Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

15 aprile 2010

Omaggio a Raimondo Vianello

Un altro dei “Padri” della televisione italiana ha concluso la sua vita terrena, all’età di 87 anni compiuti.
Il nome di Raimondo Vianello dirà forse poco ai più giovani, ma rappresenta per quelli della mia generazione una figura positiva del nostro spettacolo.
Una delle tante figure positive, come fu Corrado Mantoni, come fu Alberto Lupo, come furono Virgilio Savona, Felice Chiusano, Tata Giacobetti e Mike Buongiorno e chiedo scusa ai tanti di cui non ho citato il nome ma che meriterebbero uguale spazio.
Una figura positiva, tra le tante del nostro spettacolo, perchè quelli erano artisti.
Sapevano interpretare.
Si esprimevano in italiano.
Sapevano farci ridere senza dover ricorrere agli insulti e alle volgarità.
Raimondo Vianello rappresentava nel mio personale immaginario tutto questo e anche qualcosa in più, ricordando la sua mai rinnegata partecipazione alla R.S.I.
I giornali radio e i telegiornali di oggi e i quotidiani di domani saranno pieni di quei “coccodrilli” e di tante scene tratte dagli spettacoli di Vianello.
A me piace, qui, ricordarlo in tre episodi.
Un, due, tre ... appunto il titolo di un programma condotto con Ugo Tognazzi, con il quale fece coppia artistica (certo non di altro genere !) per un lungo e felice periodo.
Fu esiliato dalla televisione per aver simulato una caduta dell’allora presidente Gronchi ... pensate alla differenza con il periodo odierno quando offendono impunemente e pur tuttavia gridano alla censura, ma continuando ad utilizzare il microfono e restando davanti alla telecamera pagati da tutti noi !
Gran Varietà, un programma radiofonico che ha accompagnato per anni il nostro risveglio domenicale e se anche ho sempre preferito Johnny Dorelli, pur tuttavia Raimondo Vianello è, a pieno titolo, il conduttore che, assieme a Dorelli, ha fatto la fortuna del programma.
Infine la sua “Casa Vianello” con la moglie Sandra Mondaini, con una rappresentazione televisiva di quelle schermaglie tra moglie e marito celebrate in radio da altri due grandi del nostro spettacolo: Rina Morelli e Paolo Stoppa con gli indimenticabili “Eleuterio e Sempretua”.
E poi tanti altri programmi, fino al riconoscimento della sua passione calcistica con la conduzione di trasmissioni sportive sulle reti Mediaset.
Trasmissioni, superfluo rammentarlo, educate, ironiche, gradevoli e sempre piacevoli.
Non si può poi non ricordare il coraggio di Vianello (e di Corrado, di Buongiorno e di pochi altri) agli albori delle televisioni libere, scegliendo di andarvi a lavorare, abbandonando il comodo porto della Rai.
E ancor più coraggio ci volle a sostenere le ragioni delle televisioni libere quando, nel 1996, fu tentato un referendum che avrebbe favorito la Rai e penalizzato la libera impresa e tutto , solo, in antipatia a Berlusconi.
Non posso quindi che ricordare con piacere e gratitudine e rendere omaggio con queste poche righe ad un grande professionista dello spettacolo e avere, come caro ricordo, quella video cassetta che mi fu regalata pochi anni fa, con alcune delle migliori scene di “Un, due, tre”.

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14 aprile 2010

Schifani ha contratto la doroteite ?

Delle tre le maggiori cariche istituzionali, il presidente del senato, fino ad ora, era apparso il più moderno e meno incline ai doroteismi parrucconi del linguaggio di Palazzo.
Non vorrei che la vacanza con Casini alle Maldive avesse immesso in Renato Schifani un virus negativo, vista la sua prima dichiarazione – non condivisibile – al ritorno dalle vacanze pasquali.
Perchè mai “non c’è fretta” per le riforme ?
Perchè mai dovrebbero avere una “larga maggioranza” ?
Perchè mai un senato federale sarebbe una camera di serie “b” ?

