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No alla deriva

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Diciamo NO alla deriva

21 agosto 2011

Festività soppresse

Se la manovra di agosto contiene tre punti assolutamente inaccettabili
- le addizionali irpef
- la conferma dell’aumento delle tasse sui risparmi dal 12,50 al 20%
- la conferma dell’aumento dei bolli sui depositi titoli in relazione alla quantità di titoli posseduti,
vi sono, come sempre accade, altri elementi condivisibili.
Tra i vari aspetti positivi (taglio di poltrone, tagli di trasferimenti, conferma di ticket che sensibilizzano contro l’abuso del ricorso alla farmacia) è sicuramente da annoverare la soppressione di tre giornate festive per il calendario statale: 25 aprile, 1°maggio e 2 giugno.
Ho dei dubbi che tale virtuoso proposito verrà confermato in sede definitiva vista la mobilitazione convergente di vari interessi, ma il decreto presenta tali soppressioni ed è opportuno dare atto al Governo Berlusconi di una scelta impopolare, politicamente scorretta, ma virtuosa e positiva.
La ragione posta a fondamento di tale scelta è la necessità di non rallentare o fermare la produzione in tali giornate che, oltre alla singola giornata di pressochè totale astensione dal lavoro (quindi dal produrre beni o servizi con nocumento per il Pil nazionale) portano al corollario di furbeschi “ponti” per unire tali giornate ad un fine settimana (se non due) o al cronico assenteismo che segue sempre una giornata festiva.
Nessuno può contestare tale assunto.
Vero è che non si deve “vivere per lavorare”, bensì “lavorare per vivere”, ma le occasioni per riposarsi, per alternare adeguatamente i tempi del lavoro con quelli del riposo e dedicati a noi stessi ed ai nostri piaceri, restano comunque tanti.
Dalle domeniche alle festività religiose (che meritano un paragrafo a parte), fino alle ferie che, inevitabilmente, troveranno un incremento esattamente come avvenne nel 1977 quando per la prima volta furono soppresse sette festività infrasettimanali.
Francamente preferisco decidere io quando fissare una giornata di vacanza, piuttosto che vedermela imporre dal calendario, magari n base alle impostazioni ideologiche altrui che spesso non si condividono.
E se le festività soppresse diventano giornate di ferie in base alle scelte individuali la produzione non viene sospesa, bensì continua grazie ai turni tra colleghi che consentono a rotazione ad alcuni di riposarsi con le vacanze, mentre altri continuano l’attività.
Ma, qualcuno dice, il turismo subisce danni.
Probabile che vi sia una contrazione, ma recuperabile con l’aumento delle giornate di ferie a disposizione dei singoli che, anzi, potrebbero consentire di spalmare su un periodo più lungo le presenze.
Il vero punto dolente (per i talebani del politicamente corretto) sulla decisa soppressione è di chiara marca ideologica.
La sollevazione contro le odierne soppressioni è infatti capeggiata dagli irriducibili dell’antifascismo e del sindacalismo ottocentesco che vedono, ancora oggi, in quelle ricorrenze un momento da celebrare e di loro esclusiva pertinenza (come dimostrano i ripetuti fischi che – meritatamente – hanno accolto in passato gli esponenti del Centro Destra che – stoltamente – si intestardivano a partecipare alle relative manifestazioni).
E’ la dimostrazione (se mai qualcuno ne avesse avuto bisogno) di quanto tali date siano una scelta di parte e mai, in nessun caso, possano essere rappresentativi di quella Festa Nazionale condivisa e condivisibile che l’Italia non ha.
Del resto se il 4 novembre, già “soppresso” nel 1977, si celebra alla domenica, perchè altrettanto non dovrebbe essere fatto per tali date ?
Insorgono anche i fondamentalisti del laicismo che vorrebbero vedere eliminate anche le festività religiose.
A parte gli accordi concordatari (ma un trattato come lo si è sottoscritto così lo si può denunciare e modificare) mi sembra strumentale la posizione di chi da un lato sostiene il “diritto” degli immigrati alle loro celebrazioni religiose e dall’altro vorrebbe sopprimere le festività religiose della nostra Tradizione.
A maggior ragione se consideriamo che quasi tutte le festività religiose della Tradizione Cristiana (a parte Pasqua che, comunque, è sempre alla domenica) sono nate su più antiche Tradizioni Pagane, quindi appartengono senza alcun dubbio alle nostre Radici, al nostro essere più intimo e ancestrale.
Ecco perchè Natale, Ferragosto, primo gennaio devono restare, mentre 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno possono anche essere spostati alla domenica in cambio di tre giorni in più che, a nostra scelta individuale, potranno essere utilizzate in accordo con i propri Colleghi e nel rispetto del mantenimento del livello produttivo.
Ma dubito che il Governo resisterà su questa linea virtuosa ... intanto comunque si è infranto un tabù, il risultato arriverà con la prossima occasione.



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