Ciò che è bene per la sinistra è male per l’Italia. Ciò che è male per la sinistra è bene per l’Italia.

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Si devono intraprendere le guerre per la sola ragione di vivere senza disturbi in pace (Cicerone)

No alla deriva

No alla deriva
Diciamo NO alla deriva

30 luglio 2010

Eccesso colposo di litigiosità

Prendo spunto dalla antipatica situazione in cui si sono venuti a trovare i redattori del quotidiano online “Legno Storto” con i quali solidarizzo, pur senza entrare nel merito.
E’ una riflessione che mi ha indotto la ormai più che decennale partecipazione a forum e blog in internet, ma anche l’evoluzione che ho rilevato nelle pratiche di ufficio che mi occupano ormai da 28 anni.
Sono sempre stato appassionato di politica e appartengo ad una generazione che ha “lasciato il segno”, spesso anche fisico, sui rispettivi nemici.
Le discussioni nelle assemblee studentesche al liceo e all’università o erano a senso unico, quando veniva, di forza, estromesso chi non belava con il gregge di sinistra, oppure, in quelle più ristrette, l’animosità era incendiaria.
Ma terminata la discussione, magari al suono della campanella per andare all’ora di ginnastica ... pardòn “educazione fisica”, ci si ricompattava, quando poi non si “combatteva” tutti assieme la buona battaglia sul campo di calcio nel pomeriggio per “l’onore” della classe.
Neanche veniva in mente la possibilità di denunciare qualcuno per una parola o un volantino sopra le righe e la stessa situazione ho trovato ai primi tempi in cui partecipai alle attività sindacali una volta entrato nel mondo del lavoro.
E sempre nel mondo del lavoro le pratiche erano di una linearità quasi disarmante, con i debitori che sì, ammettevano di essere tali e puntavano sulla possibilità di “recuperare” con qualche mirabolante affare che era in dirittura di arrivo.
Adesso non è più così.
Chi sbaglia cerca tutti i sistemi per scaricare sul prossimo i costi dell’errore confidando nella lentezza della “giustizia” che, alla fine, spinge alle transazioni, dove si chiude presto e con rinunce che, in genere, sono inferiori ai costi che si dovrebbero sopportare per far valere il proprio diritto.
La litigiosità, così, viene premiata.
Internet ha poi dato il “colpo di grazia” ai rapporti interpersonali.
Dietro uno schermo, digitando in una tastiera tutti si sentono giustizieri e depositari della verità.
L’aggressività che si percepisce negli scritti di internet, la rapidità con la quale si possono formulare le risposte, affossano ogni possibilità di confronto per una eterna lotta, senza fine, tra fazioni “l’una contro l’altra armata”.
Possiamo tutti immaginare se le fazioni si dovessero mai trovare per strada ...
A questo si aggiunga la rabbia che trascende ogni normale rapporto interpersonale e trasforma in una offesa da “lavare con il sangue” ogni critica.
Da qui il proliferare di querele (il più delle volte rimesse con una transazione) annunciate a suon di trombe e tromboni per poi finire nel nulla o in una eterna disfida a colpi di denunce reciproche (sì, perchè se Tizio querela Caio attribuendogli un fatto illecito, Caio, convinto della sua innocenza, può denunciare Tizio per calunnia, reato sostanzialmente più grave di quello di ingiurie o diffamazione ...).
Il pessimo esempio ci viene dai vertici che invece di aprire al confronto sulle idee e sui progetti, si concentrano sulla demonizzazione del nemico.
Probabilmente perchè a fronte di un progetto fondato su idee una fazione non è in grado di contrapporre altrettanto e quindi riesce a motivare le sue truppe solo incentivando la aggressività da canalizzare su una figura specifica: il nemico.
Per non parlare delle esagerazioni nelle richieste.
Mi hai definito, sia pur con un giro di parole, cretino ?
E io ti chiedo 100 milioni di euro ... di euro, non di lire !
Probabilmente anche il passaggio dalla lira all’euro ha aiutato a far perdere il senso della misura.
E’ poi da stigmatizzare che a fronte delle critiche all’operato di uno o più magistrati o dell'intera categoria, a decidere se si tratta o meno di diffamazione siano ... altri magistrati.
La riflessione finisce qui, perchè sarebbe facile dire “diamoci una calmata”, ma poi la “calmata” se la darebbero sempre i soliti che, pro bono pacis, contano fino a dieci e non reagiscono, lasciando campo libero ai litigiosi.
Tornare all’epoca pre internet sarebbe solo una bestialità, perchè internet è una utilità che deve essere sfruttata, non dalla quale farsi soffocare.
Prima o poi, però, i nodi dell’odio profuso a piene mani verranno al pettine e, allora, qualcuno una soluzione dovrà trovarla.
Nel frattempo ognuno ha diritto a manifestare liberamente le sue idee, anche quando sono fortemente critiche sull’operato altrui, non ad imporle con la forza al prossimo, anche quando sono finalizzate a concetti celestiali.