No, presidente Schifani, così non va.
E’ da 16 anni che si parla di riformare lo stato ed è ora che in tre anni si faccia tutto: giustizia, costituzione, immigrazione, tasse: il tempo delle discussioni è finito.
La maggioranza sia maggioranza e, in base al principio democratico, anche un solo voto è sufficiente per realizzare gli impegni di governo.
Non si sogni di spingere per compromessi o annacquamenti solo per avere il voto di Udc o, peggio ancora, del pci/pds/ds/pd.
Un fatto del genere equivarrebbe ad un tradimento degli elettori che hanno votato Berlusconi in netta e totale contrapposizione alla sinistra.
Il senato federale avrebbe delle competenze esclusive su materie che sarebbero, quindi sottratte alla camera bassa: dov’è la “serie b” ?
Non vorrei che possa solo essere una scusa per rinviare ogni decisione.
Perchè una decisione dovrà essere presa e se comprendo la preoccupazione dei politici meridionali, è anche da porre un freno ai continui trasferimenti (improduttivi) di ricchezze, unicamente per mantenere clientele, inefficienze e sovrastrutture, dalle regioni virtuose e produttive a quelle scialacquatrici.
Mi auguro che l’aria di casa possa "guarire" il presidente del senato da un inaspettato virus, con ogni evidenza contratto in una infausta vacanza all’estero.

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13 aprile 2010

Il modello italiano per una riforma costituzionale

Ogni tanto, persino Fini riesce ad azzeccarne una.
E’ probabile che, per il 2010, abbia già esaurito il bonus e che la sua esternazione abbia un secondo fine, ma intanto registro con piacere un soprassalto di buon senso.
Cosa ha detto Fini di così straordinario ?
Beh, in assoluto di “straordinario” non ha detto nulla, ma usando il buon senso la “straordinarietà” è che, per una volta, non ha portato acqua al mulino della sinistra.
Fini ha detto: ma perchè, invece di ragionare in termini di “modello francese” o “modello tedesco” non introduciamo un “modello italiano” adatto alle nostre esigenze ?
Puro e semplice buon senso.
Dobbiamo poi intenderci su quali sono le nostre esigenze sulle quali costruire il “modello italiano”.
Prima di tutto, esigenza peraltro non solo italiana, è la governabilità, cioè la possibilità di dar corso al proprio programma da parte del partito o della coalizione vincente, superando e senza dover sottostare ai veti dell’opposizione, della magistratura, di altri organi dello stato.
La governabilità è quindi la possibilità, in forza di una maggioranza consegnata alle urne dal Popolo Sovrano, di applicare il programma, assumendosene la responsabilità politica, e superando sofismi e ostruzionismi.
Al termine della legislatura sarà il Popolo Sovrano a decidere se il governo ha funzionato bene meritando la riconferma, o male meritando di essere sostituito.
Come conseguire la governabilità in Italia ?
Anche qui si potrebbe aggiungere: non solo in Italia.
Una guida singola, un presidente eletto dal Popolo, con il potere di decidere e di agire senza dovr sottostare a compromessi e mediazioni.
Quindi presidenzialismo, nella sua forma primaria che vede unirsi nella figura del Presidente, come si dice negli Stati Uniti, quattro “cappelli”:
- Capo dello stato
- Capo dell’esecutivo
- Capo delle Forze Armate
- Capo del suo partito
.
L’alternativa può essere una scissione tra il capo dello stato e dell’esecutivo, utile se il primo sia veramente una figura super partes e non un prodotto della burocrazia o delle conventicole di partito, fermo restando il potere esecutivo nel soggetto che ottiene l’investitura direttamente dal Popolo.
Perchè questo dualismo possa funzionare vedrei comunque meglio un capo dello stato che sia un monarca ereditario, quindi sottratto ai compromessi, ai condizionamenti di una elezione parlamentare, un capo dello stato che, cioè, possa decisamente rappresentare l’unità della Nazione da una posizione super partes.
Ma l’Italia è anche una nazione in cui quando ci si trova in tre si formano subito due fazioni, per cui è necessario canalizzare e dare rappresentanza a numerose istanze particolari.
Pur essendo personalmente sempre stato a favore del bipartitismo, mi sono convinto che un tale sistema non è adatto all’Italia, dove invece il sistema elettorale dovrebbe essere tale da imporre ai movimenti rappresentativi delle idee più vicine di unirsi in coalizioni omogenee, all’interno delle quali misurare le proprie forze, con un patto di legislatura che impedisca i ribaltoni.
In questo quadro la attuale legge elettorale mi sembra la migliore possibile, con alcuni correttivi.
1) Il collegio unico nazionale anche per il senato;
2) la trasformazione del premio di maggioranza in seggi attribuiti ad un listino “del Presidente”;
3) la decadenza dei parlamentari che cambino coalizione
.
Ed ecco un “modello italiano” ben definito.
Un presidente capo dello stato e dell’esecutivo con pieni poteri per tutta la durata del mandato e un parlamento, con pluralità di partiti in rappresentanza – anche simbolica – di tutte le istanze della nazione, eletto su base maggioritaria ma con premio al listino del presidente vincente.
Alternativa un capo dello stato – meglio un monarca con una dinastia ereditaria – meramente rappresentativo della unità nazionale e un Premier eletto dal Popolo con gli stessi criteri e poteri di cui sopra.
Si unisce così la necessaria capacità e rapidità decisionale con l’assecondare le italiche peculiarità che fanno leva su un forte individualismo.

