Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

09 settembre 2011

Politica arte del possibile

Ne avevo già scritto in passato, ma le letture di questi giorni nei forum e anche in blog della mia stessa area, comportano la necessità di ricordare che la politica, come tanti altri aspetti della nostra esistenza, non può prescindere da quel che si ha e da quello che c’è.
Con buona pace di Platone i filosofi devono fare i filosofi, cioè fornirci un indirizzo, indicarci un traguardo cui tendere, mentre i sacerdoti dovrebbero indicarci un comportamento moralmente compatibile con la vita in comunità complesse.
I politici, invece, devono amministrare uno stato tendendo al benessere dei cittadini e utilizzando all’uopo quel che c’è, non quel che si vorrebbe ci fosse.
Così è inutile, anche se talvolta condivisibile, affermare che l’euro e l’europa unita fanno schifo, che abbiamo bisogno di energia nucleare per far funzionare le nostre industrie, riscaldare le case d’inverno e refrigerarle d’estate, che vogliamo andare in pensione con un reddito dignitoso e dopo 35 anni di lavoro e non già vecchi bacucchi.
Però la realtà è diversa.
L’europa e l’euro ci sono, la Bce ha poteri di intervento importanti, Prodi e Ciampi hanno messo la nostra testa nel cappio e uscirne sarebbe molto doloroso e con tutti quelli che “tengono famiglia”, ci si ritroverebbe a far la rivoluzione in un bar.
Ugualmente l’energia nucleare è stata bocciata due volte dalla paura degli Italiani che dimostrano poco coraggio e ancor meno lungimiranza ma, intanto, dobbiamo ragionare senza il nucleare e pensare che pagheremo caro il nostro riscaldamento invernale, come la climatizzazione estiva.
E le pensioni sono troppo costose e si dovrà arrivare, al più presto, ad eliminare tutti quei piccoli vantaggi di cui hanno usufruito quanti sono andati in pensione fino ad oggi e che pagano quelli che andranno in pensione da domani.
Il governo deve confrontarsi con la realtà di una nazione che ha speso molto, ma molto più di quanto avrebbe dovuto e adesso tocca ai presenti sopportarne il costo.
Gli errori del passato (anche recente come quello del 1994 quando la canea sinistra bocciò la riforma delle pensioni e fece cadere il primo Governo Berlusconi) si pagano e i nostri creditori sono legittimamente venuti alla cassa.
Chiunque di noi avesse un credito da riscuotere se lo farebbe pagare in due modi: moneta sonante o sudditanza.
Legittimi ambedue.
Solo un Popolo libero dai debiti può battere i pugni sul tavolo, i debitori devono solo abbozzare e pagare.
Analogamente è fare poesia e non politica rifiutare quel poco che c’è perché chi te lo offre non presenta tutto quel che si vorrebbe.
Si finisce rapidamente nelle mani di chi, con pazienza e costanza, punta a sostituirsi a chi comanda e non certo per beneficiare il Popolo, bensì solo se stessi.
Infine il comando.
Il comando deve appartenere ad uno e uno solo, perché quando in troppi dicono la loro e hanno un potere di interdizione che costringe a tener conto anche della loro opinione, escono delle arlecchinate finalizzate ad accontentare tutti, quindi a danneggiare tutti.
Come abbiamo visto durante la prima repubblica con il consociativismo dell’arco costituzionale e, specificatamente, della divisione della torta tra le esigenze della dc, del pci e del psi.
Piaccia o meno la realtà è questa ed è con questa realtà che dobbiamo fare i nostri conti nella vita di tutti i giorni, anche se nel mondo virtuale possiamo volare nel cielo più blu.