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28 luglio 2010

La finzione specchio della realtà

Nei mesi scorsi la programmazione di Sky (per la precisione Fox Crime) ha trasmesso due prodotti inglesi.
Ho sempre apprezzato lo stile e l’ambientazione inglese e qui mi viene da ricordare “Ufo”, “I sopravvissuti” e “Primeval”, programmi che, nonostante la scarsità di effetti speciali cari ai fumettoni americani, si lasciano guardare con piacere.
Così mi sono programmato e registrato la versione inglese di “Law & Order” e la mini serie “Five days”.
Lo specchio che la finzione televisiva fornisce della società cui si riferisce non mi è piaciuto affatto.
In entrambe le produzioni una parte non secondaria era rappresentata da persone che con l’Inghilterra c’entrano come il cavolo a merenda.
Non dubito che la dissennata politica dell’accoglienza adottata dai governi socialisti abbia prodotto questi effetti (salvo poi avere un ripensamento quando gli attentati del 7 luglio 2005 furono posti in essere da seconde e terze generazioni di immigrati), ma sembra che l’acquiescenza e lo stato di “normalità” che viene dipinto, evidenzi una sorta di rassegnazione del Popolo Inglese al meticciato.
L’occupazione non solo di fette sempre più ampie del territorio, ma anche di posti lavorativi e direzionali nel settore privato e nella vita pubblica (alle recenti elezioni sono stati eletti due parlamentari musulmani) non mi sembra che susciti la necessaria reazione da parte degli autoctoni che, forse, non si rendono conto che, di questo passo, si vedranno espropriare il comando sulla loro terra.
Eppure gli Inglesi si sono sempre vantati che dal 1066 la loro terra non è stata mai più invasa.
Se lo “spirito vittoriano” che ha fatto di una piccola isola un grande impero è da tempo scomparso, nonostante alcuni recuperi come la orgogliosa reazione nel 1982 che la Thatcher ebbe nei confronti dell’invasione argentina alle Falklands, riuscirà la “perfida Albione” ad arrivare al 2066, storico traguardo dei mille anni, senza aver ceduto un palmo di territorio patrio ad alcun invasore ?


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26 luglio 2010

La Destra "perbene"

