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No alla deriva

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02 novembre 2018

Da Trump a Bolsonaro

Anche se siamo Nazionalisti, c'è un filo conduttore che ci unisce, tutti, da Trump a Putin, da Bolsonaro a Salvini, dalla Le Pen a Farage e a tutti gli altri Leaders che sono emersi nel corso di questi ultimi anni.
Il filo che ci unisce, che cementa la alleanza, la stima e la fiducia reciproca, è l'invettiva che i vari movimenti della sinistra, tutti uguali nel loro internazionalismo e multicultiralismo massificante e regressivo, ci scagliano contro.
Per loro, quando sono in buona, siamo populisti e xenofobi, quando perdono il lume della ragione e sbavano di rabbia, diventiamo omofobi, razzisti, fascisti.
Come se esserlo fosse un qualcosa che, in se stesso, rappresentasse il Male assoluto.
Ma così non è.
I voti del Popolo, di quel Popolo che la sinistra ad ogni latitudine ha sempre preteso (falsamente) di rappresentare, dicono che, fallito il Capitalismo, fallito il comunismo, ormai fallito anche l'estremo connubio perverso tra capitalisti e cattocomunisti, ci si rivolge ad una terza via che è, poi, una via antica, quella della difesa degli interessi generali di una Nazione, di un Popolo, di una Gente che non può che essere "una d'arme, di lingue, d'altare, di memorie, di sangue e di cor".
Con buona pace di chi propugna la disgregazione sociale attraverso l'inquinamento delle nostre Radici e della nostra Identità con l'immissione massiccia di elementi estranei.
Così i Leaders che emergono nonostante una campagna ostile che non è mai stata così virulenta e che vede affondare abbracciati insieme i cattolici di Bergoglio, gli epigoni dell'ideologia socialista e comunista e i potenti squali della finanza e degli affari, rappresentano quella speranza per il futuro che chi li ostacola vorrebbe annientare e soffocare sotto una cappa di conformismo che ci trasformerebbe tutti in schiavi.
Vediamo quindi Salvini che ha ingaggiato una battaglia epocale per bloccare l'invasione dei clandestini, esattamente come si accinge a fare Trump alle prese con una marcia di clandestini dall'Honduras, che nessuno ha il coraggio di fermare, come nell'apocalittico e ma abbastanza ricordato, consigliato e citato Il Campo dei Santi.
Analogamente in Brasile, lo stato più grande e importante del Sud America, si insedierà dal primo gennaio un presidente la cui candidatura era stata prima dileggiata, poi tentata di cancellare con la violenza di un attentato, quindi messa all'indice e, ciononostante, ha ottenuto il 55% dei voti.
Un presidente che ha fatto delle promesse anche all'Italia, quella di riconsegnare il terrorista rosso Cesare Battisti e che costui ha definito "fanfaronate".
Mi auguro che Bolsonaro sappia confermare la sua fama, dimostrando al terrorista rosso Battisti che le sue non sono fanfaronate, esattamente come mi auguro che Trump proceda con l'abolizione dello ius soli e l'invio dei marines a bloccare l'ingresso dei clandestini.
Sarebbe di buon esempio in tutto il mondo. 





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