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08 settembre 2011

Lo schiaffo di Stoccolma

Il titolo potrebbe far pensare ad una qualche vicenda storica tipo lo "schiaffo di Anagni", invece proprio di uno schiaffo si tratta.
Un italiano, passeggiando per Stoccolma, nell’ambito del suo diritto inalienabile all’educazione del figlio, gli ha mollato uno schiaffo, presumo per una marachella da sanzionare, come tanti padri hanno fatto in passato.
Il malcapitato è stato arrestato e sarà processato nei prossimi giorni.
Anche da questo episodio si capisce quanto sia andata alla deriva la società svedese.
L’eccesso di garantismo equivale all’eccesso di giustizialismo: fa solo danni.
Quando, poi, si concede a chi, in una età in cui la formazione dell’uomo che verrà è ancora in corso, una impunità sostanziale per i propri atti, inibendo quegli strumenti correttivi che sono i più efficaci, allora non ci si può stupire dell’alto tasso di suicidi nelle nazioni scandinave o che emergano elementi come Anders Breivik o contenuti che indulgono con perverso compiacimento nella descrizione di scene sadomaso come nei romanzi di Stieg Larsson.
Ad un bambino cui vengono riservate solo ramanzine verbali per i suoi errori, indipendentemente dalla loro gravità, non verrà mai insegnato il rispetto della Gerarchia e dell’Autorità.
Quel bambino potrà rovinare oggetti e beni altrui e non imparerà mai il rispetto della proprietà privata.
Quel bambino penserà che sempre, tutto, gli sia dovuto e che qualunque cosa faccia resterà sempre impunito.
Quel bambino non saprà mai affrontare le difficoltà, davanti alle quali crollerebbe miseramente per dedicarsi alla droga e anche per fuggire dalle responsabilità che gli competeranno quando sarà adulto.
Spero che in Italia non si arrivi mai al punto da arrestare e processare un padre per aver mollato un salutare schiaffo al figlio nella pubblica strada.
Solidarietà piena al connazionale alle prese con i talebani svedesi del politicamente corretto.


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07 settembre 2011

In memoria di Girolamo Modesti

Apprendo da Il Resto del Carlino di oggi che è deceduto Girolamo Modesti, ex direttore e corrispondente da Washington del quotidiano della mia città.
Ho più volte citato Girolamo Modesti come il Direttore del giornale sul quale mi sono "formato" nella prima metà degli anni settanta.
Mi piaceva la sua decisa scelta di campo anticomunista e non a caso portò il Carlino al massimo di espansione, anche oltre le sue zone tradizionali di diffusione.
Quando i tempi furono tali da indurre l’Editore a nominare un direttore più disponibile verso il potere comunista (cresciuto a dismisura dopo le amministrative del 1975) Modesti accettò Washington senza storie e senza quei capricci da prima donna che oggi vediamo in alcuni conduttori televisivi e tale discrezione conservò fino all'ultimo, tanto che non ho trovato sue fotografie in rete da poter corredare questo post.
L'anticomunismo bisogna averlo nel dna e Girolamo Modesti possedeva tale qualità che manifestava nei suoi articoli e nella sua direzione.
E di questo gli sarò sempre riconoscente.
R.I.P.

