La pesantissima contestazione subita dai capi della trimurti a Mirafiori da parte di quella che è sempre stata una compatta legione che “non capisce ma si adegua” ad ogni parola d’ordine della nomenklatura sinistra, la dice lunga sulla disillusione anche degli operai sindacalizzati.
Stavano meglio con Berlusconi che con Prodi: lo capiscono, troppo tardi.
Lo capiscono nel modo peggiore, perché loro, oltre a tutti noi, saranno duramente colpiti da una finanziaria che, anche in queste ore, subisce nuovi cambiamenti, tali da rendere ancora impossibile avere un quadro preciso di quanto andremo a perderci e indice di uno stato confusionale della sinistra al governo che è molto più che semplice pressappochismo, ma autentica criminalità fiscale.
Ma perché il risveglio della “classe operaia” che pensava di andare in Paradiso e invece si ritrova nell’Inferno di prodi, è così traumatico ?
Perché non avevano avuto alcuna possibilità di soffermarsi su riflessioni alternative a quelle che la sinistra propinava tramite i canali di immediata propaganda: quella nelle fabbriche e nei posti di lavoro.
La cosiddetta “agibilità” in tali luoghi è infatti preclusa ai normali organismi politici, per essere delegata esclusivamente alle organizzazini sindacali, attraverso norme di carattere generale come la legge 300 del 20 maggio 1970 o accordi di categoria che spesso rendono ancor più stringenti i termini di rappresentanza.
Tale “agibilità”, quindi la possibilità di informare tutti i lavoratori in modo capillare e costante attraverso comunicati, bacheche, assemblee, contatti personali, è appaltata alle organizzazioni sindacali che, ormai, sono tutte orientate a sinistra ad eccezione di alcuni sindacati autonomi di categoria che però, per la loro stessa natura e per la oggettiva difficoltà organizzative, si limitano alle problematiche specifiche di categorie.
Una volta c’era il sindacato comunista con una spolverata di sinistra socialista (la Cgil), quello “laico” socialista, socialdemocratico e repubblicano (la Uil), quello democristiano essenzialmente di sinistra (la Cisl).
Abbiamo purtroppo visto come i democristiani di sinistra e i vari dirigenti sindacali che si sono succeduti nelle poltrone dirigenziali della loro organizzazione si trovino ormai tutti a sinistra.
Lasciando perdere quelli provenienti dalla Cgil come Bertinotti e Cofferati, vediamo Benvenuto, Larizza, Marini, D’Antoni, tutti assieme appassionatamente nella “unione”, cioè in quella coalizione in cui i comunisti (neo,ex,post,vetero che sia) detengono il 60% delle azioni (voti).
Ci sarebbe anche l’Ugl (la ex Cisnal) una volta di area missina ma oggi, purtroppo, protesa ad inseguire l’ingresso, ormai avvenuto, nel “salotto buono” sindacale adeguandosi a tutte le parole d’ordine della trimurti come gli scioperi generali contro il Governo Berlusconi, ai quali l’Ugl ha partecipato, aderendovi, in ogni circostanza, sin dal primo, quello del 16 aprile 2002.
E le organizzazioni sindacali sono anche portatrici di disponibilità economiche (con le trattenute e i contributi statali a vario titolo) e personale politicizzato (con l’utilizzo dei permessi sindacali) in grado di attuare una autentica forma di propaganda e di indirizzo di voto, raccontando la rava e la fava, magari anche mistificando la realtà dei provvedimenti che, di volta in volta, Berlusconi assumeva, tanto mancava ogni contraddittorio.
Così ci troviamo oggi, ad esempio, con il problema delle pensioni tuttora sul piatto, con la sinistra che vorrebbe modificare la riforma Berlusconi-Maroni, ma non sa come, mentre se fosse stata attuata la riforma nel 1994 che portò a tumulti di piazza contro il primo Governo Berlusconi, oggi non ci troveremo a questo punto.
E altrettanto dicasi per il mercato del lavoro, per la revisione (io proporrei: la sostituzione integrale) della legge 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori).
