Ultimo appuntamento per questa stagione elettorale è il referendum confermativo della riforma costituzionale.
La nostra costituzione era sclerotizzata e datata.
I lavori preparatori iniziarono immediatamente dopo il referendum istituzionale che, con le stesse ombre e sospetti che gravano sulle elezioni del 9 e 10 aprile, nel 1946 (2 giugno) segnò la fine (per ora) della Monarchia e l’instaurazione della repubblica.
Una repubblica che sin dalla sua costituzione denunciava i limiti di una scelta che escludeva parte della società italiana: quella liberale e, più in generale, di Destra.
Una costituzione frutto di un anomalo compromesso tra cattolici e comunisti, che ha dato vita ad un pasticcio di cui stiamo tuttora pagando lo scotto.
Quella costituzione è rimasta pressoché immutata fino ad oggi.
Il 25 e 26 giugno prossimo avremo però la possibilità di archiviare quella carta, per rendere definitive le modifiche approvate con doppia votazione favorevole dal parlamento nel 2005.
Avremo quindi una costituzione più aderente al terzo millennio che stiamo vivendo, una costituzione degna di tale nome, che guarda al futuro e non al passato, che fornisce gli strumenti idonei al governo centrale e alle amministrazioni locali, per affrontare i problemi che derivano dalla gestione di una moderna nazione.
Fulcro di tale architettura è il federalismo, reale e concreto.
Un federalismo che, finalmente, responsabilizza le amministrazioni locali, dotandole di poteri adeguati per progetti di sviluppo della comunità locale, ricavando le risorse all’interno della medesima comunità.
Non ci saranno più rimpalli di responsabilità e scarica barile tra Roma e la periferia.
Se un comune, una provincia, una regione saranno bene amministrate, allora la popolazione tutta ne avrà beneficio e quella giunta sarà confermata.
Se, invece, saranno stati eletti degli incompetenti, allora, tempo 5 anni, saranno rimossi, senza che possano accampare scuse circa il mancato trasferimento di risorse dal centro.
Tende a scomparire il centralismo statalista e clientelare.
Rimane lo spirito unitario dell’Italia, rafforzato dai poteri conferiti al presidente del consiglio, che potrà sostituire ministri e decidere se e come andare alle urne anticipatamente.
Il presidente della repubblica diverrà realmente una figura notarile che avrà il solo compito di esprimere l’unità della nazione.
Nel prosieguo della campagna elettorale torneremo a sottolineare singoli aspetti della nuova Costituzione utili a consolidare la posizione dell’Italia al vertice mondiale (sperando che questi mesi di prodino non ci facciamo troppi danni).
Ma intanto è bene porre l’accento sul significato politico di questa Costituzione.
E’ una Costituzione per l’Italia del futuro, per un’Italia che vuole crescere, che vuole correre, che vuole migliorare e migliorarsi.
E’ una Costituzione per l’Italia che lavora, l’Italia che crea ricchezza, l’Italia che produce.
E’ sicuramente una Costituzione invisa a chi è abituato a farsi mantenere a spese altrui, a chi si è costruito, con la politica, il sindacato, nicchie di privilegio anomalo.
Per questo è importante votare SI’ il 25 e 26 giugno.
Con questa Costituzione si potrà definitivamente archiviare una guerra combattuta il secolo scorso.
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La nostra costituzione era sclerotizzata e datata.
I lavori preparatori iniziarono immediatamente dopo il referendum istituzionale che, con le stesse ombre e sospetti che gravano sulle elezioni del 9 e 10 aprile, nel 1946 (2 giugno) segnò la fine (per ora) della Monarchia e l’instaurazione della repubblica.
Una repubblica che sin dalla sua costituzione denunciava i limiti di una scelta che escludeva parte della società italiana: quella liberale e, più in generale, di Destra.
Una costituzione frutto di un anomalo compromesso tra cattolici e comunisti, che ha dato vita ad un pasticcio di cui stiamo tuttora pagando lo scotto.
Quella costituzione è rimasta pressoché immutata fino ad oggi.
Il 25 e 26 giugno prossimo avremo però la possibilità di archiviare quella carta, per rendere definitive le modifiche approvate con doppia votazione favorevole dal parlamento nel 2005.
Avremo quindi una costituzione più aderente al terzo millennio che stiamo vivendo, una costituzione degna di tale nome, che guarda al futuro e non al passato, che fornisce gli strumenti idonei al governo centrale e alle amministrazioni locali, per affrontare i problemi che derivano dalla gestione di una moderna nazione.
Fulcro di tale architettura è il federalismo, reale e concreto.
Un federalismo che, finalmente, responsabilizza le amministrazioni locali, dotandole di poteri adeguati per progetti di sviluppo della comunità locale, ricavando le risorse all’interno della medesima comunità.
Non ci saranno più rimpalli di responsabilità e scarica barile tra Roma e la periferia.