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06 settembre 2011

Effetto sciopero:le pensioni di nuovo nel mirino

Un risultato Camusso lo ha ottenuto con il suo sciopero: vengono richiesti ulteriori provvedimenti per “rafforzare” la manovra.
Esattamente come è accaduto in Grecia, più si insiste nel voler continuare nella politica della spesa infinita, più i mercati bastonano, più garanzie vengono richieste e la politica cara alla cgil e al pci/pds/ds/pd si dimostra, nei fatti, mortale per l'Italia e per gli Italiani.
Cosa ci fosse scritto nella famosa lettera della Bce all’Italia per impegnarsi all’acquisto dei titoli di stato, nessuno lo sa con esattezza, ma di certo il capitolo pensioni, rimosso per volontà della Lega, aveva un ruolo importante.
Con le resistenze passatiste (chiamarle “conservatrici” sarebbe fare troppo onore, visto che il termine “conservatore” ha, ai miei occhi, un nobile significato) della cgil e del pci/pds/ds/pd stolidamente presente con i suoi esponenti alla manifestazione di piazza, il monito di Draghi è stato molto chiaro (e anche molto antitaliano): non date per scontato l’acquisto di titoli da parte della Bce.
Puntualmente il mercato è crollato (solo Francoforte ha fatto peggio), Napolitano ha strologato per rafforzare la manovra, si è tornato a parlare di
addizionale irpef (venduto come “contributo di solidarietà”): violazione del patto elettorale
aumento Iva: colpisce i consumi, ma almeno è pagata in base all’ ”uso” e non da tutti
anticipo della riforma delle pensioni.
Brava Camusso !
C’è poco da girare attorno, il sistema pensionistico deve nuovamente essere rivisto e lo sarà.
La cosa peggiore a livello di credibilità e di impatto sociale è affrontare il problema con piccoli, continui ritocchi che modificano in corso d’opera le regole, mettendo in difficoltà ogni progetto e piano per il futuro personale e delle aziende.
La soluzione è una sola, esattamente come Alessandro il Grande sciolse il nodo gordiano.
Dal 1° gennaio 2012 tutti in pensione non prima dei 65 anni, indipendentemente dal sesso e dalla anzianità lavorativa,
con il sistema contributivo
con il ricalcolo, con tale sistema, delle pensioni “retributive” superiori ai cinquemila euro lordi
con l’adeguamento all’aspettativa di vita.
Ogni altra scelta rappresenterebbe solo un continuo stillicidio di speranze e delusioni che porterebbe incertezza e ridurrebbe i benefici effetti del provvedimento che, volenti o nolenti, diventerà prima o poi legge.

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05 settembre 2011

L'alternativa dell'ottimismo

Alcuni amici, Nessie  e Gaetano  in primis, scrivono critiche alla manovra e alle modalità di affrontare le questioni che non possono essere contestate (a parte le questioni sul lavoro e le pensioni secondo Gaetano che sono da me viste differentemente).
Il nodo arriva quando si dovrebbe passare dalla fase della critica alla fase propositiva.
Molto sinceramente Nessie afferma che l’alternativa è tra “l’essere servi o più servi”.
Gaetano si lancia in ipotesi fondate sulla decapitazione (economica) della classe politica.
Il dato ineludibile è che per quanto Berlusconi non ci soddisfi e non abbia saputo convincere i suoi alleati della necessità di una svolta rispetto alle manovrine dorotee da prima repubblica, gli altri sarebbero molto peggio.
In questa manovra, ancora da chiudere con il voto finale, sono pur presenti elementi di innovazione:
- la riduzione delle agevolazioni alle cooperative
- il pareggio di bilancio come vincolo costituzionale
- la possibilità di contratti aziendali e territoriali in deroga
e altri sono stati ritirati a causa del fuoco di sbarramento della conservazione, ma potranno trovare, una volta abbattuto il tabù, una nuova riproposizione nei prossimi tempi:
- la riforma del sistema pensionistico per arrivare quanto prima all’età di 65 anni per tutti
- la soppressione delle festività del 25 aprile, 1° maggio, 2 giugno
- la soppressione di province, comuni e la riduzione di parlamentari e consiglieri di vario genere
- il taglio significativo dei trasferimenti agli enti locali che obbligherebbe al federalismo fiscale per cui ognuno potrà consumare quanto produce in loco.
Altre ancora non hanno mai trovato una formulazione scritta, ma rimangono come opzione valida (e alla quale si dovrà arrivare necessariamente):
- la vendita dei beni dello stato (immobili, monumenti, opere d’arte, partecipazioni)
- l’aumento dell’Iva.
Pur non condividendo neanche un po’ alcune scelte
- l’aumento delle tasse sui risparmi dal 12,5 al 20%
- l’aumento dei bolli sui depositi amministrati
- la gogna fiscale
la manovra, se confermata, pone le premesse per prossimi (immagino non troppi lontani ...) interventi di carattere strutturale nel senso di una maggiore attenzione al taglio delle spese.
Se, invece, si dovesse dar ascolto all’opposizione avremmo avuto:
- una patrimoniale (magari a carico di 25 milioni di Italiani, come proposto da Amato, per sottrarci altri soldi)
- la violazione di ogni credibilità dello stato con la tassazione dei capitali scudati e rientrati in Italia
- l’aumento delle aliquote irpef
- l’aumento degli estimi catastali
- la reintroduzione dell’Ici anche per la prima casa.
Peggio ancora, con la sinistra, andrebbe sul piano dei Valori, perchè loro legittimerebbero:
- l’eutanasia
- la manipolazione genetica
- le unioni tra gli omosessuali
- la liberalizzazione delle droghe che loro definiscono “leggere”
- la cittadinanza e il voto per gli immigrati.
In sostanza con Berlusconi possiamo ancora sperare, con la sinistra perderemmo anche la speranza.
La crisi economica e finanziaria passerà, come sono passate tutte nel passato e come passeranno quelle che, inevitabilmente, torneranno ad affacciarsi nel mondo nel futuro.
Credo che quello di cui i comunisti ed i loro caudatari abbiano realmente paura, tanto da accanirsi come non mai contro il Premier ed accontentarsi di un governo di “solidarietà nazionale” (o come comunque lo si voglia chiamare dove siano presenti tutti) sia proprio che la crisi possa finire con Berlusconi Premier che così capitalizzerebbe il “successo” a lui non imputabile, come non è a lui imputabile la crisi.
Per questo l’alternativa, in mancanza di una forza politica come avrebbe potuto essere La Destra se fosse riuscita a riunire la diaspora della Destra missina, non può che essere nella nostra testa.
Come nel 1994 arrivò Berlusconi ad impedire la deriva marxista della “gioiosa macchina da guerra” di Ochetto e del pci/pds, così la resistenza al governo e l’atteso superamento della crisi potrà consentire a Berlusconi o ad un nuovo Berlusconi di presentarsi nel 2013 con le carte in regola per riproporre quello che è nei miei auspici.
Una rivoluzione liberale in economia e una restaurazione tradizionalista nei Valori.