A questo punto si torna all’inizio: il traumatico risveglio dei lavoratori sulle reali operazioni poste in atto dalla sinistra di governo.
24000 voti di differenza che potevano essere agevolmente recuperati (anche nonostante i presunti brogli) se non si fosse abbandonato ogni disegno di intervenire sui luoghi di lavoro.
E come farlo se non con la creazione di un sindacato di “area”, cioè di ispirazione ideale nel Centro Destra, per un lavoro moderno, che premi merito e capacità, che comprenda che la ricchezza del lavoratore deriva strettamente dalla floridezza dell’azienda in cui lavora, che si confronti con un imprenditore che, a sua volta, riconosca nel lavoratore il maggior patrimonio aziendale.
Capitale e lavoro, insomma, non “l’un contro l’altro armati”, ma operanti in sinergia per conseguire un risultato che non può che essere comune: il benessere, il maggior guadagno nel rispetto dei tempi della vita.
Ormai non c’è più nessuno – tranne qualche fanatico – che neghi la legittimità della proprietà e dell’impresa e a nessuno è preclusa la possibilità di diventare imprenditore a sua volta, quindi nel riconoscimento dei ruoli reciproci, ne consegue l’accettazione di un sistema economico che si fonda sul diritto privato e sui rapporti tra privati.
Un sistema che rende quindi obsoleti i vecchi sindacati – infatti composti per oltre il 50% da pensionati – e che rappresenta una opportunità per un sindacato che si proponga in modo diverso, moderno e non legato alle vecchie consorterie.
Un sindacato che, quindi, potrebbe comunque usufruire – finchè saranno in vigore – di quelle agevolazioni che finora sono state appannaggio solo della trimurti e di quanti si sono inginocchiati al suo volere rendendosi suoi cortigiani.
I fischi di Mirafiori ci dicono che gli spazi ci sono e le opportunità anche.
Stavano meglio con Berlusconi che con Prodi: lo capiscono, troppo tardi.
Lo capiscono nel modo peggiore, perché loro, oltre a tutti noi, saranno duramente colpiti da una finanziaria che, anche in queste ore, subisce nuovi cambiamenti, tali da rendere ancora impossibile avere un quadro preciso di quanto andremo a perderci e indice di uno stato confusionale della sinistra al governo che è molto più che semplice pressappochismo, ma autentica criminalità fiscale.
Ma perché il risveglio della “classe operaia” che pensava di andare in Paradiso e invece si ritrova nell’Inferno di prodi, è così traumatico ?
Perché non avevano avuto alcuna possibilità di soffermarsi su riflessioni alternative a quelle che la sinistra propinava tramite i canali di immediata propaganda: quella nelle fabbriche e nei posti di lavoro.
La cosiddetta “agibilità” in tali luoghi è infatti preclusa ai normali organismi politici, per essere delegata esclusivamente alle organizzazini sindacali, attraverso norme di carattere generale come la legge 300 del 20 maggio 1970 o accordi di categoria che spesso rendono ancor più stringenti i termini di rappresentanza.
Tale “agibilità”, quindi la possibilità di informare tutti i lavoratori in modo capillare e costante attraverso comunicati, bacheche, assemblee, contatti personali, è appaltata alle organizzazioni sindacali che, ormai, sono tutte orientate a sinistra ad eccezione di alcuni sindacati autonomi di categoria che però, per la loro stessa natura e per la oggettiva difficoltà organizzative, si limitano alle problematiche specifiche di categorie.
Una volta c’era il sindacato comunista con una spolverata di sinistra socialista (la Cgil), quello “laico” socialista, socialdemocratico e repubblicano (la Uil), quello democristiano essenzialmente di sinistra (la Cisl).
Abbiamo purtroppo visto come i democristiani di sinistra e i vari dirigenti sindacali che si sono succeduti nelle poltrone dirigenziali della loro organizzazione si trovino ormai tutti a sinistra.
