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No alla deriva

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27 gennaio 2008

Quel che resta del '68

Ci siamo.
Il quarantennale dell’anno meno rivoluzionario del “periodo rivoluzionario” ma che, tuttavia, ha impresso il suo numero nella storia, è iniziato.
E non mi sottraggo al cimento, perché mi piace ricordare, perché il ’68 lo “odio per quel che ha prodotto, ma lo “amo per i ricordi indelebili della mia adolescenza.
Non mi sottraggo anche per le stesse ragioni che Marcello Veneziani, sempre più un grande interprete della mia generazione, espone nella “postilla fuori stagione” al suo ultimo saggio Rovesciare il ‘68” (Mondatori, 169 pagine, euro 17,00 … in questi giorni presso BOL o i negozi Mondatori sconto del 25%) che ho letto con passione e partecipazione (e consiglio a chi c’era e a chi non c’era).
“… lasciare una testimonianza che non tutti fummo come il tempo comandava, non tutti seguirono le stesse idee o la stessa mancanza di idee … “.
E siamo solo all’inizio, perché il ’68 non si può esaurire in breve, proprio perché non si conclude nell’ anno da cui prende il nome, ma prosegue oltre, per l’intero decennio successivo e oltre, almeno sino al yuppismo dei primi anni ottanta, quando calcavano la scena Craxi e De Mita.
Ancora una volta mi aiuta Veneziani a inquadrare la mia presenza nel ’68, io che in quell’anno avrei compiuto – il 31 dicembre – 12 anni e che, quindi, non feci “in tempo a viverlo per acerbi limiti d’età. Arrivammo a festa finita, e vivemmo tra i rottami, i fumi e le carcasse che avevano lasciato per terra”.
Avevo dunque appena compiuto 11 anni quando inizia il 1968, che sarebbe poi passato alla storia come l’anno della rivolta giovanile.
Da provinciali come siamo anche in Italia abbiamo santificato il ’68, quando però le vicende politiche per noi più rilevanti accaddero l’anno successivo.
Infatti il ’68 che ricordo, in prima battuta, riguarda il calcio.
Dopo l’umiliazione coreana ai mondiali inglesi del 1966, nel 1968 riuscimmo a risorgere vincendo, per la prima e unica volta nella storia del nostro calcio, il campionato europeo per nazioni, preludio dell’indimenticabile Italia – Germania 4 a 3 di due anni dopo in Messico.
Il 1968 fu anche anno di Olimpiadi e di elezioni, in Italia e negli Stati Uniti.
Olimpiadi, in Messico, caratterizzate da disordini sedati con il pugno di ferro dalla polizia e dall’esercito messicano che garantirono il regolare e tranquillo svolgimento dei giochi.
Ma caratterizzate anche dall’atteggiamento dimostrativo di due atleti negri degli Stati Uniti che, sul podio per la premiazione, al momento dell’alzabandiera e dell’Inno Nazionale salutarono con il pugno chiuso e, se ricordo bene, anche voltando le spalle alla loro Bandiera.
Era l’epoca della “Grande Società” del Presidente Lindon Barney Johnson, successore di Kennedy, erede anche del ginepraio vietnamita da cui non riuscì a districarsi ed a causa del quale rinunciò al ricandidarsi e fece perdere a novembre anche il suo vice Hubert Humphrey, contro un risorto Richard Nixon.
Famoso lo slogan nei campus universitari di quanti protestavano contro la guerra in Vietnam: ehi, ehi, LBJ, how many kids did you killed today ?
Elezioni americane che ebbero una grande copertura mediatica anche in Italia, ovviamente per i canoni di allora, grazie alla presenza del fratello di John Kennedy, Robert, assassinato a Los Angeles da un estremista siriano (era dell’anno precedente la famosa “guerra dei 6 giorni” quando in, appunto, sei giorni gli Israeliani mostrarono al mondo la loro netta superiorità militare sbaragliando l’attacco concentrico portato loro da Egitto, Siria e Giordania e occupando la Gerusalemme in mano araba, le alture strategiche del Golan e la Cisgiordania).
Mi ricordo che, come durante l’attuale fase delle primarie, i telegiornali davano una grande copertura alle vicende dei candidati democratici, Johnson vs. Kennedy, per poi arrivare a Humphrey, mentre dei Repubblicani si citavano appena i nomi con le percentuali ottenute e Richard Nixon stravinceva sul miliardario Nelson Rockfeller, mentre al terzo posto spuntava un attore semisconosciuto, Ronald Reagan.
Chissà che non ci sia qualche analogia con le elezioni del 2008, con Mc Cain nel ruolo di Nixon, il miliardario mormone Romney in quello di Rockfeller e … Huckabee (sostenuto dal grande “Walker Texas Ranger” al secolo Chuck Norris) come Reagan
Ed elezioni in Italia.