Se un comune, una provincia, una regione saranno bene amministrate, allora la popolazione tutta ne avrà beneficio e quella giunta sarà confermata.
Se, invece, saranno stati eletti degli incompetenti, allora, tempo 5 anni, saranno rimossi, senza che possano accampare scuse circa il mancato trasferimento di risorse dal centro.
Tende a scomparire il centralismo statalista e clientelare.
Rimane lo spirito unitario dell’Italia, rafforzato dai poteri conferiti al presidente del consiglio, che potrà sostituire ministri e decidere se e come andare alle urne anticipatamente.
Il presidente della repubblica diverrà realmente una figura notarile che avrà il solo compito di esprimere l’unità della nazione.
Nel prosieguo della campagna elettorale torneremo a sottolineare singoli aspetti della nuova Costituzione utili a consolidare la posizione dell’Italia al vertice mondiale (sperando che questi mesi di prodino non ci facciamo troppi danni).
Ma intanto è bene porre l’accento sul significato politico di questa Costituzione.
E’ una Costituzione per l’Italia del futuro, per un’Italia che vuole crescere, che vuole correre, che vuole migliorare e migliorarsi.
E’ una Costituzione per l’Italia che lavora, l’Italia che crea ricchezza, l’Italia che produce.
E’ sicuramente una Costituzione invisa a chi è abituato a farsi mantenere a spese altrui, a chi si è costruito, con la politica, il sindacato, nicchie di privilegio anomalo.
Per questo è importante votare SI’ il 25 e 26 giugno.
Con questa Costituzione si potrà definitivamente archiviare una guerra combattuta il secolo scorso.
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11 commenti:
Oggi è il 2 giugno. Data del referendum del 1946. Io non mi riconosco in questa repubblica, soprattutto perche, a distanza di 60 anni, sempre più sono le testimonianze dei brogli che hanno portato ad abbandonare la tradizionale e migliore forma monarchica. Il 9 e 10 aprile hanno dato vito a nuovi sospetti. Speriamo di non dover aspettare 60 anni per sapere che siamo stati defraudati un'altra volta.
Il rischio è la sfiducia a cambiare.Idee forti possono suscitare forti passioni.La secessione è una idea forte.La Devolution è solo un palliativo perchè il Nord continuerebbe a pagare per il Sud.E non va bene.
Come Monarchico ed "unaparolachenonsipuòdireperviadiuncertosignormancino" , non posso considerare nè il 2 Giugno nè tantomeno il 25 Aprile (per tacere del 1 Maggio e dell' 8 Marzo...)nè feste nazionali nè unificanti e pacificanti.
Facciamo che a votare ci vada solo il 40% degli avventi diritto.
Facciamo che il NO prende circa il 70%
Ci vediamo qui tra qualche settimana.
Quos vult perdere, Iupiter dementat prius.
Se agli itaglioni non è stata sufficiente la dimostrazione dei primi giorni di governo della sinistra con assassini in libertà e bocceranno una riforma proiettata al futuro come quella federalista, non si potrà che ... accentuare i toni dello scontro.
Se il 25 e 26 il Nord dirà sì e il Sud no, la secessione è servita sul piatto d'argento.
La secessione, se deve esserci, per me dovrà essere ideologica. Come ha osservato oggi su Libero Veneziani, in uno dei suoi pochi articoli che mi trova consenziente, la divisione è ovunque e su questioni che, per millenni, erano state considerate pacifiche. Credo che a nessuno, anche solo 20 anni fa, sarebbe potuto passare per l'anticamera del cervello che gli assassini di Calabresi potessero essere hraziati (una volta condannati) nè che un terrorista, ancorchè "pentito" - ma lo schieramento che ha scelto parla per lui di quale sia il suo "pentimento" - potesse addirittura essere eletto alla camera e come segretario della stessa. Quindi no ad una secessione latitudinale, sì ad una secessione longitudinale, dove le due italie si dividano il territorio, gli averi e i debiti. Poi chi ha più capacità diverrà ricco e benestante e l'altra metà crepi nella miseria. E io credo che l'altra metà sarà quella che fosse scelta dai sinistri.
Scusate l'intrusione.
Lascio un commento al post di santosepolcro (non so come fare per far accettare i miei commenti ai suoi post!)
Chi agisce così è senza ritegno. Hanno fatto i devastatori dello Stato (vedere anche mio post: A Clemente Mastella), ed ora sono tutto culo e camicia con le nostre massime istituzioni.
E' così che vogliono predicare e diffondere i sentimenti d'amore e di pace???
Mi fanno penaaaa.!!
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Evidentemente a sinistra sono talmente in crisi di "vocazione" che il personale politico se lo devono procurare con le grazie e le amnistie ... :-)
Mons, prima di tranciare giudizi con la motosega, leggi un po´ qua quanto varia e straordinaria puó essere l´avventura umana:
http://www.radicali.it/view.php?id=62348
L'autodifesa di D'Elia non può certo essere portata ad esempio di giudizio obiettivo.
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