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04 settembre 2011

Il bottone che salvò l’economia

Tanti anni fa lessi un racconto di fantascienza di cui non ricordo il titolo nè l’autore (una convinzione l’avrei, ma già in passato mi dissero che sbagliavo quindi preferisco tacere ...).
Di seguito ne riassumo liberamente il contenuto, adattandolo all’Italia, perchè mi sembra perfetto per la situazione che viviamo.

C’era una volta il signor Tizio che stava vestendosi quando, allacciando la giacca, si ruppe un bottone.
Si cambiò quindi la giacca pensando che sarebbe andato a comprarne un altro la sera stessa.
Arrivato in ufficio trovò una inquietante lettera dell’ufficio delle imposte che gli intimava il pagamento di un euro con tutte le sovrattasse del caso.
Purtroppo l’euro non l’aveva e dovette dichiarare fallimento.
Naturalmente non poté comprare il bottone e fu proprio per il mancato incasso di quei dieci centesimi che anche il negoziante non riuscì a far quadrare i conti e dovette dichiarare fallimento.
Ma quel negoziante era regolarmente rifornito da una ditta che produceva bottoni e che, senza quelle regolari forniture e successivi incassi, passò da un esiguo utile a un passivo sempre maggiore e dovette chiudere.
La chiusura della ditta portò al licenziamento di cento lavoratori che, non avendo più il salario, ridussero le loro spese e non comprarono più vestiti, oggetti, libri, automobili ...
In breve la catena si estese in modo esponenziale all’intera nazione con ripetuti fallimenti.
Il governo, preoccupato, chiamò a consulto i più valenti esperti economici, matematici, giuristi che, dopo giorni di impegno, riuscirono a risalire alla causa primaria di tutto il disastro.
Il governo, allora, abolì l’imposta che aveva portato l’ufficio delle tasse a chiedere l’euro al signor Tizio che, così, potè pagare i debiti e comprare il bottone.
A sua volta la vendita del bottone consentì al negoziante di continuare ad acquistare dalla ditta fornitrice che non licenziò i lavoratori che, a loro volta, continuarono ad acquistare beni di consumo permettendo a tanti altri di guadagnare e di produrre.
E vissero tutti felici, contenti e con poche tasse.