Ultime elezioni svoltesi alla scadenza regolare dei cinque anni di legislatura e prima legislatura a terminare anzitempo, nel 1972.
Per ritrovare una legislatura completa dovremo aspettare il 1987, quasi 20 anni dopo, come nel romanzo di Dumas.
Magari con elezioni nel 2008 si ricomincia da capo, mettendo la parola fine a 40 anni di convulsioni, per ricominciare a crescere.
E mi ricordo anche quelle elezioni, le prime che seguii (per forza, non c’erano alternative alle tribune politiche !) costantemente.
Presidente del consiglio era Aldo Moro, lento, noioso, contorto con i suoi ragionamenti levantini e i suoi bizantinismo lessicali (l’unico che quando parlava in televisione faceva sbuffare mio padre che, per professione, era abituato a parlare chiaro, in modo che capissero tutti) mentre brillante era il segretario della Democrazia Cristiana Mariano Rumor (mi ricordo ancora, nel 1972, un suo comizio a Bologna, da ministro degli interni, con un passaggio che approvai allora e che starebbe benissimo anche oggi. Parlando dei terroristi – era appena morto, per sua stessa mano, Feltrinelli sotto un traliccio – disse che il governo li avrebbe perseguiti “di covo in covo, di cantina in cantina, di traliccio in traliccio” … purtroppo furono solo parole).
Paludati gli altri, ivi incluso il segretario dell’MSI Arturo Nichelini, avvocato e moderato, che sarebbe deceduto l’anno successivo lasciando il posto all’indimenticabile Giorgio Almirante, il più grande oratore tra i politici italiani di ieri e di oggi.
Mi ricordo che, come sempre, al termine della campagna elettorale, l’ultima tribuna, ospitava il presidente del consiglio uscente e mia madre commentò: ecco, praticamente ci ha detto che tanto non cambia nulla e resterà ancora lui.
Moro (con Fanfani) fu il responsabile del primo centrosinistra organico, quello che, dopo l’appoggio esterno del 1962, sbarcò definitivamente i liberali di Malagodi dal governo per imbarcare i socialisti e le loro malefiche nazionalizzazioni (frutto anche della loro atavica e mai saziata fame di potere) preludio alla eterna crisi economica del sistema Italia.
Ma mia madre non ci azzeccò.
Dopo le elezioni, infatti, la DC diede il benservito a Moro, per incaricare Rumor.
Per il resto non cambiò nulla, se non il quadro generale in cui si doveva operare (e dici poco !).
In tempi di emergenza, la DC non era attrezzata ad affrontare i moti di piazza dell’anno successivo e mostrò tutta la debolezza di un partito unito dal potere, ma lacerato da divisioni insanabili tra i cattolici conservatori e quelli che oggi si autodefiniscono “cattolici adulti”, responsabili dell’ingresso al governo dei comunisti.
Per completare il quadro, Presidente della Repubblica era Giuseppe Saragat (famoso per le migliaia di telegrammi spediti e puntualmente letti al telegiornale e per aver istituito, secondo i maligni, l’ “alzabarbera” al Quirinale), premier inglese Harold Wilson, presidente francese Charles De Gaulle, Breznev dittatore sovietico e Papa Paolo VI.
Le elezioni del 1968 portarono anche, nel piccolo mondo delle scuole medie che frequentavo, il vento della politica.
La madre di un mio compagno di classe fu eletta alla camera, nelle liste del pci.
Nessuna posizione di rilievo, era abitudine del pci far eleggere a rotazione propri funzionari in modo che potessero, con una o due legislature, maturare la pensione da parlamentari e quindi lavorare per il partito con meno oneri per lo stesso e più per lo stato (il solito sistema di scaricare sul pubblico vicende private … nulla di nuovo sotto il sole).
Ma a noi ragazzini che avevamo il primo approccio con il mondo “dei grandi” sembrò qualcosa di importante.
E ci dividemmo.
A sinistra i seguaci del figlio della parlamentare comunista, uno dei quali soprannominammo “Mao”, a destra gli altri (ed io fui soprannominato per ripicca “Papadopulos” dal nome del Capo della Giunta Militare che l’anno prima aveva preso il potere in Grecia).
Nel frattempo cominciarono ad arrivare notizie di quel che accadeva in Francia, in Germania e negli Stati Uniti.
Ma, ormai, le vacanze incombevano.
E in pieno periodo di vacanze l'invasione della Cecoslovacchia ad opera delle truppe del Patto di Varsavia, per ricordarci - ma quando le menti sono chiuse anche quel fatto gravissimo passò senza incidere più di tanto - quanto infame sia il comunismo, portatore di miseria, terrore e morte.
A giugno i campionati europei di calcio (vinti, come ho già scritto) e poi le Olimpiadi in Messico ad ottobre.
Il ’68 italiano poteva attendere l’anno successivo per il suo inizio.

