Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

Web blacknights1.blogspot.com
penadimorte.blogspot.com svulazen.blogspot.com
Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

06 febbraio 2008

Quos vult perdere Iupiter dementat prius

Ancora una volta ricorro a questa semplice, chiara frase in latino per denunciare la vena di follia che, sciolte le camere, pervade alcuni colonnelli e loro supporters nella Casa delle Libertà.
A.N., Lega e Udc (ma è rimasto qualcuno lì ?) stanno esercitando pressing sul Presidente Berlusconi perché escluda dalla Coalizione le liste cosiddette minori nel nome di non si sa bene quale “chiarezza”.
E’ evidente il ragionamento che sta alla base dell’arrogante richiesta: poiché vinceremo, perché spartire i seggi anche con chi, da solo, non raggiungerebbe alcun risultato ?
E’ allora opportuno rinfrescare la memoria.
1996. Gianfranco Fini, reduce dalla costituzione di An e dalla scissione della Fiamma Tricolore a quel tempo guidata da Rauti, pone il veto ad ogni accordo con tale partito.
L’alleanza, già priva della Lega, perde cinquanta e più collegi per i voti conquistati dalla Fiamma e il veto di Fini consegna l’Italia a cinque anni di Prodi, D’alema e Amato.
2006. La storia si ripete. Ancora una volta Gianfranco Fini pone il veto all’alleanza con la lista siciliana di Musumeci che conquista 36mila voti. La CdL perde (in base agli scrutini ufficiali) per 24mila voti.
2006. Anche Bossi ci mette del suo ponendo il veto ad ogni accordo con la lista Panto nel Veneto che conquista 90mila voti, impedendo il premio aggiuntivo di maggioranza al senato e facendo perdere, per 24mila voti la Camera.
Fini e soci credono forse alle parole biforcute di Veltroni che non farà alleanze ?
Dimostrerebbero una ingenuità che rasenterebbe la coglioneria.
La scusa del “programma” è lì, apposta, per consentire l’ingresso di qualche listino minore.
E, ancora una volta, ci soccorre il passato, il 2001, quando, nonostante le apparenti divisioni, Rifondazione Comunista attuò una desistenza unilaterale nei confronti del listone di sinistra al senato.
Unilaterale fino ad un certo punto, visto che è andata puntualmente all’incasso con l’elezione di Bertinotti a presidente della camera nella legislatura testè conclusa.
Non bisogna farsi ingannare dalle dichiarazioni di un lupo (anche se malconcio) che parla da agnello e non bisogna vendere la pelle dell’orso prima di averlo abbattuto.
Si vince aggregando il maggior numero di istanze e di rappresentanze della società.
Si perde imponendo veti.
Le elezioni può perderle solo la CdL se farà errori come quelli a cui Fini, Bossi e Casini stanno cercando di istigare il Presidente Berlusconi.
Il Presidente Berlusconi non può e non deve accettare veti da chicchessia, anche perché nel momento in cui Fini e Casini partirono per la loro crociata antiberlusconiana, proprio dai partiti minori della Coalizione, da Giovanardi a Storace, dai Pensionati a Rotondi, gli venne il maggior sostegno e e solidarietà.
Diverso il discorso per Mastella e Dini (accoglierei entrambi) che devono però farsi perdonare il loro apporto a Prodi nel 2006.
Per loro, come per tutti, si apre il discorso del programma.
I famosi “15 punti” che erano stati enunciati dal Giornale per quella pazza idea di alleanza con il pci/pds/ds/pd potrebbero essere una buona base di partenza e, per evitare che si tratti di un diktat, si potrebbe pensare ad una sottoscrizione di almeno 10 punti su 15.
Chi sottoscrive 10 punti su 15 entra nella Coalizione rimanendo libero di agire in relazione a quei punti non sottoscritti.
Il programma, non veti o pregiudiziali, è lo spartiacque per entrare nella Coalizione o restarne fuori.
Diversamente sapremmo che Giove ha fatto impazzire Fini e soci perché li vuole distruggere.

