21 agosto 2016
Renzi a caccia dei nostri soldi
Le promesse non mantenute sono nodi che stanno arrivando al pettine man mano che scorre il tempo.
Il bulletto di Rignano contava di far coincidere la sua presidenza con una ripresa mondiale che, trainando anche noi, avrebbe mascherato l'incapacità sua e dei suoi adepti a tonificare lo spirito nazionale con un vero taglio delle tasse, ripresa di produttività e occupazione, riduzione del debito pubblico.
Come a Monti e Letta prima di lui, gli è andata male, tra terrorismo, Brexit ed unione sovietica europea.
Ci si mettono poi l'immigrazione che costa un miliardo all'anno senza alcun ritorno e la magistratura che sembra godere nel bastonare le nostre aziende più produttive e nell'emettere sentenze che comportano esborsi miliardari per lo stato, cioè per tutti noi.
Ultima quella sul contratto per gli statali.
È vero che sono da sei anni senza il rinnovo, ma è anche vero che nei precedenti dieci anni hanno ottenuto aumenti ingiustificati che il settore privato neanche si sogna di chiedere.
Ed è soprattutto vero che una azienda malata come lo stato italiano, se vigesse la normale regola privatistica, non pagherebbe più stipendi perché i libri sarebbero già in tribunale per fallimento.
Ma gli statali sono tre e più milioni.
Con mogli e figli elettori si parla di circa sei milioni di voti, quasi tutti sindacalizzati nella cisl e cgil e quasi tutti elettori della sinistra.
Allora Renzi ha aperto la caccia al tesoro degli Italiani, per sottrarci altre risorse e pagare quegli aumenti che potrebbero significare la differenza tra vincere e perdere il referendum, cioè tra andare in riva all'Arno a risciacquare i suoi panni, o continuare a fare la bella vita a spese di tutti noi.
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