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No alla deriva

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01 aprile 2008

Faccia a faccia

Negli anni sessanta e settanta, le tribune elettorali erano trasmissioni un po’ noiose, ma che consentivano di conoscere l’opinione dei principali leaders di tutti i partiti presenti in parlamento.
Con poche modifiche, ricalcavano le tribune politiche che si sviluppavano per tutto l’anno e che avevano in Iader Iacobelli e Ugo Zatterin (più volti bersaglio delle ironiche imitazioni di Alighiero Noschese) i mattatori, i Vespa e i Mentana dell’epoca, tanto per intenderci.
Ma Iacobelli e Zatterin erano rigorosamente imparziali e non si permettevano di sfruculiare il segretario del partito più piccolo, così come facevano rispettare i tempi concessi anche ai segretari dei partiti maggiori.
Le tribune elettorali di allora vedevano dei “faccia a faccia” in cui tutti affrontavano tutti, almeno una volta, tranne i comunisti che scappavano davanti ad Almirante con la scusa dell’antifascismo.
E c’erano le interviste di un’ora, durante le quali una tribuna di giornalisti poneva domande al segretario del partito di turno, che si presentava in rigoroso ordine inverso alla rappresentanza parlamentare.
Chi era fuori dal parlamento non aveva diritto di partecipare e per questi, in tempi più recenti, si aprivano delle apposite finestre in orari che oggi si direbbero “diversi dal prime time”.
La conclusione, al giovedì, era affidata al presidente del consiglio che rispondeva alle domande al termine del suo mandato, mentre al venerdì sera tutti i partiti apparivano per un breve e conclusivo appello agli elettori, sempre nello stesso ordine inverso a quello della rappresentanza parlamentare.
Negli Stati Uniti, come abbiamo visto anche per le primarie in corso, vengono sì organizzati i dibattiti tra due candidati, ma nella fase in cui sono in gara più persone, tutte partecipano, contemporaneamente, ai dibattiti, rispondendo e polemizzando l’uno con l’altro.
Lo abbiamo visto per i repubblicani e lo abbiamo visto per i democratici.
Nell’Italia della seconda repubblica, prima della sventurata “par condicio”, abbiamo visto il dibattito fra Occhetto e Berlusconi nel 1994, forse decisivo per la sconfitta della “gioiosa macchina da guerra” comunista, poi, nel 1996, un mega confronto tra due eserciti, con il solitario Bossi, seduto su uno sgabello al centro tra i due corposi schieramenti, che se la rideva e menava fendenti a “Roma ulivo e Roma polo” (poi ottenne un successone al voto).
Nel 2000 la legge sulla “par condicio”.
Nel 2001 Berlusconi, in testa ai sondaggi, si negò al confronto con Rutelli, nel 2006 Prodi e Berlusconi si incrociarono due volte dopo una meticolosa cura nel definire le regole che tolse ogni piacere al dibattito.
Oggi è Veltroni ad inseguire e chiedere il dibattito e Berlusconi, come nel 2001, a negarsi.
C’è bisogno del “faccia a faccia” ?
Sì, ma non tra due soli candidati, bensì tra tutti.
Una serie di dibattiti, tutti presenti, per rispondere e replicare a domande dei giornalisti.
Un paio di ore, ripetute in più occasione, consentirebbero di vedere a diretto confronto i candidati, tutti con la possibilità di scegliere quello che ci appare più credibile.
E non è detto che debba essere necessariamente uno dei due più accreditati del successo finale.
Proprio le primarie americane ci hanno insegnato che gli outsider sono spesso emersi in questi dibattiti, mentre il front runner ha dovuto ammainare bandiera perché un tic, una risposta, una distrazione, lo ha condannato alla sconfitta.
Allora la polemica sul dibattito è strumentale perché da per scontato ciò che non può, né deve esserlo: la vittoria di pdl e pci/pds/ds/pd.
Mi auguro, anzi, che gli italiani siano così perfidi nei confronti di quanti si considerano adagiati su un comodo seggio sicuro, da sparigliare tutti i conti, ribaltando ogni previsione.
Sinistra, centro e Destra, ognuno può efficacemente votare per il partito che meglio rispecchia la propria identità, negando il consenso a Veltrusconi.
La Sinistra l'Arcobaleno, l’Udc e La Destra/Fiamma Tricolore possono benissimo rappresentare la novità di queste elezioni.
Partiti identitari, che affondano le loro radici in tradizioni consolidate e in Valori riconosciuti, non assemblamenti raffazzonati dove è stato inserito un po’ di questo e un po’ di quello, il cattolico bigotto ma anche l’anticlericale in servizio permanente effettivo.
Nella matita degli Italiani c’è il futuro della nostra nazione.

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2 commenti:

Ares ha detto...

Non ricordo tutto, ma una volta c'erano meno fisime. Si accettava che un partito più piccolo avesse meno tempo, in compenso poteva ugualmente dire la sua e confrontarsi con i leaders maggiori.
Ma forse sono i leaders di adesso che trovano più comodo passarsi la palla l'un l'altro.

Nessie ha detto...

Anch'io intendo sparigliare i conti e le previsioni col mio last minute:-)
In realtà, quelli che chiamano comunemente "gli indecisi" sono solo attendisti come nelle tattiche militari. I piani possono subire modifiche fino all'ultimo minuto. Ecco perché trovo idiota la pseudoscienza dei sondaggi.