Entra ne

05 febbraio 2008

Ciak, si vota

Le paludate liturgie quirinalizie per arrivare al traguardo che il Presidente Berlusconi ha da mesi indicato come l’unico possibile, sono state avviate e già stasera potrebbe esserci il decreto di scioglimento del parlamento e l’indizione di elezioni.
Tutti parlano del 13 aprile come la data più probabile e, poiché la fantasia latita nei vecchi funzionari della politica, è quasi certo che la campagna elettorale durerà 68 giorni, quasi il massimo consentito.
Probabile che ci sia la segreta speranza nella sinistra che in tutto questo tempo accada qualcosa che possa permettere un insperato e al momento improbabile recupero.
Tecnicamente si potrebbe votare già il 23 marzo, ma è Pasqua.
Ma perché non votare il 30 marzo ?
O il 6 aprile ?
La sinistra, con il gioco del rinvio dell’esecuzione, spera, ma rischia di peggiorare la sua situazione visto che oggi sono usciti i dati dell’inflazione a gennaio: 2,9%, il più alto dal 2001 (data di inizio del Governo Berlusconi).
Così se aggiungiamo all’inflazione in crescita, gli stipendi in calo ( nel 2001 quando il Presidente Berlusconi prese nelle sue mani il governo, la pressione fiscale era pari al 41,2% del Pil, nel 2006, quando le torbide vicende degli scrutini lo costrinsero a lasciare Palazzo Chigi era scesa al 40,6, oggi, dopo soli due anni di sinistra al governo è risalita al 42,3%) vediamo come il fallimento di Prodi sia quello di tutta la sinistra che osa riproporre gli uomini del dissesto anche in questa tornata elettorale.
Allora non metterei la mano sul fuoco che sia una astuzia volpina quella di rinviare le elezioni alla data più lontana.
Ma quel che è importante è che si voti, finalmente.
Una grande Coalizione per la Libertà, una grande forza che possa conquistare il maggior numero di voti e di seggi, rappresentando il maggior numero di Italiani e di correnti ideali, tutte unite da un progetto di rinnovamento e di progresso che è incarnato dall’unico Statista di rango che esiste in Italia: Silvio Berlusconi.
Le 37 Riforme che il Governo Berlusconi aveva realizzato nel quinquennio 2001-2006 dovranno essere ripristinate nella loro formula originaria e portate a compimento con quella “fase due” che si sarebbe realizzata nel secondo quinquennio di Governo di Centro Destra.
Non sarà facile, anche perché per colpa di Prodi e della sinistra la situazione si è deteriorata.
Un primo passo importante sarebbe la cancellazione di tutto ciò che ha legiferato Prodi, con una semplicissima leggina di due righe:
Sono abrogate tutte le disposizioni di legge approvate dal parlamento della XV legislatura e ripristinate le leggi precedentemente in vigore”.
In un colpo solo si ripartirebbe da dove avevamo lasciato, attribuendo alla legislatura di Prodi l’importanza che merita: zero.

Entra ne

04 febbraio 2008

Primo: non fare/dire sciocchezze

Le imminenti elezioni politiche hanno ottime possibilità di essere vinte dal Centro Destra che potrà così ripristinare il senso di un governo per le riforme e per la rinascita nazionale, riprendendo il filo del discorso interrotto il 10 aprile 2006.
Per vincere, però, è necessario evitare dichiarazioni e comportamenti da Tafazzi.
Come quelli apparsi oggi sulla stampa.
Il Giornale , ahimè, ha sparato in prima pagina una pazza idea che sono certo sia solo il frutto di una spiata carpita male.
Sarebbe stato attribuito al Presidente Berlusconi la boutade di una coalizione elettorale con il pci/pds/ds/pd su “15 punti”.
Questo è uno degli errori che potrebbero costare la vittoria al Centro Destra.
Sempre oggi leggo che Fini – ancora lui ! – con il malcelato intento di una squallida vendetta personale contro Storace, vorrebbe che la Casa delle Libertà si presentasse “senza cespugli”, a quattro partiti: Forza Italia, Lega, A.N. e Udc.
Altro errore che potrebbe costare la vittoria, perché i “cespugli” non solo non starebbero a guardare, ma acquisterebbero simpatie e voti, a cominciare dal mio.
Pur essendomi infatti preiscritto al Popolo delle Libertà, la scelta di abbandonare i partiti minori cui deve essere riconosciuta pari dignità e peso proporzionale ai voti che prenderanno, mi porterebbe a votare per La Destra di Storace.
Il terzo errore di oggi proviene dall’Udc, con Cesa che dichiara che sono rientrati ma non da subordinati e che la questione della leadership è aperta, riproponendo la polemica insulsa contro il Presidente Berlusconi unico Leader del Centro Destra.
Attenzione signori: si fa presto a perdere voti con simili comportamenti.
I comunisti si combattono, non ci si allea con loro.
La legge elettorale vigente premia la coalizione in cui tutti portano il loro contributo in situazione di pari dignità.
Berlusconi è l’unico Leader della Coalizione che possa tenerla assieme.
Invece di sparare simili sciocchezze, pensate ad attaccare la sinistra, a tenere vivo nella mente degli Italiani il fallimento della “felicità” promessa da Prodi che si è tradotta in miseria, tasse, insicurezza, perdita di competitività, rifiuti per le strade, sbeffeggiamenti da tutto il mondo.