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12 aprile 2010

Buoni e cattivi

Emergenza

E’ del tutto evidente che non posso sapere quanto e se ci sia qualcosa di vero nelle gravi accuse che sono state mosse contro gli “operatori” di Emergency in Afghanistan.
E’ altresì evidente che ognuno di noi ha una sua idea fondata sul (pre)giudizio che ha maturato nei confronti dei protagonisti o dell’associazione di cui fanno parte.
Di Gino Strada, fondatore di Emergency, ricordo di aver letto un articolo che ne metteva in risalto l’estremismo come filo conduttore della sua attività politica prima e “umanitaria” poi.
Considerando le idee che ha espresso circa la liberazione dell’Afghanistan e dell’Iraq da parte delle truppe Occidentali, credo sarebbe meglio se l’azione di queste organizzazioni in teatri come l’Afghanistan fosse assoggettata al rigido controllo del Governo.
Se non altro per evitare che l’Italia rischi figuracce vergognose come quella che si realizzerebbe qualora le accuse fossero confermate e provate.

Polonia in lutto

Un incidente ha ucciso il presidente polacco che si era distinto per posizioni politiche conservatrici e per l’opposizione alla rinuncia della sovranità nazionale a favore dell’europa.
Credo non ci sia persona che si domandi: fu vero incidente ?
In Italia abbiamo, ancora aperto, il “caso Mattei” che ci porta inevitabilmente a sospettare, quando si parla di “incidenti” aerei.
L’augurio è che la Polonia sappia reagire, conservare e, anzi, sviluppare quello spirito nazionale di cui il defunto presidente era il testimone più autorevole.
Intanto la tragedia polacca ci ha confermato di che spessore è la sinistra che ride di una vignetta aberrante e neppure capisce che in Polonia è morto il presidente della repubblica e non quello del consiglio ...

Ungheria in festa

Le elezioni ungheresi hanno dato una ampia (oltre il 52%) maggioranza assoluta al partito moderato di Centro Destra che con il secondo turno potrebbe anche riuscire ad ottenere il due terzi dei seggi, quota necessaria per modificare la costituzione.
I socialisti sono stati più che dimezzati arrivando appena al 19%, mentre un grande successo (quasi il 17%) ha arriso al partito Jobbik, di Destra, qualificato, tanto per cambiare, “razzista e xenofobo”.
Credo che il successo di questi partiti in Olanda, Francia, Gran Bretagna, Ungheria, ma anche della Lega in Italia, rappresenti un fatto positivo, perchè ci dice che il tema della Identità Nazionale è ben presente nei cittadini che rispondono al richiamo di chi sostiene quei Valori, fondati su radici antiche, oggi tanto neglette nei rarefatti (e la mancanza di ossigeno si avverte tutta !) ambienti inttelletual-chic.
Il problema non è il sostegno di posizioni asserite (a torto) “razziste e xenofobe”, quanto l’immissione nelle nostre società civili di una immigrazione massiccia che stravolge il nostro tessuto sociale, economico, etnico, politico e identitario.
La risposta non può che essere il voto a favore di chi, tali Valori Identitari e Nazionali, mostra di sostenere.



