Con tutti i problemi che si dovrebbero affrontare in Italia, a cominciare dalla riduzione massiccia
della spesa e del debito pubblico, Napolitano cerca di stornare
l'attenzione, tenuta viva da Di Pietro, dalla strana vicenda delle
trattative tra stato e mafia reclamando stizzito una nuova legge
elettorale.
Sembra che senza una nuova legge
elettorale non si possa votare oggi o nel 2013.
A metà agosto, allora, salpiamo per un
accademico excursus sulla legge elettorale, tanto per parlare d'altro
che non la necessità di impedire la metastasi degenerativa che
subirebbe l'Italia ove la triade Bersani-Casini-Vendola andasse al
governo.
Del resto la legge elettorale non è
neutra o ininfluente sul risultato finale e neppure sulle scelte
individuali.
Doverose sono due premesse.
La prima è che qualsiasi legge
elettorale rischia di essere inficiata dal permanere di una
costituzione superata, scritta nel 1946-1948 da un gruppo di reduci
dell'Italia prefascista, sconfitti dal Fascismo nel 1922, occupati
dalle truppe AngloAmericane nel 1943-1945 e quindi propensi ad
impedire che si potesse governare la nazione nel timore
dell'affacciarsi di un novello Duce.
Come nel costruire una casa si deve
iniziare dalle fondamenta, così per uno stato bisogna iniziare nel
codificare in costituzione principi, valori e regole adatte e
adattabili velocemente al mutare delle epoche.
In questo senso ha ragione Alfano
quando chiede la riforma in senso presidenzialista della repubblica
che, poi, è quello che noi di Destra chiediamo sin dagli anni
sessanta.
La seconda, doverosa, premessa è che
io sono per il maggioritario secco, uninominale all'inglese:
divisione del territorio in collegi e in ogni collegio vince chi
prende anche un solo voto in più del secondo.
L'Italia, invece, proprio per le scelte
da burocrati pusillanimi dei costituenti, ha utilizzato per 49 anni un proporzionale
appena scalfito dal sistema di attribuzione dei seggi.
Quando nel 1953 De Gasperi, l'unico
vero statista del primo dopoguerra (dopo di lui citerei solo
Andreotti e Berlusconi, ma unicamente perchè Almirante non ha avuto alcuna
possibilità di governo ...) tentò di correggere l'errore cui anche
lui fu indotto dall'inciucio con socialisti e comunisti, la campagna
demonizzatrice, abitudine inveterata della sinistra contro tutti
coloro che la ostacolano, fece fallire il tentativo del
maggioritario e, così, finita l'epoca d'oro della ricostruzione
fondata sui governi centristi, iniziò lo sperpero del centro
sinistra e l'aumento della spesa pubblica indotta dai ricatti anche
di piccole clientele che, con il proporzionale, potevano far cadere
ogni governo.
Un governo ogni quattro mesi era la
media del proporzionale della prima repubblica, che obbligò a
continui compromessi (che scontiamo oggi nel bilancio dello stato)
tra i maggiori partiti: democristiani, comunisti e socialisti (non a
caso oggi in gran parte uniti nel pci/pds/ds/pd o pronti ad abbracciare questo partito).
Fino alle elezioni del 1994 si votò
quindi per circoscrizioni o collegi senatoriali, con attribuzione dei
seggi in base ai quorum "pieni" e relativi resti.
Nel 1994 fu introdotto un maggioritario
parziale.
A seguito di un referendum abrogativo,
il parlamento fu costretto a inventarsi una nuova legge che prevedeva
i tre quarti dei seggi attribuiti con il maggioritario all'inglese e
il restante con il proporzionale.
Una legge così fu fortemente voluta da
Achille Ochetto allora capo dei comunisti, nella convinzione che
sarebbe stata funzionale al trionfo della sua "gioiosa macchina
da guerra".
Ma un certo Silvio Berlusconi scese in
campo e rovinò i progetti dei comunisti – che non glielo
perdonarono mai – anche se il suo governo fu costretto alle
dimissioni dopo pochi mesi visto che la maggioranza, sia pur con meno
partiti, era sempre legata alla volontà di ciascuno di loro.
Nel 1996 si votò nuovamente e vinse la
sinistra, conquistando con il maggioritario una netta maggioranza parlamentare ma non popolare,
peraltro frazionata la proprio interno e, soprattutto, propiziata
dalla divisione nel campo del Centro Destra.
Tutti, infatti, lamentano che la corsa
solitaria della Lega regalò la maggioranza ai comunisti, ma è
opportuno ricordare che anche l'errore di Berlusconi, indotto dal
solito Fini, a rifiutare alleanze con la Fiamma Tricolore di Rauti,
fece perdere quei collegi che sarebbero stati sufficienti per
conseguire la maggioranza parlamentare.