Entra ne

03 febbraio 2008

Ultimo treno per il futuro

Le imminenti elezioni politiche sono l’ultimo treno per il futuro che l’Italia possa prendere.
Le sclerosi che il nostro sistema politico, economico e sociale ha manifestato, evidenziatesi nel quinquennio di Governo Berlusconi con una strenua resistenza al cambiamento e nel biennio di regressione prodiana con il ritorno in auge di consorterie e clientele varie, rappresentano il cancro che compromette la salute ed il futuro della nostra Patria e di tutti noi.
La sinistra italiana, che non ha saputo rinnovarsi, ma solo unire ai suoi estremismi ideologici (statalismo, ecoambientalismo, socialismo, elevazione a diritto di ogni capriccio e vizio particolare, soffocamento della libertà individuale sacrificata al moloch stato) le peggiori usanze del sistema di potere democristiano (clientele, spartizioni delle nomine, uso degli enti pubblici come la rai per fini di privata propaganda) di cui ha assorbito la parte peggiore, quella di sinistra, da sempre aliena da ogni visione o progetto innovativo.
Il fallimento della sinistra di governo non deriva dalla esiguità di una vittoria che personalmente continuo a ritenere scippata al Centro Destra durante la notte degli scrutini , ma è esclusivamente ed interamente attribuibile alla incapacità di progettare un futuro integrato nel mondo globale e proiettato verso il benessere e la sicurezza per tutti.
Anzi, l’esiguità del margine ci ha consentito di porre fine anticipatamente ad una legislatura che avrebbe servito meglio gli interessi nazionali se, con Berlusconi al comando, avesse completato le Riforme impostate nel quinquennio 2001-2006 e ci consegna una opportunità di cambiamento, riprendendo il filo di un discorso interrotto il 10 aprile 2006.
Se, come spero, l’esplorazione di Marini si rivelerà infruttuosa, allora noi Italiani, riprendendo in mano il pallino della Sovranità da esercitare con il voto, avremo la possibilità di far ripartire la nave Italia verso l’oceano aperto, attrezzandoci per tale navigazione, o scegliere di restare sotto costa, finchè un colpo di vento un po’ più forte del solito, ci farà rovinosamente sfasciare contro qualche scoglio e “a ritroso degli anni e dei fati” riportarci “ai prischi dolor”.
Ogni cambiamento, ogni innovazione, non è priva di sofferenze e di contrasti, ma quel che è importante è che non si ricerchino soluzioni di compromesso, edulcorando riforme necessarie, solo per accontentare questa o quella esigenza, spesso di carattere clientelare.
Si prenda un indirizzo e lo si persegua con determinazione, legittimando chi non lo condivide a opporvisi, ma non a cercare soluzioni di compromessi.
La prossima legislatura, che dovrebbe essere eletta con l’attuale sistema elettorale, ha la opportunità di essere una legislatura di rifondazione e costituente, che abbandoni la schiavitù di una carta costituzionale redatta all’indomani di una sconfitta bellica, in un mondo che non esiste più.
La prossima legislatura, eletta con l’attuale legge elettorale, consentirà una rappresentanza ad ogni corrente ideologica presente in Italia e questo permetterà di realizzare la nuova costituzione con la partecipazione di tutti, ma con un voto a maggioranza, una maggioranza che potrà costituirsi in parlamento e che potrà tranquillamente essere diversa da quella che, nel frattempo, dovrà governarci, impostando le riforme necessarie a competere con le altri grandi nazioni del mondo che sono quelle a cui dobbiamo guardare e con cui dobbiamo confrontarci.
Le elezioni anticipate rappresentano l’ultimo treno che possiamo prendere per recuperare il terreno perduto in questi due anni e riagganciare il convoglio di testa del mondo.
Votare e votare per il Centro Destra significa saltare su quel treno guardando al futuro, con un progetto di ampio respiro.
Votare a sinistra, votare per chi ci ha depresso in soli due anni, per chi ha fatto deflagrare tutti i problemi senza risolverne uno, votare per chi ha aumentato di due punti la pressione fiscale riducendo le nostre buste paga, significherebbe gettare al vento la grande opportunità che lo scioglimento anticipato della legislatura, che arriva come una manna dal cielo e magari proprio come un segno di benevolenza degli dei, fornisce, soprattutto a chi nel 2006 votò in buona fede, pur essendone stato avvisato, contro il proprio interesse, la possibilità per rimediare all’errore compiuto e per redimersi diventando parte attiva della rinascita italiana.