Ogni tanto sento parlare di “Destra perbene” che sarebbe quella rappresentata, oggi, da Fini e ieri dal Montanelli del dopo 1994.
Devo dire che una simile espressione viene sistematicamente pronunciata dai nemici giurati della Destra e sempre ad “elogio” di chi propugna idee che con la Destra nulla hanno in comune, dopo aver rinnegato quelle che, invece, sono proprie della Destra.
La “Destra perbene” è il miraggio dei Santoro, dei Travaglio, ma anche dei più moderati della sinistra come Luca Telese da cui ho ascoltato, in ultimo, tale espressione, per radio.
“Destra perbene” è quella per cui anche qualche mio amico dichiara che vorrebbe votare … peccato che siano persone che oscillano nel voto tra l’Udc e il pci/pds/ds/pd e mai, che io sappia, abbiano votato non dico per il fu Msi, ma neppure per il Pli o la vecchia Dc o, in tempi recenti, per An o la Lega o Forza Italia.
Una volta la Destra era considerata tout court “per male”, visto che di Destra si proclamava il solo Msi e anche i democristiani migliori e il Pli di Malagodi (non val la pena citare tale partito dopo l’avvento di Zanone che, infatti, mi risulta oggi essere nel pci/pds/ds/pd) rifuggivano scandalizzati da tale qualifica, preferendo il più moderato (e modesto) “centro”.
Poi il vento è cambiato.
Il pentapartito del CAF è stato spazzato via da una ondata di giustizialismo togato da una parte e dall’emergere del fenomeno leghista dall’altra.
In un primo momento sembrava che potesse esserci anche una capitalizzazione di consenso da parte della Destra che tale si era sempre orgogliosamente chiamata, quella dell’Msi.
Purtroppo, senza alcuna necessità, si abbandonò anche un nome di cui non ci si poteva né doveva vergognare e, nell’affannosa rincorsa ad una improbabile legittimazione da parte dei nemici di sempre, si abbandonavano le storiche battaglie caratterizzanti la Destra Italiana.
Da Montanelli, in un suo capovolgimento di fronte probabilmente per una senile impuntatura, venne la prima espressione “Destra perbene” e per sostenerla Montanelli si schierò a sinistra (?!?!?).
De mortuis nihil nisi bonum e Montanelli preferisco ricordarlo nel ventennio 1974-1994, prima del crollo senile.
L’arrivo di Berlusconi che sdoganò l’Msi e la crescita della Lega impedì la vittoria della “gioiosa macchina da guerra” di Ochetto nel 1994 e cominciò così la demonizzazione dell’attuale Centro Destra e dei suoi capi, Berlusconi e Bossi, dipinti, a seconda delle circostanze, come rozzi, capitalisti senza scrupoli, donnaioli, corruttori, in un’orgia di stereotipi che, però, non ne hanno scalfito l’appeal tra gli elettori, anzi l'hanno aumentato con il crescendo degli attacchi.
Anche perché hanno coerentemente e compatibilmente con la situazione generale sostenuto quelle che, realmente, sono le idee della Destra in materia economica, di libertà individuale, di identità nazionale, di meritocrazia, di giustizia.
La Lega, più di altri, ha saputo raccogliere il testimone di quelle battaglie che furono dell’Msi, integrandole con la sua ragione sociale del federalismo, diventando, oggettivamente, in materia di immigrazione, di identità, di valori, di radici, di costumi, di legge e ordine, l’erede legittima del partito di Almirante.
E ben si è sposata con la ventata di libertà economica che Berlusconi e Forza Italia hanno portato nella politica italiana.
E tali tesi, totalmente in opposizione alle classiche politiche della sinistra internazionalista, priva di radici, di identità nazionale, ateista, anarchica, assistenzialista, antifascista, sostenitrice di ogni legge che scardini costumi e tradizioni, non poteva certo essere gradita al culturame autoreferenziale che fornisce le parole d’ordine al pci/pds/ds/pd ma anche gli attestati da “intellettuale”, ovviamente negati sistematicamente ai rappresentati autentici della Destra (che, peraltro, essendo autentici Uomini di Cultura, di tali attestati altrui ne farebbero un uso non riferibile).
Così la sinistra, sconfitta elettoralmente, crede di potersi arrogare il diritto a scegliere anche da chi deve essere rappresentata la “Destra perbene” ed ha trovato in Fini il nuovo Montanelli (absit iniuria verbis) nella speranza che la vera Destra, quella evidentemente “per male”, ovviamente dal loro punto di vista di perditori senza idee né progetti, ne sia dilaniata.
A ben vedere la”Destra perbene” è solo una invenzione della sinistra che, nel suo onanismo mentale, chiama “perbene” solo chi considera sicuri perdenti e cerca di costruire una destra che sia funzionale alla vittoria della sinistra, quindi una destra che sostenga le stesse tesi della sinistra, una destra assistenzialista, internazionalista, antifascista, omofila, che parli di “paese” e non di “Patria” o di “Nazione”.
Per fortuna gli elettori non si fanno ingannare e votano la vera Destra, quella che vuole bloccare l’immigrazione, quella che vuole essere libera di parlare al telefono senza essere spiata, quella che si richiama ai valori ed ai costumi tradizionali, quella che tiene le rapaci mani del fisco lontane dalle nostre tasche, quella che tenta di trasformare l’Italia in una nazione dove venga premiato il merito e dove chi sbaglia paga.
La “Destra perbene” è la Destra che vince contro la sinistra, impedendo la deriva della nazione e sostenendo i valori e le idee tradizionali della Destra, anche se – o forse proprio per tale ragione – la sinistra e quanti si prestano a farle da caudatari, non riesce proprio a capirla, nè a digerirla