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11 aprile 2010

Il tempo per discutere è finito

Negli anni di lavoro in campo legale, in politica e nel sindacato, ho imparato che quando una parte non ha idee, argomenti o forza per sostenerli, tenta disperatamente di guadagnare tempo, proponendo, con sorriso accattivante e toni concilianti: “discutiamone”.
L'obiettivo, però, non è arrivare ad una definizione condivisa dell'insorgenza, bensì di bloccare o, quanto meno, rallentare, le decisioni che l'altra parte ha assunto in base alle sue idee, a solidi argomenti e la forza per sostenerli.
Le reiterate querimonie di Bersani che si concludono immancabilmente con un “confrontiamoci” o un “discutiamone”, rinviando peraltro a quell'autentico porto delle nebbie di ogni riforma che sono le commissioni parlamentari, non sono diverse dagli atteggiamenti di debitori, oppositori o controparti lavorative colte in flagranza di torto.
E' purtroppo da registrare che, in soccorso di un Bersani suonato dalle elezioni come il suo partito, accorre prontamente Fini che tenta di smentire persino Berlusconi, reclamando una nuova legge elettorale con la scusa che il semipresidenzialismo alla francese può reggersi solo con il sistema a doppio turno.
Sistema che, guarda caso, è il più favorevole alla sinistra, ma anche il più pernicioso per la Nazione Italiana, che ha bisogno di guide sicure e di ridurre al minimo le turbolenze delle campagne elettorali.
Senza considerare che il doppio turno è foriero di intrallazzi e inciuci sulla testa (e sulle tasche) dei cittadini, come si può ben comprendere quando al ballottaggio si presentano solo i due candidati più votati al primo turno e cercano di accaparrarsi – con promesse, compromessi, accordi sopra e sottobanco – i voti dei candidati sconfitti al primo turno.
Un autentico suk arabo, dove ogni offerta ha un prezzo, alla faccia dei Valori che dovrebbero essere protagonisti dell'agone politico.
Il tempo delle discussioni, dunque, è finito.
Colpa della sinistra che, invece di preoccuparsi di definire un progetto di società, per 16 anni ha puntato ai ribaltoni contro Berlusconi in groppa alla tigre giustizialista e al seguito delle truppe togate.
Berlusconi ha parlato: semipresidenzialismo con turno unico.
La Lega è d'accordo.
Berlusconi e Bossi sono i vincitori delle elezioni regionali proprio su quei temi e Fini non ha portato alcun valore aggiunto al Centro Destra, anzi ne è stato una autentica palla al piede, mentre Bersani & compagni hanno fatto la figura dei pifferi di montagna: vennero per suonare e furono suonati.
A questo punto non vedo perchè si debba perdere ancora tempo per discussioni, commissioni, bozze , controbozze, proposte e minuetti vari.
Si voti una legge che porti al semipresidenzialismo alla francese, con elezione diretta e contemporanea, in un turno unico, del Presidente e del parlamento.
Si agisca per la riforma istituzionale così come, giustamente, ha agito il Governo per il ritorno dell'Italia al nucleare: poche chiacchiere e tanti accordi, nero su bianco.
Bersani e Fini non vogliono che il Popolo Sovrano possa concedere a Berlusconi una investitura presidenziale ?
Problemi loro, perchè non sono capaci di essere in sintonia con il sentimento della Nazione.


* L'immagine che illustra questo post è "rubata" dal blog dell'amico Sarcastycon , da cui potrete vederne molte altre e tutte centrate sugli argomenti all'ordine del giorno.

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09 aprile 2010

La strada per l'Inferno è lastricata di buone intenzioni

Voglio essere generoso e in questa sede diciamo pure che riconosco la buona fede dei vari signori della Caritas, dell’ufficio immigrazione del Vaticano e di tutto quell'esercito che ruota attorno a tale problema, sia in casa laica che in quella cattolica (quindi onlus, associazioni, trasmissioni radiotelevisive, partiti, sindacati, associazioni consumatori, singoli parlamentari, sindaci, assessori, etc. ...).
Fatta una premessa doverosa, devo però rilevare come, ancora una volta, la saggezza popolare dovrebbe far suonare dei campanelli di allarme nei confronti di tutta la “bontà” che costoro diffondono nel mondo.
I figli degli illegali devono essere ammessi negli asili nido finanziati con i soldi dei contribuenti italiani ) ?
I figli degli immigrati che non pagano le rette mensa devono essere mantenuti nelle mense con i soldi dei genitori che le pagano e, ancora una volta, con i soldi degli Italiani ?
Gli illegali che arrivano sui barconi devono essere accolti, rifocillati, ospitati, protetti ?