Entra ne

01 febbraio 2008

Cronache marziane

Se un marziano atterrasse in Italia, invece di preferire sempre qualche sperduta cittadina negli Stati Uniti o nella campagna inglese, penserebbe di non essere mai partito da casa.
Dopo aver gridato ai 4 venti che dopo Prodi c’era solo il voto, la sinistra cerca con ogni mezzo di evitare quel bagno elettorale che riporterebbe il Presidente Berlusconi al potere (con buona pace dell’Ecomunist: sì, gli Italiani, quelli veri, lo rivogliono a Palazzo Chigi perché il suo sostituto è stato una frana totale).
Ecco allora ingegnarsi in ogni modo per circuire il Centro Destra.
Governicchi, larghe intese, grandi inciuci, sistemi tedesco, francese, spagnolo, sembra la riedizione del “Franza o Spagna purchè se magna” che, tradotto in sinistrese, significa: purchè si continui a magnà.
Le alchimie che si vanno ad inventare quotidianamente sono degne dei più perversi ragionamenti levantini di Moro e si avvicinano pericolosamente alle perfide astuzie di Andreotti.
Marini, incaricato da Napolitano, ha infatti chiesto l’astensione al Centro Destra per varare il governo e la riforma elettorale.
Un misto tra le esiziali “convergenze parallele” di morotea memoria e il nefasto “governo della non sfiducia” di Andreotti ai tempi del rapimento Moro.
D’alema, per parte sua, si inventa: prima il voto referendario, facendo leva sul talebanismo maggioritarioperaltro estraneo alla nostra cultura – anche di taluni settori del Centro Destra che hanno sostenuto la raccolta di firme, dimenticando che proprio lo strumento delle elezioni anticipate fu utilizzato da Andreotti per rinviare referendum.
D’alema, adesso, si propone il contario: il referendum per rinviare le elezioni.
Marziana anche la scelta di Napolitano di incaricare Marini per un governo di scopo.
E marziana la scelta di Marini di consultare anche la più piccola associazione per ottenere consensi al suo tentativo ed esercitare pressioni psicologiche sul Presidente Berlusconi.
Nel frattempo un governo sfiduciato sospende Cuffaro che due giorni prima si era già autonomamente dimesso da Presidente della Giunta Siciliana (dimostrandosi migliore dei vari Prodi e Bassolino, abbarbicati sulle loro poltrone).
E mentre anche i sondaggi commissionati da giornali ostili al Centro Destra prefigurano una grande vittoria per la Casa delle Libertà, smentendo il luogo comune che l’attuale legge elettorale crei ingovernabilità, la Campania continua ad essere invasa dai rifiuti e Alitalia continua a perdere denaro, accumulando anche cause in tribunale per il modo, alquanto ambiguo, con il quale è stata decisa (ma non ancora definita) la sua vendita ad Air France con trattativa privata e affondamento di Malpensa.
Caro Marziano, se proprio vuoi delle cronache marziane, meglio quelle del tuo pianeta, almeno sono storie fantastiche, quelle italiane solo solo squallide manfrine da piccoli teatranti della politica.

Entra ne

31 gennaio 2008

Ultima spiaggia democristiana per il pci/pds/ds/pd

Quando si dice la nemesi.
Gli ultimi residuati democristiani di sinistra, quelli che hanno tradito anni di solenni impegni anticomunisti aprendo una falla nella famosa diga e portando i comunisti al governo, sono stati divorati dall’organizzatissimo partito comunista, anche se nelle dimensioni ridotte in cui si è gradualmente trasformato da pci in pds e ds, ora chiamato pd.
L’abbattimento di Prodi ha però messo nei guai i comunisti di osservanza veltroniana che non hanno saputo far di meglio che indurre il loro vecchio compagno temporaneamente al Quirinale a incaricare un vecchio lupo democristiano.
Sembra una riedizione del Graecia capta feros victores coepit, con i democristiani di sinistra nella parte della Grecia (con tutte le scuse all’antica civiltà Greca per un simile, azzardato accostamento) e con i comunisti di osservanza veltroniana in quella dei “feros victores” (anche qui con ogni scusa per l’indegno accostamento ai nostri Antichi Romani).
Marini che dichiara che cerca un largo consenso e noi ci domandiamo se li legge i giornali dove gli esponenti del Centro Destra hanno chiaramente respinto l’ipotesi di un governicchio di larghe intese.
O forse pensa che nel Centro Destra facciano come a sinistra: dicano una cosa per poi farne un’altra (Veltroni che si ritira in Africa, Veltroni che porterà il pci/pds/ds/pd a correre da solo, dopo Prodi solo il voto …).
Intanto la manfrina, la perdita di tempo continua con nuove consultazioni e riflessioni.
Bene fa la Lega a non andare da Marini e altrettanto avrebbero docuto decidere gli altri partiti della Casa delle Libertà, anche per accelerare i tempi delle decisioni del presidente incaricato.
Intanto persino un settimanale di sinistra come l’Espresso commissiona un sondaggio che vede il Centro Destra in netto vantaggio 58 a 42 .
Un risultato che, oltre a spiegare meglio di qualsiasi arrampicata verbale sugli specchi di Napolitano e Marini perché cercano disperatamente di non andare al voto, smaschera anche l’ultima mistificazione della sinistra, aggrappata alla favola che vorrebbe qualsiasi risultato ricreare una situazione di stallo.
Con quei numeri il Centro Destra vincerebbe alla grande, dimostrando altresì la bontà del sistema elettorale vigente.
E allora si continui ad esercitare ogni pressione perché la parola sia restituita, subito, a chi detiene la Sovranità, al Popolo che non deve esserne espropriato dalle consorterie di vertice tra la casta e i poteri forti.
Se necessario con una poderosa manifestazione a Roma che veda arrivare cittadini da tutta Italia, in una giornata che sia di festa e di pacifica rivoluzione per la libertà e per il voto.