(1 - continua)

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4 commenti:

Anonimo ha detto...

Politicamente sei uno stronzo. Ma quando metti mano alla memoria è un piacere leggerti.

marshall ha detto...

In quel periodo della Guerra dei 6 giorni, il Canale di Suez venne chiuso, con grave danno economico per tutti gli stati europei. Ricordo che i magazzini delle cartiere si svuotarono, e i prezzi della carta subirono una notevole impennata.
Quando la Russia invase la Cecoslovacchia, mi trovavo a Parigi, in visita a parenti, ed ero in dubbio se rientrare, o stabilirmi là, perchè prevedevo un arruolamento anticipato, tanta era la tensione politica di quel momento: si temeva infatti il precipitare degli eventi, con coinvolgimento di altri stati.
Fai bene a ricordare quei momenti ai fedeli del comunismo (vorrei citare qualche nome di quelli ancor oggi altisonanti, tra le file di quel partito, compresi certi intellettuali; evito per non sollevar zizzania, ma tanto tu li conosci). Ma evidentemente, costoro hanno la memoria molto corta...e l'intelligenza..pure.

Mi piace questa iniziativa: Ricordi. Leggerò i seguiti.

Nessie ha detto...

Dev'essere certamente una lettura godibile, quella del lilbro di Veneziani. LO leggerò. Il nostro è l'unico paese d?Occidente dove il '68 è durato (e dura) 40 anni. Quanto due generazioni. Ne scrissi a suo tempo anch'io in u n pezzo dal titolo "Vogliono darci un '68 forever?":
http://sauraplesio.blogspot.com/search?q=vogliono+darci+un+%2768+forever%3F
Il motivo di tanta durata è in forze politiche che hanno interesse a mantenere la conflittualità permanente. (post e veterocomunisti, sindacati, verdi ecc.)

Massimo ha detto...

Marcella. Meglio politicamente stronzo che politicamente coglione, come scrivi tu stessa gli stronzi, ogni tanto, si riposano, i coglioni lo sono in s.p.e. :-D

Marshall, Nessie. Ricordare è sempre bene. Serve anche a riconoscere il proprio passato, valorizzare le proprie radici purchè non si trasformi in un perenne reducismo, come quello dei sessantottardi, che ne hanno fatto l'attività prevalente della loro vita (campandoci pure sopra).