I “buoni” rispondono: certo.
Io, che non appartengo a quella categoria, dico: vediamo.
Allora, se vediamo, scopriamo che l’Italia non ha risorse sufficienti per i suoi abitanti ed è costretta ad importare beni di prima necessità, mantenendosi con l’ingegno e la trasformazione dei prodotti.
Perchè un simile delicato equilibrio possa consentirci di conservare il nostro Benessere, è necessario evitare di impegnarsi in ciò che non possiamo sostenere, come fanno tutte le famiglie.
Ma abbiamo anche una Storia, nobile e gloriosa, che affonda le sue radici nella Romanità e nel Cristianesimo: è la nostra Identità.
Una Identità che ci ha consentito di creare una Nazione progredita e con legittime aspirazioni di ulteriori progressi.
E siamo una nazione ad alta densità di popolazione, dove gli spazi “liberi” non esistono e dove ogni nuovo arrivo aumenta una sovrappopolazione che ormai insiste sul nostro territorio.
Abbiamo bisogno della immissione di milioni di persone che non hanno la nostra storia, le nostre radici, la nostra identità, la nostra cultura, le nostre capacità e conoscenze ?
Accettare queste persone in quantità massiccia, significa creare degli spostati, fomentare odi, instillare in costoro desideri di rivalsa.
Non è un caso che in Inghilterra e in Francia i responsabili degli attentati del luglio 2005 e della c.d. rivolta delle banlieu fossero immigrati (regolari, regolarizzati e con la cittadinanza) di seconda e terza generazione.
Allora non è meglio che gli irregolari (e loro prole) siano identificati e rispediti a casa loro ?
Non è meglio che anche chi è regolare sappia che in Italia i servizi si pagano (o non se ne usufruisce) ?
Non è meglio che i clandestini che cercano di sbarcare sulla nostra terra siano immediatamente fermati ?

Perchè illudere delle persone, quando la realtà è ben diversa e il Bengodi che si aspettano diventerebbe un inferno per loro e per noi, togliendo a noi la sicurezza e il benessere di cui godiamo, senza migliorare affatto le loro condizioni ?
Le strade per l’inferno sono lastricate di buone intenzioni e sicuramente le intenzioni dei “buonisti” sono buone (come nell’orazione shakespeariana di Antonio in morte di Cesare, Bruto era un uomo d’onore ...) , ma i risultati sono pessimi per il loro protetti e per la nazione italiana.
Così, approfondendo, non sono poi così convinto che i “buoni” siano proprio quelli che si credono tali e che i “cattivi” siamo noi con i piedi ben saldamente piantati per terra (la nostra).




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08 aprile 2010

Unicuique suum


Questa mattina, come al solito, ascoltavo in radio la trasmissione “Istruzioni per l’uso” (tanto per svegliarmi con una scarica di adrenalina ...) della Falcetti (di cui ho già scritto in passato) ed ho rilevato l’ennesimo intervento, senza contradditori, di un certo Trefiletti, che sarebbe il segretario di una associazione consumatori di derivazione cgil, a me ben noto per i suoi monologhi contro Berlusconi e il Centro Destra.
Questa mattina tuonava contro la decisione del Governo di abolire le agevolazioni postali per l’invio della stampa delle onlus (e anche delle associazioni dei consumatori).
A me sembra una decisione più che giusta ed opportuna.
I servizi vanno pagati per i loro costi, sennò li dobbiamo pagare tutti noi, quindi che siano quelli che contribuiscono a quelle organizzazioni a pagarsi la propaganda.
Senza considerare che, forse, adesso avremo la buca della posta meno intasata da tutte le richieste di denaro e contributi e, auspicabilmente, i soldi che doniamo in beneficenza verranno meglio utilizzati per gli scopi sociali e non per stampare e spedire opuscoli che finiscono immancabilmente tra i rifiuti.

Proseguendo nella giornata leggo i quotidiani del mattino e viene dato risalto, dopo il fatto accaduto in provincia di Vicenza, ad analogo episodio nel bresciano: genitori morosi (per lo più – 80% - extracomunitari) ai quali viene intimato di pagare le rette mensa dei figli, sennò non vi si provvederà più.
I buonisti in s.p.e., gli stessi che sfruttano ignobilmente i sentimenti di pietà e tenerezza che ispirano i bambini per imporre la presenza dei figli degli illegali negli asili nido, vengono presi dal ballo di S. Vito e strillano e strepitano al razzismo.
Ma quale razzismo peggiore è quello di caricare sulle spalle degli Italiani che pagano le rette, anche le quote degli extracomunitari che non le pagano ?
Perchè mai dovremmo provvedere, dopo che si pagano altissime tasse, anche a ulteriori esborsi per mantenere chi non paga ?
E chi ci dice che chi non paga è indigente e non semplicemente un “furbo” ?
Anche qui: i servizi vanno pagati.
Da tutti.
E chi non paga non può usufruirne.
Se uno è indigente chieda al comune che dovrà però fare i necessari accertamenti e, come accade negli Stati Uniti per chi viene mantenuto dal pubblico agli studi, dovrà provvedere a recuperare in futuro le somme spese oggi per l’educazione e il mantenimento degli indigenti.