Entra ne

30 gennaio 2008

Missione possibile: pensionare anche Marini

Con una decisione che, a dispetto delle sedute di riflessione presidenziali, era stata ampiamente annunciata dai quotidiani dei poteri forti, Napolitano ha incaricato Marini di costituire uno straccio di governo per tirare a campare, sperando in tempi migliori per la sinistra, mascherato da governo delle riforme.
Le prime risposte dei partiti del Centro Destra, della ricostituita Casa delle Libertà, è confortante: no.
Io non so come un Marini possa affrontare il nodo della riforma elettorale che vede divisa la stessa sinistra e allora è necessario dire con chiarezza che la scelta di Napolitano è solo uno squallido tentativo di rinviare il redde rationem e la batosta elettorale che si profila per i suoi compagni di sempre.
Alla faccia della imparzialità della presidenza della repubblica.
Cercano di far dimenticare Prodi, sperano che a livello internazionale accada un qualche evento prodigioso che risollevi miracolosamente anche le loro sorti elettorali.
Possono riuscirci solo se qualche esponente del Centro Destra si lasciasse abbindolare dalla loro sirena governativa (che può mettere sul piatto ben seicento nomine).
E’ invece possibile, così come è stato spedito Prodi a fare il nonno, fare altrettanto con Marini.
Il Centro Destra dovrà realizzare quel che fino ad ora ha solo ipotizzato, cioè una marcia su Roma di milioni di cittadini incazzati con la casta alleata dei poteri forti montezemoliani per chiedere la massima espressione di libertà e democrazia: il voto popolare e non gli accordi tra le consorterie di potere nei corridoi dei palazzi.
Nessuna tregua per Marini e per qualsiasi altro esponente della sinistra, con un’unica scelta disponibile: il voto.
Gli imbrogli di palazzo devono essere smascherati e abbattuti dalla reazione popolare che chiede
un governo vero,
un governo forte,
un governo solido,
un governo Berlusconi.
Marini non è il mio presidente.

Entra ne

29 gennaio 2008

Istruzioni per l'uso:rispettare la par condicio

Ho già avuto modo di citare l’ansiogena Emanuela Falcetti, conduttrice del programma radiofonico mattutino (dopo il Gr delle 6) “Istruzioni per l’uso”.
Anche se la trasmissione ha un pubblico di nicchia (e che magari farebbe volentieri a meno di esserlo, dal momento che si tratta di persone che per motivi vari a quell’ora sono già svegli e anche in movimento) pur tuttavia la trasmissione può incidere sul formarsi dei convincimenti individuali.
E finchè incide sul fatto di rispettare le disposizioni relative alla raccolta differenziata dei rifiuti o sulla conoscenza di nuove cure per malattie varie, si può considerare rispettata la funzione pubblica della radio di stato e anche il titolo della trasmissione stessa.
Ma quando la conduttrice si permette, ben spalleggiata da ospiti scelti, di fare propaganda politica, allora è doveroso chiedere che si applichi anche a lei quella par condicio che viene citata solo contro il Centro Destra.
La radio e la televisione di stato non devono sostenere tesi di parte.
Come al solito, con la sinistra al governo – ancorché abbattuto – si sono messe le mani su un qualcosa che appartiene a tutti, anche a quella maggioranza di Italiani che non votano a sinistra e che, pur tuttavia, pagano il canone.
Per tornare alla Falcetti, dopo che Prodi era stato impallinato – per sua stessa scelta – al senato, la conduttrice ha cercato di far passare il messaggio che la crisi di governo avrebbe impedito la realizzazione delle opere pubbliche, la conclusione dei contratti, la riduzione della tasse.
Dimenticando – ed è grave per un giornalista pubblico ancorché non dipendente ma con contratto di collaborazione – che le tasse sono alte perché Prodi, cioè l’impallinato, le ha aumentate, così come le opere pubbliche sono ferme perché l’impallinato con il suo governo ha preferito non procedere con i finanziamenti, preferendo iscrivere nel bilancio preventivo fondi per la rottamazione delle automobili.
Ma questa mattina la misura è stata ampiamente superata (e inviterei ad ascoltare la replica reperendola su radio rai dove dicono si possa riascoltare la trasmissione) con l’apporto di tal Trefiletti, segretario di una delle associazioni dei consumatori quotidianamente presenti a rotazione.
Costui – amichevolmente chiamato dalla Falcetti “trinariciuto”, ma le cui origini sono assolutamente pertinenti con tale definizione visto che proviene dai quadri della cgil – ha cominciato ad inveire contro chi era al governo al momento del passaggio dalla lira all’euro, specificando l’anno, 2002, e attribuendo ogni sorta di nefandezza economica e, soprattutto, la colpa delle ambasce cui si trovano molti Italiani in questi giorni.
Dichiarazioni che, nel silenzio evidentemente compiaciuto della conduttrice, appartengono alla pura propaganda politica.
Il tutto senza che la Falcetti (o qualche dirigente Rai) abbia pensato di bilanciare simili interventi con la presenza di personalità appartenenti al Centro Destra.
Ancora una volta la campagna elettorale del Centro Destra dovrà combattere anche contro quelle strutture statali che dovrebbero invece garantire equilibrio, par condicio e informazione, non propaganda.
Saperlo ci aiuta anche ad evitare errori di valutazioni sul nemico che ci accingiamo ad affrontare in una campagna elettorale che non potrà che essere “all’ultimo sangue.

