Ho letto alcuni riferimenti che paragonano lo sciopero degli autotrasportatori di oggi in Italia a quello che preparò la destituzione di Allende in Cile nel 1973.
Questa mattina, la interessante trasmissione radiofonica “Prima di tutto” ha mandato in onda una registrazione della segreteria telefonica aperta agli ascoltatori, in cui si riproponeva il quesito se l’Italia del 2012 potesse replicare il Cile del 1973.
Mi sembrano timori (o speranze …) infondate anche se qualche analogia è possibile trovarla (maggiormente quando si cerca e si VUOLE trovare qualcosa per dimostrare una propria tesi).
Il filo conduttore è lo sciopero degli autotrasportatori ed è probabilmente l’aspetto che colpisce l’immaginazione, ma è troppo esile per poter pensare ad una ripetizione della storia.
E’ vero che Monti subisce l’influenza straniera come Allende era prigioniero dei “consiglieri” cubani ed è ugualmente vero che le scelte di ambedue sono pesantemente punitive verso il Popolo.
Ma mentre Allende operava in un contesto ideologico che avrebbe portato il Cile alla deriva marxista con disastrose conseguenze mondiali e per questo subiva l’ostilità del mondo finanziario internazionale e dei governi democratici, Monti è stato mandato proprio per compiacere quel mondo finanziario che, oggi, tiene al laccio tutti i governi.
Sono comunque finiti i tempi degli interventi dei militari negli stati occidentali, anche perché le lobbies di potere hanno, oggi, i mezzi per occupare i palazzi del potere con altri metodi, più subdoli e persino creando un alone buonista attorno alle loro iniziative.
La questione, però, non è mal posta, soprattutto se, astraendoci dalle competizioni ideologiche, guardiamo al concreto delle attività che si devono svolgere per “far crescere” una nazione.
Dopo Allende il Cile fu governato per quasi venti anni da una giunta militare che portò a termine una profonda trasformazione dello stato, con riforme significative, come quella sulle pensioni, che hanno consentito al Cile di diventare la nazione più stabile e benestante del Sud America, nonostante abbia ricchezze immensamente inferiori a quelle di Argentina e Brasile.
Anche la costituzione cilena è frutto dell’opera della giunta militare e ha permesso stabilità politica e democratica alternanza quando, con un referendum, il popolo cileno mise fine, in modo incruento, al governo del Presidente Pinochet.
La domanda è: ci sarebbe stata la possibilità di fare quelle riforme con un governo che dovesse sottostare alle regole di un parlamento democratico ?
Certamente, nel 1973 in Cile l’alternativa non era un governo democratico, ma un governo minoritario in parlamento e sin troppo appiattito ( o suddito ...) sugli ambienti rivoluzionari comunisti cubani.
In Italia la situazione può considerarsi replicata con un Monti che più che Allende può interpretare il ruolo di Pinochet, quale presidente mai eletto e che, forzando il gioco dei rapporti elettorali per imporre riforme (di cui l’Italia ha comunque necessità) è estraneo ad uno specifico mandato popolare.
Il tema riguarda il concetto di democrazia nell’epoca contemporanea che, come abbiamo più volte scritto, non può essere sempre uguale nell’evolvere dei tempi.
Lo stallo che le lotte politiche provocano, impedisce di realizzare quei provvedimenti cui, una singola persona, può invece arrivare.
Ma le modalità con le quali tale persona arriva al ruolo decisionale sono molto importanti per impedire che una democrazia, già degenerata nell’oclocrazia, finisca in una tirannia.
La domanda è: meglio rinunciare (poco o tanto) al sistema democratico e vedere interventi coerenti e veloci, oppure meglio interventi più compromissori, più lenti, ma costruiti con il consenso democratico ?
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1 commento:
E' una domanda (quella tua finale) che lascia il tempo che trova e che allo stato attuale, può interessare solo noi poveri elettori creduloni. Costoro della democrazia ne fanno strame quando e come vogliono. E l'hanno già dimostrato. Basti pensare alla celebre frase di Nathan Rothschild sulla moneta:
"Datemi la possibilità di emettere la moneta di un Paese,
e non m’importerà chi farà le sue leggi”
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