Il trittico termina con la famigerata “pillola del giorno dopo” che, neanche dirlo, viene entusiasticamente diffusa nelle regioni rosse.
La prima pillola al di fuori della sperimentazione viene quindi concessa in Puglia.
La signora che ne ha fatto (legittimamente) uso, leggo che intima, in una dichiarazione ripresa da Il Resto del Carlino online, alla Chiesa e agli Uomini di tacere.
Io non taccio.
A parte la considerazione che la partecipazione dell’Uomo al concepimento rappresenta un apporto del 50% all’evento, che mi attribuisce analogo e proporzionale diritto a partecipare alle scelte (anche se la famigerata 194 concederebbe l’ultima parola alla donna: non sono d’accordo !), a parte il fatto che esistono i mezzi per “prevenire” una maternità indesiderata, è bene riaffermare che l’aborto non può essere considerato un “diritto” , nè, tantomeno, una “conquista”.
Può essere, in casi limitati, una dolorosa necessità.
Ed è inalienabile il diritto dell’Uomo a partecipare alle decisioni con pari dignità e “peso” della Donna, così come è inalienabile diritto di ogni Maschio esprimere la sua opinione in materia, diritto che appartiene anche alle associazioni politiche e religiose, ivi inclusa la Chiesa Cattolica.
Non riusciranno ad imporci il bavaglio !


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07 aprile 2010

Un colpo al cerchio e uno alla botte

In assenza di una opposizione seria, tale “vacatio” vede la supplenza di Napolitano che, però, per non “scoprirsi” troppo, consapevole di come a sinistra usino le persone e poi le “gettino”, è costretto a dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, nel tentativo di rallentare il cammino riformista del Governo Berlusconi-Bossi.
Ha firmato il decreto “salvaliste”, peraltro totalmente disapplicato là dove era necessario, poi ha rispedito alle camere i nuovi interventi sul mercato del lavoro, ivi inclusa l'introduzione dell'arbitrato nelle controversie di lavoro.
Oggi eccolo firmare il provvedimento che introduce il “legittimo impedimento” per il Premier e i suoi Ministri, ma nel contempo vanifica l'afflato riformatore chiedendo “larghe condivisioni” il che significa concessione del diritto di veto alla minoranza.
Un colpo al cerchio e uno alla botte.
Così si prende tempo, si rimandano le scelte, si rallenta qualsiasi attività di governo.
Se a questo aggiungiamo i magistrati militanti e le regioni rosse che ostacolano, i primi “interpretando” anche ciò che – come i provvedimenti sull'immigrazione – non ha bisogno di essere interpretato, le seconde con continui ricorsi per conflitti di competenza, le decisioni pur votate dal parlamento, vediamo come nonostante il rinnovato consenso ottenuto dal Popolo Sovrano, l'azione riformatrice del Governo sia parzialmente vanificata.
Noi cittadini elettori, ci aspettiamo che Berlusconi e Bossi realizzino le riforme concordate.
Anche se ciò dovesse significare uno scontro istituzionale da risolvere con la chiamata finale alle urne, in una Armageddon politica che potrà, sola, restituire il potere a chi deve realmente detenerlo: il Popolo Sovrano.