Entra ne

28 gennaio 2008

L’unico atto responsabile è votare

Una tremebonda sinistra, che però non ha perso nulla della sua abituale boria e arroganza come attesta il discorso di D’alema di sabato, ha repentinamente cambiato idea e dopo le intemerate: se cade Prodi c’è solo il voto, si presenta ora dal Presidente Berlusconi per strappargli qualche mese in più di governo.
Naturalmente ammantano tutto ciò con il classico, fuorviante, insinuante e mistificante eloquio che fa perno sul presunto interesse nazionale (anche loro continuano a chiamarci “paese”).
Ma l’unico atto di responsabilità nazionale è votare, è votare per cancellare questa legislatura nata male, tra i dubbi di regolarità mai chiariti e con una maggioranza talmente risicata che il “tirare a campare” per 18 mesi ha prodotto danni incalcolabili e devastazioni sia nei valori economici assoluti che in quelli, più importanti, dei nostri bilanci personali e famigliari.
E’ comprensibile che la sinistra, che annusa aria di batosta elettorale, voglia rinviare il redde rationem il più a lungo possibile, sperando nella memoria corta degli Italiani, nel dimenticatoio in cui collocherà Prodi e, forse, anche nel più classico “aiutino”, quello togato.
Ma che senso ha rinviare le elezioni per fare quella legge elettorale che non sono riusciti a realizzare in 18 mesi ?
Ovviamente, a parte il mantenere la cadrega e raggiungere la pensione da parlamentari ?
Che senso ha quando davanti abbiamo scadenze rilevanti come la restituzione del maltolto negli stipendi degli Italiani con un serio programma di riduzione delle tasse, per tutti, come le nomine in importanti enti economici e, anche, la definizione della privatizzazione dell’Alitalia ?
Che senso ha fare, oggi, quel che la tracotanza della sinistra ha rifiutato l’11 aprile nonostante la disponibilità del Presidente Berlusconi ?
Non è vero che si debba andare ad un governo di larghe intese per “responsabilità”, perché essere responsabili significa affrontare l’emergenza in cui Prodi ha condotto l’Italia con un programma chiaro, definito, di legislatura e di prospettiva.
Un progetto, insomma, che riprenda quanto è stato realizzato nei cinque anni di Governo Berlusconi dal 2001 al 2006 e mi domando come la sinistra possa accettare tutto questo.
Meglio, molto meglio, andare subito al voto, ricostituire una maggioranza coesa di Centro Destra e affrontare i nodi lasciatici dall’incapacità di Prodi di governare, a cominciare dai 20 miliardi di euro che non ci sono per pagare la controriforma delle pensioni.
Andando al voto oggi, sarebbe possibile già a marzo !, vedremmo anche se Veltroni è diverso da Prodi e se mantiene quello che promette.
Ne dubitiamo, visti i precedenti (la sua partenza per l’Africa rimandata sine die) ma questa volta è troppo fresca e perentoria l’affermazione: con qualunque legge elettorale il pd andrà da solo alle elezioni, per poter pensare che faccia finta di niente.
Ma poiché sono magnanino, lascio una possibilità alla sinistra di risparmiarsi la batosta elettorale annunciata.
Si faccia il governo delle larghe intese, su un programma anche triennale per finire la legislatura, con tutte le riforme che devono essere fatte (giustizia, privatizzazione rai, riduzione delle tasse, inasprimento della Bossi Fini, riforma costituzionale …) ma con un governo a presidenza Berlusconi.
La sinistra ha sbagliato, ci ha danneggiati tutti, è giusto che la riparazione sia anche di carattere morale e le sue forche caudine sono votare la fiducia ad un governo presieduto da Silvio Berlusconi.
L’unica alternativa, la strada maestra, è però solo il voto, hic et nunc.