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23 luglio 2010

Uno solo al comando

Ci hanno fatto una “capa tanta” con la costituzione nata dalla resistenza bla ... bla ... bla ...
Oggi, per giustificare la esiziale ingessatura cui la nostra Italia è costretta da tutte le “norme di garanzia”, ci viene detto, con fare cattedratico, che fu una scelta dei “padri costituenti” strutturare un parlamento bicamerale con tutti i poteri, un presidente della repubblica senza poteri se non quello di interdizione, una magistratura che può “interpretare” (o applicare rigorosamente a seconda delle circostanze ?) , una corte costituzionale insindacabile che può sforbiciare le leggi, a fronte di un Premier senza poteri anche se eletto sostanzialmente dal Popolo la cui Sovranità è limitata dalle leggi (neanche del Popolo si sono fidati quei “padri” ...) , il tutto per evitare che emergesse un nuovo Mussolini.
Evidente il nanismo di tali “padri” timorosi di non essere all’altezza e di non saper costruire qualcosa che potesse reggere, unendovi anche l’efficienza, alle personalità forti e volitive.
Ci siamo così ritrovati nel pantano di 62 governi in 62 anni, con la media che si è allungata (guarda un po’ la coincidenza) con l’emergere nel 1994 di una personalità dominante come Berlusconi.
Così furono 52 governi fino al 1994 e 10 dal 1994 ad oggi.
Ma la proliferazione dei governi potrebbe anche essere sopportata se non facesse da specchio di una situazione ingovernabile, in cui è più facile ostacolare le decisioni altrui, grazie a tutti i lacci e lacciuoli imposti dalla costituzione, che costruire.
Berlusconi, uomo d’azione e con la concreta mentalità dell’imprenditore, lo ha capito e ha tentato di superare l’ostacolo.
Il nanismo dei politici però li spinge alle meschine ripicche tese ad impedire che qualcuno realizzi ciò che loro non sono capaci.
Non importa, in realtà, se questo qualcuno si chiama Berlusconi o Pippo, loro voglio solo impedire, brandendo la costituzione come una clava, che si costruisca l’Italia del futuro, perchè in quella del passato hanno pasturato a sazietà e in quella efficiente non riuscirebbero a diventare amministratori del loro condominio.
Nonostante i politici di professione, l’Italia è comunque tra le nazioni più ricche del mondo: pensate cosa riusciremmo a realizzare e come potremmo stare meglio, molto meglio, se non esistessero tutti quei lacci e lacciuoli che frenano anche le persone più dinamiche !
Oggi più che mai abbiamo bisogno di una catena di comando certa e dotata di adeguati poteri.
Speriamo che Berlusconi non si stanchi degli ostacoli frapposti dai nanerottoli politici e si inventi un qualcosa per ribaltare il tavolo e realizzare quel che, ancora, sofismi costituzionali e i loro sacerdoti riescono ad impedirgli.