Capita la lezione, nel 2001 il Centro
Destra ottenne una netta maggioranza, purtroppo condizionata dalla
presenza dell'Udc di Casini, come nel 2008 fu condizionata dalla
inaffidabilità di Fini e dei suoi (da annotare per un futuro post: dopo la vittoria del 1994 a mettere i bastoni tra le ruote di Berlusconi fu l'alleato Bossi/Lega Nord; nel 2001-2006 fu l'alleato Casini/Udc; nel 2008-2011 fu l'alleato Fini. Probabilmente ha ragione il Cavaliere quando chiede non solo di cambiare la costituzione, ma anche di consentirgli di governare da solo con la maggioranza assoluta senza doversi compromettere con le alleanza. Insomma, come si governa, con efficienza e produttività, un consiglio di amministrazione).
Nel 2006 cambiò il sistema per andare
incontro alle velleità proporzionaliste di Casini e venne redatto il
cosiddetto "porcellum" che tale, peraltro non è o, se lo
è, lo è per colpa di Ciampi che impose i collegi regionali al
senato e per la mancanza di una norma che dichiari decaduti i
parlamentari che, eletti in una coalizione, la tradiscano.
Le elezioni furono vinte dalla sinistra
con fortissimi dubbi mai risolti sugli scrutini (determinanti) in
alcune regioni del sud, ma il suo governo ebbe vita breve per le
lacerazioni interne e la debolezza numerica al senato causata dalla
scelta ciampiana.
Probabilmente l'attuale sistema, con le
due correzioni indicate, sarebbe quello più adatto all'Italia.
Garantisce stabilità (con le due
correzioni ...) e governabilità consentendo un congruo premio di
maggioranza e cassando le velleità dei piccoli partiti con lo
sbarramento, consentendo peraltro agli elettori di votare il partito
più identitario e corrispondente alle proprie idee, senza indebolire
la complessiva coalizione di appartenenza.
Ma anche questo sitema non sembra
andare bene.
Gli "sherpa" dei partiti
stanno studiando "alta" ingegneria elettorale e, come è
ovvio e naturale, ciascuno punta al sistema che, sulla carta,
favorirebbe la propria parte politica.
I comunisti vorrebbero il maggioritario
con doppio turno oppure un proporzionale in collegi separati tipo
provinciali con premio di maggioranza alla coalizione e senza
preferenze, mentre il PdL punta alle preferenze anche come strumento
per aumentare la capacità di propaganda e con premio di maggioranza
per il primo partito.
Il motivo è sotto gli occhi di tutti.
Stando ai sondaggi attuali la
coalizione Bersani-Casini-Vendola otterrebbe la maggioranza, mentre
il PdL può sperare, con una buona campagna elettorale, di recuperare
gli astensionisti e di ridiventare il primo partito.
In ambedue i casi, però, sarebbe solo
una pezza che dovrebbe essere rivista per il futuro, non garantendo
quindi quella stabilità e univocità di indirizzo di cui l'Italia ha
bisogno.
Non si può peraltro chiedere ai
partiti di suicidarsi e quindi aspettiamo quel che verrà e che
prescinde dai nostri auspici.
E' evidente peraltro che il sistema
elettorale che sarà votato influirà direttamente sulle scelte di
ciascuno di noi.
Se rimarrà l'attuale sistema o venisse
parzialmente modificato mantenendo comunque il premio alla
coalizione, è probabile che il Centro Destra faccia di necessità virtù e trovi il modo per
tornare a coalizzarsi nel tentativo di fermare la sinistra metastasi.
Presumibilmente quindi, all'interno
della stessa coalizione e con la medesima opportunità di sostenere
un unico fine (sbarrare il cammino a Bersani-Casini-Vendola) si potrà
scegliere tra il PdL (o come si chiamerà dopo la cura ricostituente
cui sarà sicuramente sottoposto), la Lega, La Destra e, magari,
Forza Nuova e numerose altre liste civiche e/o civetta.
Il voto sarebbe più "facile",
perchè consentirebbe a ciascuno di noi di esprimersi con "il
cuore" senza venir meno alla "ragione".
Se avremo un sistema elettorale più
orientato al proporzionale con premio al partito e con uno
sbarramento feroce, le scelte si restringeranno drasticamente,
probabilmente fino ad una sola: il partito che più potrebbe
raccogliere voti e sbarrare la strada al primato dei comunisti.
Senza alcuna altra opzione alternativa.
Magari sperando che, per calcolo
elettorale, quel partito inglobi movimenti e partiti minori, tra i
quali quelli a noi più affini.
In base a quel che si legge sui
giornali le due opzioni sono quelle sul tavolo e non ne sussitono altre, per cui è inutile ipotizzare scenari "altri".
Dobbiamo quindi aspettare per vedere
cosa salterà fuori dalla fantasia degli ingegneri elettorali dei
partiti, per riprendere il discorso sul "chi" votare, fermo
restando che se vogliamo evitare la metastasi degenerativa della
triade Bersani-Casini-Vendola, dovremo scegliere chiunque potrà
meglio sbarrare loro la strada.
Entra ne
Nessun commento:
Posta un commento