A buon intenditor ...

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03 settembre 2011

La manovra peggiora

La folle e inutile rincorsa alla captatio benevolentiae nei confronti della sinistra ci ha già rifilato un regime di dittatura fiscale e ieri in commissione è saltata, come peraltro era facilmente prevedibile, anche una parte qualificata della manovra di agosto: la soppressione delle giornate festive del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno.
Ci vuole tanto a concedere tre giorni (a scelta individuale) per festeggiare le ricorrenze che ai singoli più aggradano, visto che in Italia non esiste una Festa Nazionale condivisa ?
Intanto si è rotto il tabù e anche quelle date possono essere messe in discussione.
La prossima volta la soppressione diventerà effettiva.

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02 settembre 2011

Una dittatura fondata sulla delazione e il terrorismo fiscale

Sono state rimosse le addizionali irpef, ma non si sono affrontati i nodi essenziali della spesa da abbattere.
Salvo modifiche parlamentari, la manovra assume una impronta smaccatamente di sinistra, con il mantra tipico della “lotta agli evasori” e con l’affannosa ricerca di nuove entrate invece di pensare a ridurre le uscite.
E’ vero che ci sono provvedimenti salutari come i tagli agli enti locali e le aumentate tasse sulle cooperative (ma non sarebbe meglio equipararle in tutto e per tutto alle società che operano come loro sul mercato, a garanzia della concorrenza e libera iniziativa ?) ma l’ultimo coniglio che Tremonti ha tirato fuori dal cilindro è un macigno che, da solo, porta a bocciare la manovra.
Pensare di
far dichiarare nei redditi le banche e gli operatori finanziari con i quali si è in rapporto
rendere pubbliche le dichiarazioni dei redditi
imporre il carcere per evasione, quando assassini, immigrati illegali, rapinatori e quant’altro sono liberi,
rappresenta un impianto che, finchè c’è Berlusconi, può ancora essere affrontato con una certa garanzia per tutti, ma quando qualcun altro lo avrà per le mani sarà lo strumento per una dittatura fondata sulla delazione e il terrorismo fiscale.
In pratica Berlusconi mette nelle mani dei suoi successori (e dei magistrati ...) una formidabile arma repressiva contro la libertà, la dignità, la riservatezza dei cittadini tutti.
Un simile strumento solletica gli istinti peggiori, bestiali, delle persone: invidia, odio, avidità.
Pensate ai redditi esposti coram populo.
Il nostro vicino verrà a sapere qual’è la nostra capacità reddituale.
Scopriremo amici (che non sapevamo di avere) e le più disparate associazioni benefiche che ci verranno a chiedere soldi con una insistenza che rasenterà lo “stalking”.
I delinquenti sapranno chi colpire e quanto chiedere.
Lo stesso obiettivo perseguito (impedire l’evasione) non potrebbe essere raggiunto, perchè sono proprio simili provvedimenti, uniti ad una tassazione debordante, a spingere (e legittimare ...) ogni tentativo di mettere al riparo i propri redditi e risparmi.
Ma la sinistra, è bene ricordarlo nel momento in cui bocciamo Berlusconi, farebbe ed è ancora peggio.
L’insistenza con la quale vorrebbe tassare chi già ha pagato per sistemare le pendenze con il fisco riportando in Italia i propri risparmi, aggiunge un altro tassello che spinge all’evasione:l’incertezza delle norme fiscali.
Quale affidabilità può avere uno stato ( e quindi tenere denaro al suo interno) se un cambio di governo potrebbe rimettere in gioco tutto ciò che era stato garantito in precedenza ?
Ancora una volta (e dispiace che sia il Governo Berlusconi) si è mancato di intervenire sui problemi reali (il debito pubblico, i troppi capitoli di spesa, le eccessive elargizione a carico dello stato) per intervenire su un capitolo, quello delle entrate fiscali, già sin troppo abusato.
Se sarà così anche la versione finale, i benefici dell’incontro di Arcore di lunedì scorso saranno vanificati e la manovra sarà da bocciare.
Ovviamente per ragioni diametralmente opposte a quelle poste a base dello sciopero cgil del prossimo 6 settembre.