Lasciando perdere quelli provenienti dalla Cgil come Bertinotti e Cofferati, vediamo Benvenuto, Larizza, Marini, D’Antoni, tutti assieme appassionatamente nella “unione”, cioè in quella coalizione in cui i comunisti (neo,ex,post,vetero che sia) detengono il 60% delle azioni (voti).
Ci sarebbe anche l’Ugl (la ex Cisnal) una volta di area missina ma oggi, purtroppo, protesa ad inseguire l’ingresso, ormai avvenuto, nel “salotto buono” sindacale adeguandosi a tutte le parole d’ordine della trimurti come gli scioperi generali contro il Governo Berlusconi, ai quali l’Ugl ha partecipato, aderendovi, in ogni circostanza, sin dal primo, quello del 16 aprile 2002.
E le organizzazioni sindacali sono anche portatrici di disponibilità economiche (con le trattenute e i contributi statali a vario titolo) e personale politicizzato (con l’utilizzo dei permessi sindacali) in grado di attuare una autentica forma di propaganda e di indirizzo di voto, raccontando la rava e la fava, magari anche mistificando la realtà dei provvedimenti che, di volta in volta, Berlusconi assumeva, tanto mancava ogni contraddittorio.
Così ci troviamo oggi, ad esempio, con il problema delle pensioni tuttora sul piatto, con la sinistra che vorrebbe modificare la riforma Berlusconi-Maroni, ma non sa come, mentre se fosse stata attuata la riforma nel 1994 che portò a tumulti di piazza contro il primo Governo Berlusconi, oggi non ci troveremo a questo punto.
E altrettanto dicasi per il mercato del lavoro, per la revisione (io proporrei: la sostituzione integrale) della legge 300 del 1970 (Statuto dei lavoratori).
A questo punto si torna all’inizio: il traumatico risveglio dei lavoratori sulle reali operazioni poste in atto dalla sinistra di governo.
24000 voti di differenza che potevano essere agevolmente recuperati (anche nonostante i presunti brogli) se non si fosse abbandonato ogni disegno di intervenire sui luoghi di lavoro.
E come farlo se non con la creazione di un sindacato di “area”, cioè di ispirazione ideale nel Centro Destra, per un lavoro moderno, che premi merito e capacità, che comprenda che la ricchezza del lavoratore deriva strettamente dalla floridezza dell’azienda in cui lavora, che si confronti con un imprenditore che, a sua volta, riconosca nel lavoratore il maggior patrimonio aziendale.
Capitale e lavoro, insomma, non “l’un contro l’altro armati”, ma operanti in sinergia per conseguire un risultato che non può che essere comune: il benessere, il maggior guadagno nel rispetto dei tempi della vita.
Ormai non c’è più nessuno – tranne qualche fanatico – che neghi la legittimità della proprietà e dell’impresa e a nessuno è preclusa la possibilità di diventare imprenditore a sua volta, quindi nel riconoscimento dei ruoli reciproci, ne consegue l’accettazione di un sistema economico che si fonda sul diritto privato e sui rapporti tra privati.
Un sistema che rende quindi obsoleti i vecchi sindacati – infatti composti per oltre il 50% da pensionati – e che rappresenta una opportunità per un sindacato che si proponga in modo diverso, moderno e non legato alle vecchie consorterie.
Un sindacato che, quindi, potrebbe comunque usufruire – finchè saranno in vigore – di quelle agevolazioni che finora sono state appannaggio solo della trimurti e di quanti si sono inginocchiati al suo volere rendendosi suoi cortigiani.
I fischi di Mirafiori ci dicono che gli spazi ci sono e le opportunità anche.
5 commenti:
Trovo le tue analisi di solito molto lucide, anche se non condivido parte delle tue idee, ma stavolta non la vedo proprio come te, i fischi a Mirafiori sono stati portati avanti dall'ala più oltranzista dei sindacati (che è quanto dire), che pretendono la dittatura del proletariato che, chiaramente nessuno, nemmeno questo governo gli potrà dare.
