza aumento delle tasse, ma anche senza tagli di spese.
In sostanza un aumento contabile che moltiplica l'indebitamento e ribalta sulle future generazioni il problema.
Da noi si andrebbe ancora peggio.
Si depaupererebbe la ricchezza privata con una infame patrimoniale, giustificata dalla "larga coalizione" per conservare tutte le spese clientelari e, forse, incrementarle per accogliere le richieste delle nuove lobbies.
Dopo il 1979, dopo i governi della "non sfiducia", si crearono i presupposti per la ribellione civile degli Italiani con la nascita e la crescita della Lega.
Mi auguro che oggi, invece, Lega e Pdl abbiano la forza per respingere le sirene dei "poteri forti" e con esse ogni tentazione di coalizzarsi in modo aberrante e innaturale con i comunisti ed i loro caudatari, atto che provocherebbe la inevitabile diaspora di molti di noi verso lidi (voti) più sicuri sul piano identitario e anticomunista.
L'Italia ha le risorse per risolvere, una volta per tutte, i problemi finanziari di bilancio.
Tagliare le spese e abbattere le tasse per dare più denaro, non per sottrarne, a tutti gli Italiani.
Abbiamo un patrimonio artistico unico al mondo, tutto di proprietà pubblica, immobilizzato e che non rende in modo adeguato, anzi ha costi ingenti di manutenzione.
Vendere il Colosseo, le Due Torri, i monumenti storici, ma anche la Rai ... ci permetterebbe di pareggiare il bilancio e, magari, di vederli gestiti in modo efficiente e produttivo.
Dopo sarebbe "sufficiente", azzerare le spese clientelari (a cominciare magari dai contributi alla stampa) e tagliare le sin troppe tasse che ci opprimono.
Sarebbe una rivoluzione liberista attuabile solo a maggioranza, perchè le opposizioni che, massimamente, traggono beneficio dalle consolidate clientele pubbliche, non potrebbero mai approvarla, come mai nessuno è disponibile ad armare l'arma che può ucciderlo.
L'alternativa della "grande coalizione" invece lascerebbe i problemi irrisolti, rimandandoli solo di uno o più anni.
Chi la propone ha solo delle posizioni da difendere e non vuole il bene dell'Italia, perchè, come sempre, a qualsiasi latitudine, con la sinistra al governo si danneggia solo il Popolo, ingannato con le parole e impoverito per legge nei fatti.

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