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06 aprile 2010

Sulle barricate con Benedetto XVI

In questi ultimi mesi, prendendo a pretesto la triste vicenda della pedofilia, è un crescendo di attacchi contro la Chiesa Cattolica, il Vaticano e il Papa.
La prima reazione è criticare la Chiesa: primo per lo sbaglio non sufficientemente sanzionato di alcuni (una netta minoranza) suoi sacerdoti, poi perché non si difende con adeguata energia.
La Chiesa dovrebbe ricordare che la percentuale di sacerdoti coinvolti in vicende moralmente disgustose è inferiore a quelle che si ritrovano al di fuori di essa.
Pensiamo solo, giusto per fare due casi, alla vicenda di Marrazzo e a quella della “papessa” luterana.
Appare quindi evidente che la questione dei preti pedofili è solo un pretesto per portare un attacco alla Chiesa, nel tentativo di rimuovere quello che sta diventando uno dei pochi baluardi contro la degenerazione completa dei costumi, contro l’abbandono di ogni etica e morale della Vita e della Famiglia.
In sostanza contro una delle gambe della nostra Civiltà, per sostituirla con non si sa bene cosa, un laicismo dominato dalle pulsioni, dall’interesse, dal piacere più perverso che sopraffa una visione etica della società e del futuro.
In sostanza è una lotta dei Valori e della Tradizione civile del Popolo Occidentale, contro disvalori elevati a materialistico traguardo, senza alcuna trascendenza e senza alcuna speranza per il futuro dell’Umanità.
Non è un caso, infatti, che gli attacchi alla Chiesa siano portati da una alleanza che rappresenta le più retrive consorterie laiciste che, paradossalmente, se nel nome dello “stato laico” pretendono di piegare la Chiesa al loro volere, mettendole il bavaglio e criminalizzandola, dall’altro difendono il “diritto” dei musulmani, anche di quelli più intolleranti e fondamentalisti, ad infiltrarsi nella nostra società, forse sperando che possano aiutare ad indebolire la Chiesa.
Tali consorterie, infatti, tacciono sulle ben più gravi violazioni di ogni diritto che vengono perpetrate nelle nazioni dominate dall’islam, con l’unica eccezione per quello che è l’unico insegnamento positivo che viene dai seguaci di Maometto, l'unico che dovremmo recepire: la condanna dell’omosessualità.
Non sfugge come l’attacco a Benedetto XVI provenga dagli stessi ambienti, dalle medesime consorterie che si opposero al Presidente Bush e aggrediscono il Presidente Berlusconi, a riprova che l’obiettivo è l’abbattimento della Civiltà come la conosciamo, per sostituirla con un regime decadente, fondato sulle pulsioni e sulla dominazione delle consorterie il cui obiettivo è trasformare uomini liberi in una massa schiavizzata, obbediente e obbligata agli stessi comportamenti, all’uso delle parole d’ordine, tutte uguali, del “politicamente corretto”.
Spiace vedere che la Chiesa, pur sotto attacco, non riesca a reagire con sufficiente energia e là dove coglie il pericolo di una nuova forma di razzismo, si premuri di smentire chi, come Padre Cantalamessa, ha il coraggio, sia pur come citazione altrui, di svelare il disegno ostile.
Spiace anche vedere come nel mondo della Rete ben pochi siano i laici che prendono le difese della Chiesa.
Eppure sono gli stessi che ogni due per tre blaterano di “diritti” e si definiscono persino “liberali”.
Sono tutti motivi che inducono un agnostico a salire sulle barricate, dalla parte di Benedetto XVI.

