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No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

27 agosto 2020

#IoVotoNo

In sordina, silenziato dagli organi di presunta informazione (in realtà di propaganda del regime) la campagna per il voto al referendum del 20 e 21 settembre comincia a far parlare grazie ai mal di pancia che stanno emergendo da molti parlamentari di tutti i partiti.
Il referendum, senza quorum quindi valido qualunque sia il numero dei votanti, chiede agli Italiani di confermare con un sì o di bocciare con un no la riforma costituzionale che prevede la riduzione dei parlamentari a 600 (400 alla camera e 200 al senato) dagli attuali 945 (630 e 315).
Presumo che, detta così, tutti gli Italiani voterebbero sì.
Ma la questione non è la riduzione del numero che rappresenterebbe il risparmio pari al costo di un caffè al giorno per ogni Italiano e neppure il merito se sia meglio ridurre i parlamentari o il loro stipendio, o se sia più efficiente un parlamento ridotto nel numero o a pieno carico o, ancora, se sarebbe meglio porre dei vincoli qualitativi di accesso e non aprire le porte senza selezione.
Sono tutti argomenti che trovano ragioni nel sì e nel no, ma il punto non è quello.
Per me l'unico motivo unificante per il NO è che se mai dovesse vincere il NO, verrebbe picconato questo governo di incapaci, buoni solo a imporre divieti e sanzioni, sottraendo la Libertà ai cittadini.
Come accadde per Renzi, il NO ad una riforma fortemente voluta (e ormai ultima foglia di fico di un movimento che ha svenduto tutti i suoi ideali) dai cinque stelle potrebbe aprire una crisi irreversibile che non potrà che concludersi con nuove elezioni politiche.
Ma allora, dirà qualcuno, perchè Salvini e la Meloni continuano a sostenere ufficialmente il sì.
Per coerenza, quella stessa coerenza che è mancata al pci/pds/ds/pd che votò tre volte, quando era all'opposizione, contro la riforma per poi cambiare totalmente opinione quando tornò al governo con i cinque stelle.
Salvini, inoltre, mantenendo la Lega ufficialmente per il sì, mantiene i patti sottoscritti con i cinque stelle al momento della formazione del governo nel 2018, anche se i cinque stelle non si meritano questo comportamento lineare.
Se, però, le motivazioni politiche dovessero apparire prevalenti, allora anche Salvini e la Meloni potrebbero legittimamente cambiare il posizionamento ufficiale dei due partiti e, forse, essere determinanti per una spallata finale e conclusiva al governo cattocomunista.

#IoVotoNo

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