Se Marx pensava che tutto ruotasse attorno all’economia, aveva comunque sbagliato su “quale” economia fosse di riferimento.
Lui pensava all’economia di uno stato, in realtà l’economia attorno alla quale ruoterebbe il “tutto” è quella di quelle poche centinaia di super manager, grandi industriali (imprenditorialmente decaduti) e la loro ristretta cerchia di sodali.
E sono gli affari, non più “di famiglia” ma bensì “dei famigli” ad essere al centro dell’interesse di chi manovra stampa e politica.
Vediamo così che nel quinquennio di governo della sinistra sono state attuate le principali fusioni bancarie: Banca Intesa, Unicredit, San Paolo con i conseguenti benefit di una generazione di manager ( è sufficiente verificare una qualsiasi statistica anche solo sulle stock option fruite in Italia e vedere chi è che ha guadagnato e quanto) che abbiamo puntualmente ritrovato nelle cronache vuoi dei “salotti buoni”, vuoi delle primarie sinistre, vuoi nell’azionariato del Corriere della Sera che appoggia la sinistra, vuoi in ognuna di queste circostanza.
Così, nell’imminenza di elezioni che a sinistra pensavano già vinte (e se così fosse stato mai Mieli avrebbe sporcato l’immagine – apparente – di indipendenza del suo corriere) si è tornati a parlare di fusioni bancarie.
E chi c’è in mezzo ?
Banca Intesa di Bazoli e Passera, Capitalia di Geronzi e Arpe, Monte dei Paschi di … Fassino ?, Unicredit di Profumo.
Tutti nomi e insegne già ricorrenti in altrettante occasioni analoghe e che si sono messi disciplinatamente in fila, assieme ai no global che sabato hanno mostrato a Milano il vero volto della sinistra, per votare Prodi alle "primarie" della sinistra.
Come ha dimostrato la vicenda BPI/Antonveneta e Unipol/BNL, con i rispettivi fallimenti, e come hanno dimostrato le fusioni della fine anni novanta (Intesa, Unicredit) conta – e molto – avere un compiacente governo amico che possa rappresentare gli interessi dei “poteri forti”.
Cosa che, evidentemente, non è stato il Governo Berlusconi che ha fatto della neutralità la sua bandiera, portando per la prima volta lo Stato ad essere quel “terzo” non interessato se non a far rispettare le regole del gioco, interpretando correttamente una delle tante libertà sconosciute alla sinistra: la libertà di mercato.
Una collusione evidente tra finanza (di colore rosso marcio), grande industria (grande soprattutto per debiti e necessità si elargizioni pubbliche), lobbies corporative (giornalisti, magistratura, sindacati) che, tramite i loro ascari (boiardi di stato, funzionari di partito e delle vecchie partecipazioni statali) lanciano l'assalto alla diligenza del tesoro pubblico.
Da un lato per ottenere il via libera e le agevolazioni legislative necessarie per le operazioni di carattere finanziario non riuscite con il Governo Berlusconi, dall'altro per continuare, tra sovvenzioni e rottamazioni, elargizioni e privilegi, a sfruttare il lavoro di tanti per il piacere di una elite.
Così, i poteri forti amano i governi deboli da manipolare e condizionare ai propri fini e da qui discende l’appoggio fornito alla lista della sinistra, quella dei Caruso, dei Luxuria, dei Grillini, dei Diliberto "con le mani grondanti sangue" ma, soprattutto, dei Prodi che non hanno un partito, non hanno un seguito e sono prigionieri di tutte le varie componenti che hanno dovuto assemblare per poter, sulla carta, sperare di insediarsi a Palazzo Chigi.
E sono gli stessi motivi per cui un cittadino Italiano (con la "I" maiuscola) non può, a difesa della sua propria libertà di mercato, per evitare oligopoli, cartelli soffocanti e una economia dirigista finalizzata a perpetuare il potere dei soliti noti e basata sulla spremitura fiscale, che votare per il Centro Destra.
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