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05 aprile 2010

Tutto iniziò con il divorzio

Le non casuali esternazioni (che condivido ed alle quali plaudo) dei neo Governatori della Lega, Roberto Cota (Piemonte) e Luca Zaia (Veneto) contro l’uso della cosiddetta “pillola del giorno dopo” forniscono lo spunto, finita la attualità del momento elettorale, per una riflessione su quello che per me sono le fondamenta di un vivere sociale e civile: la moralità dei costumi.
Come è possibile che siamo scesi così in basso ?
Tutti coloro che, per professione o per diletto, conoscono i classici e la storia dell’Umanità, sanno che quando una civiltà perde l’integrità dei comportamenti morali (il vecchio “buon costume”) è ormai sul viale del tramonto.
Questo è accaduto alle civiltà indigene del Centro America, travolte sì da pochi avventurieri europei, ma crollate perché incapaci di trovare in se stesse la forza per resistere ad un invasore numericamente inferiore, ma fortemente motivato e convinto.
E’ accaduto all’Impero Romano, finito per mano di quei barbari ripetutamente sconfitti, ma che hanno trovato il burro quando le antiche virtù hanno lasciato il posto a comportamenti amorali, alla lascivia e il governo ad amministratori debosciati.
E’ accaduto all’Impero Bizantino, dove la perversione della classe dirigente (forse l’unica che ha – meritatamente – pagato con la completa eliminazione la sua colpa) ha aperto le porte all’invasione musulmana.
Sembra profilarsi analoga catastrofe anche per la nostra civiltà, come possiamo constatare dal progressivo sgretolarsi di quei capisaldi che hanno fornito la base da cui l’Occidente si è lanciato non solo alla conquista materiale del Mondo, ma anche a quella supremazia economica, civile e politica che ha caratterizzato almeno gli ultimi due secoli.
Purtroppo l’Italia, pur avendo una giovane storia unitaria, ha compiuto rapidi passi per allinearsi alle più consolidate nazioni “sorelle”.
Ho una età che mi consente di avere un sia pur vago ricordo degli anni sessanta, gli anni del boom economico e della ricchezza crescente.
Lo spartiacque fu il cosiddetto “autunno caldo” del 1969 coniugato con il provinciale scimmiottamento delle rivolte studentesche americane, tedesche e francesi.
L’economia andò in crisi e la scuola cessò, progressivamente, di trasmettere cultura e valori per trasformarsi in un diplomificio e in un parcheggio per figli di genitori impegnati più per se stessi che per la Famiglia.
Ma quello che oggi ritengo il vero grimaldello che ha scardinato la nostra società, fu l’introduzione del divorzio con la legge 898 del 1° dicembre 1970, purtroppo confermata nel referendum popolare del 1974.
Dopo quell’evento sono saltati tutti i freni: aborto, omosessualità, eutanasia, droga, tutto è diventato lecito, ammissibile, ha trovato sostenitori per la sua legalizzazione e, addirittura, chi vi si oppone rischia l'introduzione di una legge che sanzioni il suo pensiero come "reato" ... di opinione.
Prima del divorzio la Famiglia aveva la maiuscola.
Non credo che per i nostri genitori fossero tutte rose e viole, ma l’interesse di quel nucleo di base della nostra società che avevano costituito con il matrimonio di un Uomo con una Donna, era anteposto alle pulsioni del singolo.
Forse litigavano, forse si amareggiavano, ma quando si trattava di prendersi cura dei figli, di educarli crescendo i cittadini del futuro, erano uniti.
Facevano uno sforzo e continuavano a vivere assieme … magari in camere separate, ma non divorziavano.
In questo momento non ricordo genitori di miei amici di infanzia che si fossero separati e poi divorziati, neanche anni dopo l'introduzione della legge sul dovorzio.
L’introduzione di una legge che ha consentito di sciogliere il matrimonio ha reciso quel vincolo che consentiva di superare tante difficoltà, davanti alla prima delle quali oggi si preferisce terminare l’esperienza matrimoniale.
Una volta c’era il senso di responsabilità nelle scelte che ciascuno faceva nella vita, scelte dalle quali spesso non si poteva tornare indietro senza perdite.
Dopo il divorzio è stata proiettata l’idea che tutto fosse “resettabile” e, quindi, si è spinto ad assumere le decisioni senza adeguata riflessione o preparazione, più per il piacere del momento che pensando al futuro.
A rimetterci non sono solo i figli, sballottati nelle famiglie cosiddette “allargate” con doppie triple madri, nonne, padri e nonni, ma anche la capacità di crescere nella consapevolezza di dover prendere decisioni riflessive e di assumersi le proprie responsabilità.
In linea teorica, il divorzio è fondato su una logica risposta alla impossibilità alla convivenza tra due persone.
Ma questo può essere utile se bilanciato da una rigida e limitata applicazione delle norme, che abbiano come primo obiettivo il bene della Famiglia e non la comodità dei singoli, quindi una legge che consenta il divorzio in modo responsabile e non come se si trattasse di cambiare un soprammobile.
Quindi tempi necessariamente lunghi, magari limiti quando ci sono figli minorenni, rivisitazione delle norme sugli “alimenti” che spesso sono un modo per una parte (il più delle volte la donna) di vivere di rendita, impoverendo al limite (e anche oltre) dell’indigenza l’altra.
Purtroppo l’evoluzione delle norme è andata in senso opposto.
Dai cinque anni originari di separazione prima di accedere al divorzio, si è passati a tre e c’è chi – i soliti radicali ! – vorrebbe ridurre persino questo limite, rendendo veramente il divorzio un qualcosa di più semplice e meno impegnativo del cambio della televisione o dell’automobile.
Potremo recuperare la perduta saggezza del “buon costume” ?
Cota e Zaia ci confortano in questa speranza che rappresenta anche la speranza di non vedere il crollo della nostra Civiltà.

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