Una sonnolenta domenica di agosto si è trasformata nel mattatoio mediatico per, pensate un po', l'immensa somma di tremila euro (neppure sei milioni di lire, lo stipendio mensile di un quadro direttivo neppure all'apice della carriera) suddivisi tra cinque parlamentari che, partite iva, hanno legittimamente richiesto il bonus stanziato dal governo senza prevedere distinzioni di reddito o situazioni personali, ma solo come aiuto a chi, per colpa della reclusione forzata, non ha potuto guadagnare nulla.
Tanta cagnara (che continua) per 3000 euro e silenzio totale sulla richiesta da parte del governo di ben 28 miliardi, che aumenteranno il debito di tutti noi, da finalizzare alla improduttiva politica assistenzialista messa in atto da Conte e dai cattocomunisti.
La sproporzione è talmente evidente che a pensare male non si fa neppure peccato: la storia dei cinque parlamentari è stata fatta uscire strumentalmente per coprire magagne del governo grillino cattocomunista.
Ma anche nel merito il linciaggio è frutto di un giacobinismo da quattro soldi, fondato sull'invidia e sul pauperismo parassitario ed assistenzialista che si manifesta nelle marchette del governo.
Innanzitutto c'è da verificare se la richiesta del bonus fosse stata inserita dal parlamentare in proprio o dal suo commercialista.
Nel secondo caso nulla, neanche sotto il profilo dell'opportunità politica, può essere addebitato perché il commercialista è tenuto a tutelare gli interessi dei suoi clienti, qualunque attività svolgano.
In tal caso i parlamentari avrebbero pieno diritto a chiedere scuse e risarcimenti per la campagna di linciaggio effettuata nei loro confronti.
Eticamente discutibile, invece, ma legalmente corretto se fosse stato il parlamentare direttamente, in proprio, a richiedere il bonus.
Ancorché legittimo, il comportamento sarebbe politicamente discutibile (come quello di un ministro che, in promozioni o assunzioni massive, promuovesse o assumesse anche se stesso ...) e denoterebbe un profilo caratteriale che non sarebbe migliore di quello dei suoi odierni persecutori.
Ma sicuramente ladro non è.
Il provvedimento non ha posto limiti ed è stato attuato per un (piccolo) aiuto generalizzato a tutti coloro che sono stati bloccati dalle decisioni del governo cattocomunista.
Perché uno, anche parlamentare, avrebbe dovuto privarsene, quando i destinatari erano "tutti" quindi non è stato sottratto nulla a nessuno?
Ricordo che i 3000 euro complessivi, suddivisi per 60 milioni di Italiani, darebbero luogo alla redistribuzione di ben 0,00005 euro a testa !
I 28 miliardi chiesti alla chetichella da Gualtieri, equivalgono ad un ulteriore debito pro capite di 466 euro oltre interessi: dove dovrebbe appuntarsi l'interesse generale ?
L'unica motivazione che avrebbero avuto per non chiedere il contributo sta nella opportunità politica, che peraltro viene a cadere se la richiesta fosse stata fatta massivamente dal commercialista per tutti i suoi clienti.
Ma violare l'opportunità politica non è un reato, semmai può avere una sanzione politica, ma vista la dimensione economica della vicenda, mi sembra solo e soltanto una strumentalizzazione demagogica, qualunquista e finalizzata a nascondere ben altro, dalle vicende sulle zone rosse del virus che emergono dai verbali del comitato tecnico scientifico, al prestito richiesto all'unione sovietica europea che è l'ennesimo cappio al collo degli Italiani fino al tentativo di minare la campagna per il NO al referendum del 20 settembre.
#Referendun2020iovotoNO
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