Sono molti anni che mi interesso alla politica e da sempre ho sentito la mitica parolina: “riforme”.
“Dobbiamo fare le riforme”.
“Il nostro sarà il governo delle riforme”.
“Occorre una maggioranza che realizzi le riforme necessarie”.
La prima riforma di cui, rivangando nella memoria, sentii parlare, forse perché, più nolente che volente, ne ero direttamente coinvolto, fu quella della scuola.
Erano gli anni della contestazione giovanile, mutuata prevalentemente dall’estero (Stati Uniti e Francia) e che da noi sbarcò in contemporanea all’autunno caldo del 1969.
Ed è in quell’anno che il solito, inutile, ministro della Pubblica Istruzione democristiano (Sullo o Misasi, Gui o Falcucci non fa differenza) parlò di “provvisorio” che doveva portare alla “riforma”, perché quella Gentile del 1925 non era più gradita.
Così, di proroga in proroga, abbiamo dovuto attendere il Ministro Moratti per una vera riforma.
Più o meno 35 anni di chiacchiere.
Veniamo in tempi più recenti e guardiamo al grande nodo previdenziale: le pensioni.
Il primo a metterci le mani fu Amato nel 1992: una prudentissima riforma che eliminava solo alcune sperequazioni, ma che, nel nome del “galleggiamento”, rimandava ad altri la patata bollente.
Ci provò nel 1994 il primo Governo Berlusconi, ma fu fatto cadere da una sollevazione in nome “delle pensioni che non si toccano”.
Così, inefficace la riforma Dini del 1995, si sono persi dieci anni per arrivare alla riforma del secondo Governo Berlusconi, 2004.
Naturalmente, più è il tempo che si perde, più onerosi devono essere i provvedimenti per raddrizzare una situazione compromessa.
E se si fosse fatta la riforma del 1994, tutto sarebbe stato più facile e graduale.
Per inciso: in Italia l’estrema sinistra vuole il ripristino dei limiti di età e anzianità a 57/35.
In Germania, hanno preso atto che la vita media si assesta oltre gli 80 anni e, senza pensioni di anzianità, hanno deciso di elevare l’età pensionabile a 67 anni.
Secondo voi, fra dieci anni, in quale delle due nazioni ci sarà maggior benessere ?
Altra riforma-mito, quella elettorale.
Abbiamo avuto il proporzionale fino al 1992, poi nel 1994 abbiamo provato un maggioritario spurio.
Nel 2006 un proporzionale con sbarramento e premio di coalizione.
Adesso vogliono nuovamente metterci le mani.
E poi quella costituzionale, del lavoro, della sanità, del fisco.
E’ un continuo rincorrere le riforme.
E di riforme il Governo Berlusconi ne ha fatte ben 36, tutte necessarie e tutte avendo in mente un ben determinato progetto di rinnovamento e modernizzazione dell'Italia.
Ma quelle sono riforme che “non valgono” essendo state fatte da Berlusconi e la sinistra vuole ribaltare tutto.
Ma se osserviamo attentamente molto di quel che era da riformare, è già stato affrontato dal Governo Berlusconi, portando a soluzione tante questioni.
Volerci rimettere le mani assomiglia tanto al tentativo gattopardesco di cambiare tutto per non cambiare nulla e restaurare l’Italia del passato, con i suoi privilegi, le sue clientele, i suoi sprechi.
Considerati i figuri e i figurini che appartengono alla nomenklatura sinistra è molto più di un “pensare male”.
“Dobbiamo fare le riforme”.
“Il nostro sarà il governo delle riforme”.
“Occorre una maggioranza che realizzi le riforme necessarie”.
La prima riforma di cui, rivangando nella memoria, sentii parlare, forse perché, più nolente che volente, ne ero direttamente coinvolto, fu quella della scuola.
Erano gli anni della contestazione giovanile, mutuata prevalentemente dall’estero (Stati Uniti e Francia) e che da noi sbarcò in contemporanea all’autunno caldo del 1969.
Ed è in quell’anno che il solito, inutile, ministro della Pubblica Istruzione democristiano (Sullo o Misasi, Gui o Falcucci non fa differenza) parlò di “provvisorio” che doveva portare alla “riforma”, perché quella Gentile del 1925 non era più gradita.
Così, di proroga in proroga, abbiamo dovuto attendere il Ministro Moratti per una vera riforma.
Più o meno 35 anni di chiacchiere.
Veniamo in tempi più recenti e guardiamo al grande nodo previdenziale: le pensioni.
Il primo a metterci le mani fu Amato nel 1992: una prudentissima riforma che eliminava solo alcune sperequazioni, ma che, nel nome del “galleggiamento”, rimandava ad altri la patata bollente.
Ci provò nel 1994 il primo Governo Berlusconi, ma fu fatto cadere da una sollevazione in nome “delle pensioni che non si toccano”.
Così, inefficace la riforma Dini del 1995, si sono persi dieci anni per arrivare alla riforma del secondo Governo Berlusconi, 2004.
Naturalmente, più è il tempo che si perde, più onerosi devono essere i provvedimenti per raddrizzare una situazione compromessa.
E se si fosse fatta la riforma del 1994, tutto sarebbe stato più facile e graduale.
Per inciso: in Italia l’estrema sinistra vuole il ripristino dei limiti di età e anzianità a 57/35.
In Germania, hanno preso atto che la vita media si assesta oltre gli 80 anni e, senza pensioni di anzianità, hanno deciso di elevare l’età pensionabile a 67 anni.
Secondo voi, fra dieci anni, in quale delle due nazioni ci sarà maggior benessere ?
Altra riforma-mito, quella elettorale.
Abbiamo avuto il proporzionale fino al 1992, poi nel 1994 abbiamo provato un maggioritario spurio.
Nel 2006 un proporzionale con sbarramento e premio di coalizione.
Adesso vogliono nuovamente metterci le mani.
E poi quella costituzionale, del lavoro, della sanità, del fisco.
E’ un continuo rincorrere le riforme.
E di riforme il Governo Berlusconi ne ha fatte ben 36, tutte necessarie e tutte avendo in mente un ben determinato progetto di rinnovamento e modernizzazione dell'Italia.
Ma quelle sono riforme che “non valgono” essendo state fatte da Berlusconi e la sinistra vuole ribaltare tutto.
Ma se osserviamo attentamente molto di quel che era da riformare, è già stato affrontato dal Governo Berlusconi, portando a soluzione tante questioni.
Volerci rimettere le mani assomiglia tanto al tentativo gattopardesco di cambiare tutto per non cambiare nulla e restaurare l’Italia del passato, con i suoi privilegi, le sue clientele, i suoi sprechi.
Considerati i figuri e i figurini che appartengono alla nomenklatura sinistra è molto più di un “pensare male”.
3 commenti:
E io insisto col dire che la Moratti per quella riforma andrebbe rasa al suolo:-)!
Le riforme Berlusconi le ha fatte, però nessuno l'ha detto.
E poichè le riforme di Berlusconi sono il meglio che potesse essere realizzato, la sinistra si trova in difficoltà e volendosi distinguere ècostretta ad inseguire gli estremisti.
Una riunione a Palazzo Cigi non avrebbe copertura mediatica.
E, poi, Prodi deve pure competere in qualche modo con Berlusconi.
Solo che Silvio lo fa con i suoi soldi e Prodi con quelli di tutti noi ... :-)
La Moratti è quanto di meglio si potesse fare per restaurare a scuola una Riforma che si avvicini alla filosofia della Gentile ;-)
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