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21 luglio 2010

Postulanti del politicamente corretto

All'inizio di ogni primavera ed alla fine di ogni estate, sembra si moltiplichino i postulanti che, agli angoli delle strade o nelle principali vie del centro, si fanno obbligo di disturbare le nostre passeggiate.
Da Greenpeace a Save the children, oltre a numerose altre associazioni note e meno note e singoli soggetti senza insegne, è un continuo chiedere firme che, poi, si trasformano inevitabilmente in richieste di denaro e assilli continui se uno manca di prontezza e indicare correttamente i suoi dati e residenza.
La maggior parte dei cittadini, infastidita, “scaccia” con un eloquente gesto della mano questi postulanti che, al tuo rifiuto, ti guardano pure come se tu avessi commesso un sacrilegio.
Ma come, non sei contrario alle centrali nucleari ?
No, al referendum di un ventennio fa io votai a favore del nucleare e oggi confermo il mio parere.
Anzi lascerei, voi che ci avete danneggiato impedendo lo sviluppo del nucleare in Italia, al freddo di inverno e al caldo afoso d’estate.
E la pesca la tonno ?
Beh, a me gli spaghetti al tonno piacciono molto ...
Credo che questi postulanti rappresentino la caduta di stile delle rispettive associazioni.
Una volta si sistemava, previa autorizzazione, un banchetto per raccogliere le firme, al massimo si distribuiva un volantino esplicativo della proposta e, se uno voleva, si fermava e firmava, se non condivideva passava avanti senza che gli si intimasse “almeno parliamone”.
Come se avessimo voglia e tempo di discutere con il primo che si incontra per strada.
A queste associazioni, indipendentemente dal loro oggetto sociale, dico: non credete che otterreste adesioni più convinte, quindi più durature, se vi proponeste con maggiore discrezione ?



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19 luglio 2010

Della c.d. legge Mancino

Soffia da tempo un vento sempre più forte, alimentato dalle lobbies interessate a scardinare un sistema che ci ha garantito millenni di progresso, tendente a imporre nuovi e più vessatori limiti alla libertà individuale.
In particolare, prendendo a pretesto supposti “diritti civili” di minoranze autoreferenziali, si vorrebbe impedire la manifestazione e la diffusione delle idee loro non gradite.
L’Italia non è nuova a queste ventate di presunto rigorismo a senso unico.
Già abbiamo una norma “transitoria e finale” che è in vigore ormai da 62 anni (alla faccia della transitorietà ...) che vieta la “riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Partito Fascista” (cioè impedisce a chi quella Idea conserva di associarsi liberamente in movimento politico), che ha poi trovato la sua traduzione legislativa nella c.d. legge Scelba che rappresentava l’incontro di due interessi: quello ideologico del pci e quello elettorale della dc (speranzosa di accogliere il voto dei “Fascisti” che, evidentemente, nel segreto dell’urna “non olet”).
Abbiamo poi avuto in regalo la c.d. legge Mancino nel 1993, di cui appare opportuno ricordare i firmatari e chi l’ha promulgata:
Scalfaro (il presidente del “non ci sto” e del ribaltone del 1994, senza chiamare alle urne il Popolo )
Amato (quello che nottetempo si insinuò nei nostri conti correnti per sottrarci ope legis il 6 per mille dei depositi)
Mancino (l’attuale vicepresidente del csm ed esponente di lungo corso della sinistra dc)
Conso (giurista prestato ad un governo di transizione).
Una legge che ha il discutibile merito di attribuire una connotazione generica ad un reato, tanto da lasciare ampia, immotivata e pericolosissima discrezione all’interpretazione del magistrato che, inevitabilmente, deciderà in base alla propria impostazione ideologica.
Il nucleo della legge è tutto nel primo articolo (perchè è ridicola la punizione di chi “compia manifestazioni esteriori od ostenti simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui ...” ):
“... chi diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico ... “ .
“Diffonde idee”.
Non “commette violenza” (vedremo dopo) , ma solo la pura espressione di una idea.
Se io fossi un giudice costituzionale, riterrei tale legge una palese violazione del sin troppo citato (spesso a sproposito) articolo 21 della costituzione che recita:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”.
La costituzione non limita il “pensiero” che si può esprimere ad alcune idee munite di imprimatur dall’intellighenzia e dal culturame di regime.
Tutti i pensieri hanno diritto di cittadinanza e di poter essere espressi liberamente e diffusi.
Il discrimine sta nell’ “ ... ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ... chi, in qualsiasi modo incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi ..”.
Ma non c’era bisogno di una legge ad hoc per condannare chi, abusando della propria, non sa rispettare la libertà altrui di avere idee differenti e “passa alle vie di fatto”.
Abbiamo infatti, da 70 anni ..., una serie di norme penali rubricate sotto il titolo “Dei delitti contro la persona” che rappresentano una completa raccolta di casistica per individuare con certezza e quindi punire legalmente, chi compie simili atti che meritano la condanna secondo il sentimento comune.
Così, in rapida citazione, abbiamo: omicidio, istigazione o aiuto al suicidio, percosse, lesioni personali, rissa.
Tutte rubriche nelle quali rientrano le azioni, non accettabili nè compatibili con un sistema di libertà individuale, rendendo superflua una legge ad hoc, utile solo a creare confusione e a rendere più labili i confini della legge, soprattutto se soggetta ad interpretazione.
Sì, perchè quali sono quelle “idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico” ?
Ad esempio, l’espressione bolognese “ti propri un mudnais” (sei proprio un modenese) che implica una connotazione negativa dell’essere modenese, potrebbe essere fatta rientrare in tale casistica.
Ma anche dire “circolare con una automobile vecchia è da pezzenti” può essere una manifestazione di superiorità sancita dalla legge Mancino.
A ben vedere ogni giorno, interpretando la legge ciascuno secondo la propria ideologia, si commetterebbe una violazione di tale legge che, pertanto, non può essere rappresentativa di cultura giuridica e neppure civile.
Ma se anche così fosse la sola espressione di una idea è comunque tutelata dall’art. 21 di una costituzione mai evocata quando occorre.
Quello che invece è da sanzionare è l’istigazione (ad esempio dire: “eliminiamo i modenesi”) oppure il passare alle “vie di fatto” (come dare fuoco ai barboni che dormono nei parchi).
E per questi, autentici, reati le leggi – e anche severe – c’erano già da tempo.
E’ quindi evidente che l’unica vera “legge bavaglio” è quella di chi vuole impedire “ ... di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione nel rispetto rigoroso della costituzione.