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01 settembre 2011

Sintetica storia del debito pubblico italiano

In principio ci fu la ricostruzione dopo una guerra persa e l’occupazione Anglo Americana.
Fummo aiutati, non per generosità, certo, ma per interesse nell’ambito della nascente Guerra Fredda, dagli Stati Uniti con un piano, chiamato “Marshall” dal suo ideatore, che ci fornì il denaro necessario a creare nuove fabbriche, lavoro, ricchezze.
Fummo anche fortunati, perchè venimmo sconfitti e occupati dagli Anglo Americani e non dai Sovietici ... ma questo lo capimmo tutti (e non solo la parte migliore della Nazione ...) almeno quaranta anni dopo, vedendo le disastrose e miserevoli condizioni degli europei dell’est finiti sotto il tallone comunista.
Per oltre un decennio l’Italia crebbe.
Piani casa e nuove fabbriche.
Le prime automobili di massa e le prime vacanze al mare e in montagna, non più una semplice villeggiatura nella vecchia casa contadina dei nonni.
Era l’Italia di De Gasperi, di Einaudi, di Gaetano Martino (padre di Antonio ex ministro degli Esteri e della Difesa).
Era un’Italia laboriosa e, sicuramente, con forti contraddizioni sociali.
Ma era un’Italia che manifestava in pieno le sue grandi potenzialità produttive.
Era un’Italia fondata su una economia di stampo liberale e su solidi valori morali che, oggi, chiamerebbero spregiativamente “conservatori” o “reazionari”.
Poi arrivarono i socialisti al governo e finì tutto.
Morto De Gasperi in solitudine, la Dc fu preda dei “professorini” con una smaccata vena “sociale” che li portò ad aprire (1962) al Psi di Nenni con il placet di Kennedy e del futuro pontefice Montini (Paolo VI) grande ispiratore della politica di Aldo Moro, fino ad arrivare al primo centro sinistra organico con ministri socialisti e l’esclusione dal governo del Pli, ma anche con enti locali e poi, dal 1970, regioni con amministrazioni pci-psi che spendevano e spandevano “tanto paga lo stato” (come non ricordare gli autobus gratis nella rossa Bologna?).
Iniziò così la devastazione dei nostri conti pubblici.
Avevamo o, meglio, avevano i nostri genitori risparmiato e con loro anche lo stato aveva un “tesoretto” tale da sopportare le prime elargizioni e provvedimenti.
Arrivarono così nazionalizzazioni, lo stato imprenditore, la assunzione di legioni di dipendenti pubblici, la gratuità di una gamma infinita di servizi e prodotti, le pensioni anticipate, i dipendenti privati di aziende in crisi “scaricati” sulla pubblica amministrazione (ogni riferimento alla Olivetti è voluto), la “legge Mosca” del 1974 che consentì, in base ad una semplice dichiarazione sottoscritta da un dirigente della stessa organizzazione di appartenenza, di accreditare decenni di anni di “contribuzione” per funzionari di partito e sindacalisti.
Quando il “tesoretto” dei nostri genitori terminò, cominciò la via crucis delle “una tantum”, delle accise sulla benzina, delle aliquote di tasse sempre in aumento, delle tasse di scopo (per la sanità, per l’europa, per un terremoto).
Ecco come è nato il nostro debito pubblico, alimentato in modo infernale dalle stesse tasse degli italiani che erano il carburante per mantenere strutture clientelari in aziende e amministrazioni decotte.
Ecco la ragione per cui la missione impossibile di Berlusconi, del Centro Destra, di chi verrà dopo il Cavaliere, è e sarà quella di riportare il debito pubblico alle dimensioni sopportabili da tasse non usurarie.
Per fare ciò è necessario non reperire nuove entrate con le gabelle, bensì, riducendo la pressione fiscale, dismettere gli impegni finanziari dello stato per abbattere le spese in modo strutturale e anche vendere beni dello stato: immobili, proprietà, reti radiotelevisive.
Ovvio che ciò comporterà per molti una perdita immediata e la necessità per alcuni di cominciare a lavorare veramente, soggetti ai risultati e alla produttività.
L’alternativa, che viene proposta ogni giorno nelle dichiarazioni della sinistra, è ravanare sempre più nelle tasche degli italiani, legittimando chi riesce a sfangarla più o meno legalmente, impoverendoci tutti ma senza risolvere il problema.
Che è il debito pubblico, che è la spesa pubblica, non l’evasione, non la caccia alla tassa più originale per sottrarre denaro dalle nostre tasche.