Entra ne

27 gennaio 2008

Quel che resta del '68

Ci siamo.
Il quarantennale dell’anno meno rivoluzionario del “periodo rivoluzionario” ma che, tuttavia, ha impresso il suo numero nella storia, è iniziato.
E non mi sottraggo al cimento, perché mi piace ricordare, perché il ’68 lo “odio per quel che ha prodotto, ma lo “amo per i ricordi indelebili della mia adolescenza.
Non mi sottraggo anche per le stesse ragioni che Marcello Veneziani, sempre più un grande interprete della mia generazione, espone nella “postilla fuori stagione” al suo ultimo saggio Rovesciare il ‘68” (Mondatori, 169 pagine, euro 17,00 … in questi giorni presso BOL o i negozi Mondatori sconto del 25%) che ho letto con passione e partecipazione (e consiglio a chi c’era e a chi non c’era).
“… lasciare una testimonianza che non tutti fummo come il tempo comandava, non tutti seguirono le stesse idee o la stessa mancanza di idee … “.
E siamo solo all’inizio, perché il ’68 non si può esaurire in breve, proprio perché non si conclude nell’ anno da cui prende il nome, ma prosegue oltre, per l’intero decennio successivo e oltre, almeno sino al yuppismo dei primi anni ottanta, quando calcavano la scena Craxi e De Mita.
Ancora una volta mi aiuta Veneziani a inquadrare la mia presenza nel ’68, io che in quell’anno avrei compiuto – il 31 dicembre – 12 anni e che, quindi, non feci “in tempo a viverlo per acerbi limiti d’età. Arrivammo a festa finita, e vivemmo tra i rottami, i fumi e le carcasse che avevano lasciato per terra”.
Avevo dunque appena compiuto 11 anni quando inizia il 1968, che sarebbe poi passato alla storia come l’anno della rivolta giovanile.
Da provinciali come siamo anche in Italia abbiamo santificato il ’68, quando però le vicende politiche per noi più rilevanti accaddero l’anno successivo.
Infatti il ’68 che ricordo, in prima battuta, riguarda il calcio.
Dopo l’umiliazione coreana ai mondiali inglesi del 1966, nel 1968 riuscimmo a risorgere vincendo, per la prima e unica volta nella storia del nostro calcio, il campionato europeo per nazioni, preludio dell’indimenticabile Italia – Germania 4 a 3 di due anni dopo in Messico.
Il 1968 fu anche anno di Olimpiadi e di elezioni, in Italia e negli Stati Uniti.
Olimpiadi, in Messico, caratterizzate da disordini sedati con il pugno di ferro dalla polizia e dall’esercito messicano che garantirono il regolare e tranquillo svolgimento dei giochi.
Ma caratterizzate anche dall’atteggiamento dimostrativo di due atleti negri degli Stati Uniti che, sul podio per la premiazione, al momento dell’alzabandiera e dell’Inno Nazionale salutarono con il pugno chiuso e, se ricordo bene, anche voltando le spalle alla loro Bandiera.
Era l’epoca della “Grande Società” del Presidente Lindon Barney Johnson, successore di Kennedy, erede anche del ginepraio vietnamita da cui non riuscì a districarsi ed a causa del quale rinunciò al ricandidarsi e fece perdere a novembre anche il suo vice Hubert Humphrey, contro un risorto Richard Nixon.
Famoso lo slogan nei campus universitari di quanti protestavano contro la guerra in Vietnam: ehi, ehi, LBJ, how many kids did you killed today ?
Elezioni americane che ebbero una grande copertura mediatica anche in Italia, ovviamente per i canoni di allora, grazie alla presenza del fratello di John Kennedy, Robert, assassinato a Los Angeles da un estremista siriano (era dell’anno precedente la famosa “guerra dei 6 giorni” quando in, appunto, sei giorni gli Israeliani mostrarono al mondo la loro netta superiorità militare sbaragliando l’attacco concentrico portato loro da Egitto, Siria e Giordania e occupando la Gerusalemme in mano araba, le alture strategiche del Golan e la Cisgiordania).
Mi ricordo che, come durante l’attuale fase delle primarie, i telegiornali davano una grande copertura alle vicende dei candidati democratici, Johnson vs. Kennedy, per poi arrivare a Humphrey, mentre dei Repubblicani si citavano appena i nomi con le percentuali ottenute e Richard Nixon stravinceva sul miliardario Nelson Rockfeller, mentre al terzo posto spuntava un attore semisconosciuto, Ronald Reagan.
Chissà che non ci sia qualche analogia con le elezioni del 2008, con Mc Cain nel ruolo di Nixon, il miliardario mormone Romney in quello di Rockfeller e … Huckabee (sostenuto dal grande “Walker Texas Ranger” al secolo Chuck Norris) come Reagan
Ed elezioni in Italia.
Ultime elezioni svoltesi alla scadenza regolare dei cinque anni di legislatura e prima legislatura a terminare anzitempo, nel 1972.