Le urla erano di "servi dei padroni", "servi della confindustria", "giù le mani dalle pensioni"
Se hai la mia stessa età (purtroppo temo di si) ricorderai che a cavallo tra gli anni 60 e 70 una spaccatura interna alla sinistra con una parte della base che contestava il vertice di partiti e sindacati (ricordo i fischi a Luciano Lama, proprio a Mirafiori), fu l'humus dove fecondò il germe del terrorismo rosso, che proprio a Mirafiori ebbe un centro nevralgico.
Quei fischi non mi hanno affatto divertito, è un tragico dejà vu.
E, quegli anni non mi va proprio di riviverli.
E' vero, Apo, ma proprio perchè emergono spinte estremiste, si aprono le porte per un sindacato del merito, un sindacato che non serva a tutelare i lavativi, ma studi e proponga contratti nei quali le capacità siano premiate.
Un sindacato che capisca che "il padrone" è importante quanto "il lavoratore".
Capitale e forza lavoro, unite per un obiettivo: l'azienda che fa bene, produce e fa guadagnare anche chi vi lavora.
L'azienda che va male, fallisce e mette sulla strada chi vi lavora.
Senza aiuti di stato.
Poi c'è il piano politico.
Contributi, agibilità, permessi sindacali, tutti, gratis, che vanno a vantaggo delal sinistra se non ci diamo una mossa per costruire qualcosa di simile.
Ma, ripeto, se gli spazi ci sono, gli uomini probabilmente anche, manca ancora la decisione, l'imprimatur, la volontà politica. E non possiamo perdere un altro giro, proprio adesso, perchè come dice giustamente Monica il Sindacato della Libertà ha tempi lunghi di maturazione, non è qualcosa che possa essere fatto dall'oggi al domani e richiederà anche iniziali sacrifici da parte di quelli che vi opereranno.
Ma guarda un po' che telepatia eh? Stesso argomento... Sono d'accordo fino all'ultima riga su quel che hai scritto. I lavoratori sono eternamente trombati perché non hanno accesso ad altra informazione, lavaggio al cervello e propaganda che non sia la loro. E voglio pure aggiungere qualcosa sui centri di assistenza fiscale sindacali della Trimurti: i cosiddetti CAF, i quali sono organismi autorizzati e finanziati direttamente dallo stato. Tutto il potere ai Soviet non è uno slogan. Per qualcuno il comunismo è morto, ma con lo scippo del TFR è più vivo e vegeto che mai. E' ora di cambiare dirittura di marcia...
Sono d'accordo, la nostra coalizione non sa rapportarsi al suo elettorato attraverso quelli che una volta si definivano i "corpi intermedi", manchiamo della capacità d'aggregare chi non si riconosce direttamente nei partiti e nelle formule politiche.
Poco importa la nascita di contenitori pseudoculturali se non siamo capaci di contattare chi si sente vicino a noi e non ha la possibilità di trovatci presenti sui suoi luoghi d'interesse, ad esempio il posto di lavoro.
Non ci si può trastullare dicendo che la maggior parte dei nostri simpatizzanti è un lavoratore autonomo, è falso, sia sociologicamente che politicamente.
Un sindacato non appiattito sulle "loro" posizioni sarebbe utilissimo.
Apprezzo poi l'idea di superare lo Statuto dei Lavoratori, che già nel nome rievoca un'epoca ch efortunatamente è (quasi) finita e superata senz'altro dalla storia.
Andrebbe sostituito da uno Statuto del Lavoro che riunisca le normative per tutto il mondo produttivo, senza differenziazioni di modalità, ma teso a conciliare le esigenze di tutela con quelle di flessibilità ed efficienza.
Bentornato, Corsanico !
Mi fa piacere che ci sia questa sensibilità al tema sindacale, perchè se è legittimo criticare la trimurti, è però necessario valutare l'impatto che un sistema senza sindacato avrebbe, impatto negativo per le stesse aziende che non avrebbero alcun riferimento, alcuna rappresentanza.
Bisogna ripensare al sindacato, organizzarne uno efficiente e moderno, non sopprimerlo ;-)
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