Mi stupisce (...) che Amato e Napolitano che amano apparire colti e con nobili posture ben studiate, abbiano così frettolosamente dimenticato due dei più bei versi scritti da un nostro Grande della Letteratura.
Non mi stancherò di ripeterli, perché devono ben entrare nelle zucche di chi continua a ciarlare su allargamenti di cittadinanza e “nuovi concetti” della stessa.
Per essere parte di una nazione è necessario essere partecipi della Storia e alla Storia di quella nazione.
Comprenderne l’humus più profondo.
Sentire gli eventi che hanno portato alla formazione di quella nazione, come parte non solo di una Storia comune, ma anche come parte fondamentale di noi stessi.
Sono le nostre radici.
Quando alle elementari, negli anni sessanta, si studiava la nostra Storia, i periodi più approfonditi erano Roma e il Risorgimento.
Due eventi che sono, tuttora, l’essenza della nostra Patria.
Ed allora sì che maestri e professori riuscivano a farci sentire tutto l’orgoglio di essere parte di una gens, di una stirpe, di una nazione.
E come possiamo negare l’importanza che il Cattolicesimo, la Chiesa, hanno avuto nella formazione della nostra nazione ?
Mi domando se Amato e Napolitano hanno riflettuto su quanto sia difficile, ancora oggi, a più di 140 anni dalla Unificazione, sentirsi parte di una stessa nazione, con le perduranti divisioni tra Nord e Sud.
Mi domando se Amato e Napolitano hanno riflettuto sul fatto che la nostra è una nazione già formata, non in divenire come potevano essere gli Stati Uniti due secoli fa.
Mi domando come Amato e Napolitano possano pensare di imporre l’integrazione di elementi che con la nostra Storia, la nostra Religione, la nostra Lingua, la nostra Memoria, il nostro Sangue, nulla hanno a che spartire.
Quanti lutti, quanti scontri porterà una simile cecità ideologica (e Napolitano dovrebbe riflettere sulle sue stesse, recenti, parole del 10 febbraio, perché anche sulle Foibe fu cecità ideologica, di cui ha fatto autocritica solo 60 anni dopo: non possiamo aspettare di nuovo 60 anni prima che venga riconosciuto un errore , perchè il danno sarebbe già fatto e compiuto !).
Se proprio vogliono, istituiscano una cittadinanza europea, ma lascino com’è la cittadinanza Italiana.
Una d’arme,di lingua,d’altare,di memorie,di sangue e di cor.
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Non mi stancherò di ripeterli, perché devono ben entrare nelle zucche di chi continua a ciarlare su allargamenti di cittadinanza e “nuovi concetti” della stessa.
Per essere parte di una nazione è necessario essere partecipi della Storia e alla Storia di quella nazione.
Comprenderne l’humus più profondo.
Sentire gli eventi che hanno portato alla formazione di quella nazione, come parte non solo di una Storia comune, ma anche come parte fondamentale di noi stessi.
Sono le nostre radici.
Quando alle elementari, negli anni sessanta, si studiava la nostra Storia, i periodi più approfonditi erano Roma e il Risorgimento.
Due eventi che sono, tuttora, l’essenza della nostra Patria.
Ed allora sì che maestri e professori riuscivano a farci sentire tutto l’orgoglio di essere parte di una gens, di una stirpe, di una nazione.
E come possiamo negare l’importanza che il Cattolicesimo, la Chiesa, hanno avuto nella formazione della nostra nazione ?
Mi domando se Amato e Napolitano hanno riflettuto su quanto sia difficile, ancora oggi, a più di 140 anni dalla Unificazione, sentirsi parte di una stessa nazione, con le perduranti divisioni tra Nord e Sud.
Mi domando se Amato e Napolitano hanno riflettuto sul fatto che la nostra è una nazione già formata, non in divenire come potevano essere gli Stati Uniti due secoli fa.
Mi domando come Amato e Napolitano possano pensare di imporre l’integrazione di elementi che con la nostra Storia, la nostra Religione, la nostra Lingua, la nostra Memoria, il nostro Sangue, nulla hanno a che spartire.
Quanti lutti, quanti scontri porterà una simile cecità ideologica (e Napolitano dovrebbe riflettere sulle sue stesse, recenti, parole del 10 febbraio, perché anche sulle Foibe fu cecità ideologica, di cui ha fatto autocritica solo 60 anni dopo: non possiamo aspettare di nuovo 60 anni prima che venga riconosciuto un errore , perchè il danno sarebbe già fatto e compiuto !).
Se proprio vogliono, istituiscano una cittadinanza europea, ma lascino com’è la cittadinanza Italiana.
Una d’arme,di lingua,d’altare,di memorie,di sangue e di cor.
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6 commenti:
Quando si arriva alla retorica nazionalista vuol dire che siamo proprio alla frutta. Negli ultimi 60 anni abbiamo appaltato lingua, cultura, usi e costumi e persino la difesa agli anglosassoni e ogii ci si lamenta per la cittadinanza a qualche marovcchino. Protesta tardiva :(
Un altro grido d'allarme egregiamente documentato.
Per i signori Amato e Napolitano non resta che la piena bocciatura.
Simone, noi abbiamo fatto una scelta di comodo per quanto riguarda la difesa militare, ma questo non vuol dire che si debbano aprire le porte alla dissoluzione della nazione.
Io vorrei ascoltare dai nostri politici le stesse parole di fuoco e gli stessi toni che usa Stipe Mesic a difesa della sua Croazia ...
Mesic farnetica! Amare la propria Patria non è motivo per compiere genocidi.
Riappropriamoci della nostra cultura latina e mediterranea. Il resto viene da sé
Sì, farnetica, ma i nostri politici commettono l'errore opposto: troppo conigli.
I nostri politici, quelli che ci governano oggi, gli stessi che "hanno fatto la cultura dei nostri tempi", non hanno mai amato la nostra vera cultura. Lo dimostrano in continuazione.
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