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31 agosto 2011

Presunzione di innocenza

In questi giorni la sinistra è in difficoltà per la vicenda che coinvolge, a livello apicale, l’ex presidente della provincia di Milano e potentissimo esponente del pci/pds/ds/pd Filippo Penati.
Come è ovvio (e giusto) la (poca) stampa di Centro Destra riserva al Penati lo stesso trattamento che la stampa di sinistra ha sempre riservato in casi analoghi agli esponenti del Centro Destra.
Forse senza quel pizzico di cattiveria in più che emerge sempre a sinistra.
La stampa di sinistra cerca compensazioni e si butta a capofitto contro il povero Claudio Scaloja e la sua casa davanti al Colosseo, sfruttando, ancora una volta, l’ennesima inchiesta da parte di una procura.
Il pci/pds/ds/pd, come ha sempre fatto, scarica vergognosamente i suoi esponenti colti o anche solo sospettati di aver messo le mani nella marmellata, anche quando lo hanno fatto “per il partito”.
Mi sovviene una vecchia barzelletta dell’ingegnere che costruì una casa senza servizi igienici.
Il committente lo insultò brutalmente, ma l’ingegnere non si scompose e promise di trovare lui gli acquirenti.
Il giorno dopo telefonò al committente e disse: venduti tutti e quattro gli appartamenti.
Gli fu chiesto come era possibile, visto che mancavano i servizi igienici.
Semplice, rispose:
Primo piano all’MSI: i missini tengono duro.
Secondo piano alla DC: i democristiani dicono tanto di fare, fare e non fanno mai niente.
Terzo piano al PCI: i comunisti danno tutto al partito.
Quarto piano al PLI: i liberali sono quattro gatti e possono andare sul tetto.
Naturalmente era una barzelletta che, come tutte quelle del genere, aveva e conserva un fondo di verità.
Diventa quindi ancor più ripugnante l’atteggiamento di chi scarica quanti si sono sacrificati “per il partito”, fermo restando che i colpevoli vanno sempre puniti.
Da questo punto di vista molto meglio il comportamento coerente del Centro Destra che difende i propri uomini, sia perchè mi sembra abbastanza fondato il fumus persecutionis vista l’insistenza ad indagare nella nostra Area politica, sia perchè è la corretta applicazione della presunzione di innocenza.
La colpevolezza di una persona esiste solo con la sentenza definitiva passata in giudicato di condanna.
Ogni altro atteggiamento sarebbe un violare i diritti dell’accusato e provocargli un danno che dopo una eventuale (e stante ai precedenti: probabile) assoluzione non potrà mai essergli risarcito.
Per questi motivi sono d’accordo con chi ha votato contro l’arresto di Papa e Tedesco e per questi motivi considero le campagne incrociate contro Penati e Scajola indegne di una nazione civile.
Papa, Tedesco, Penati, Scajola non avrebbero dovuto essere assoggettati a provvedimenti restrittivi o a dimissioni e neppure alla inquisizione all’interno del loro partito.
Solo davanti ad una eventuale condanna derivante da sentenza definitiva passata in giudicato, anche i partiti potrebbero prendere provvedimenti.
Fermo restando che, ove il Popolo, con il proprio voto, confermasse la fiducia in tali soggetti, non ci sarebbe alcuna condanna che tenga, perchè la Sovranità appartiene al Popolo che si elegge i rappresentanti e gli amministratori che vuole.

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