Per ritrovare una legislatura completa dovremo aspettare il 1987, quasi 20 anni dopo, come nel romanzo di Dumas.
Magari con elezioni nel 2008 si ricomincia da capo, mettendo la parola fine a 40 anni di convulsioni, per ricominciare a crescere.
E mi ricordo anche quelle elezioni, le prime che seguii (per forza, non c’erano alternative alle tribune politiche !) costantemente.
Presidente del consiglio era Aldo Moro, lento, noioso, contorto con i suoi ragionamenti levantini e i suoi bizantinismo lessicali (l’unico che quando parlava in televisione faceva sbuffare mio padre che, per professione, era abituato a parlare chiaro, in modo che capissero tutti) mentre brillante era il segretario della Democrazia Cristiana Mariano Rumor (mi ricordo ancora, nel 1972, un suo comizio a Bologna, da ministro degli interni, con un passaggio che approvai allora e che starebbe benissimo anche oggi. Parlando dei terroristi – era appena morto, per sua stessa mano, Feltrinelli sotto un traliccio – disse che il governo li avrebbe perseguiti “di covo in covo, di cantina in cantina, di traliccio in traliccio” … purtroppo furono solo parole).
Paludati gli altri, ivi incluso il segretario dell’MSI Arturo Nichelini, avvocato e moderato, che sarebbe deceduto l’anno successivo lasciando il posto all’indimenticabile Giorgio Almirante, il più grande oratore tra i politici italiani di ieri e di oggi.
Mi ricordo che, come sempre, al termine della campagna elettorale, l’ultima tribuna, ospitava il presidente del consiglio uscente e mia madre commentò: ecco, praticamente ci ha detto che tanto non cambia nulla e resterà ancora lui.
Moro (con Fanfani) fu il responsabile del primo centrosinistra organico, quello che, dopo l’appoggio esterno del 1962, sbarcò definitivamente i liberali di Malagodi dal governo per imbarcare i socialisti e le loro malefiche nazionalizzazioni (frutto anche della loro atavica e mai saziata fame di potere) preludio alla eterna crisi economica del sistema Italia.
Ma mia madre non ci azzeccò.
Dopo le elezioni, infatti, la DC diede il benservito a Moro, per incaricare Rumor.
Per il resto non cambiò nulla, se non il quadro generale in cui si doveva operare (e dici poco !).
In tempi di emergenza, la DC non era attrezzata ad affrontare i moti di piazza dell’anno successivo e mostrò tutta la debolezza di un partito unito dal potere, ma lacerato da divisioni insanabili tra i cattolici conservatori e quelli che oggi si autodefiniscono “cattolici adulti”, responsabili dell’ingresso al governo dei comunisti.
Per completare il quadro, Presidente della Repubblica era Giuseppe Saragat (famoso per le migliaia di telegrammi spediti e puntualmente letti al telegiornale e per aver istituito, secondo i maligni, l’ “alzabarbera” al Quirinale), premier inglese Harold Wilson, presidente francese Charles De Gaulle, Breznev dittatore sovietico e Papa Paolo VI.
Le elezioni del 1968 portarono anche, nel piccolo mondo delle scuole medie che frequentavo, il vento della politica.
La madre di un mio compagno di classe fu eletta alla camera, nelle liste del pci.
Nessuna posizione di rilievo, era abitudine del pci far eleggere a rotazione propri funzionari in modo che potessero, con una o due legislature, maturare la pensione da parlamentari e quindi lavorare per il partito con meno oneri per lo stesso e più per lo stato (il solito sistema di scaricare sul pubblico vicende private … nulla di nuovo sotto il sole).
Ma a noi ragazzini che avevamo il primo approccio con il mondo “dei grandi” sembrò qualcosa di importante.
E ci dividemmo.
A sinistra i seguaci del figlio della parlamentare comunista, uno dei quali soprannominammo “Mao”, a destra gli altri (ed io fui soprannominato per ripicca “Papadopulos” dal nome del Capo della Giunta Militare che l’anno prima aveva preso il potere in Grecia).
Nel frattempo cominciarono ad arrivare notizie di quel che accadeva in Francia, in Germania e negli Stati Uniti.
Ma, ormai, le vacanze incombevano.
E in pieno periodo di vacanze l'invasione della Cecoslovacchia ad opera delle truppe del Patto di Varsavia, per ricordarci - ma quando le menti sono chiuse anche quel fatto gravissimo passò senza incidere più di tanto - quanto infame sia il comunismo, portatore di miseria, terrore e morte.
A giugno i campionati europei di calcio (vinti, come ho già scritto) e poi le Olimpiadi in Messico ad ottobre.
Il ’68 italiano poteva attendere l’anno successivo per il suo inizio.

(1 - continua)

Entra ne