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16 luglio 2010

Massimo Gramellini erede di Enzo Biagi

E detto dal sottoscritto non è un complimento.
Non ho, infatti, mai apprezzato Enzo Biagi, la sua prosa, le sue idee.
Per un (fortunatamente) breve periodo (credo meno di un anno) fu (Biagi, non Gramellini) direttore del giornale della mia città, Il Resto del Carlino e, pur essendo molto giovane allora, mi ricordo che la sua direzione non suscitò entusiasmi.
Personalmente, poi, gli preferii nettamente un direttore da trincea come Girolamo Modesti, di cui apprezzai le battaglie, orgogliosamente anticomuniste, crescendo anche sui suoi editoriali .
Ma Biagi, con quella direzione finita anzitempo, dimostrò di essere un “raccontatore” più che un direttore, uno che modellava parole soavi con la pretesa di farvi entrare un insegnamento.
Alla fine della sua carriera i suoi scritti avevano la lenta cadenza delle banalità, sempre uguali, scontate, con una prosa fatta di melassa e di noioso buonismo, all’interno della quale trovava sempre il tempo di infilare una cattiveria (non riesco ad usare altro termine) contro Berlusconi.
Gramellini non lo conoscevo.
Scrive su un quotidiano che non ho mai acquistato se non saltuariamente all’estero quando non trovavo giornali più graditi.
Emanuela Falcetti, però, nella sua trasmissione radiofonica mattutina, lo ha sempre citato con entusiasmo traboccante, così, ricevendo la rassegna stampa aziendale, ho cominciato a leggermi la sua rubrica fissa “buongiorno” (peraltro sospesa durante i mondiali).
Mi verrebbe una espressione comune ma assai volgare per indicare la noia che prende dalla lettura di quelle righe, altro che “buongiorno”.
La costruzione del pezzo è identica a quella di Biagi.
Pretesto, buoni sentimenti sparsi a piene mani (senza mai dire,però, chi deve concretamente mettersi le mani in tasca per realizzare l’utopia disegnata) e la costante frecciatina contro Berlusconi, la Lega o comunque il Centro Destra.
Devo essere sincero.
Preferisco la violenza verbale di un Di Pietro a questi abatini della penna.
Almeno Di Pietro mi proietta l’idea di essere una persona con delle passioni, in un mondo colorato, quello di Gramellini è un mondo tristemente monocolore: grigio ...


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14 luglio 2010

Le tasse limitano la libertà individuale

Alcuni giorni fa ero al riparo sotto uno dei tanti portici di Bologna ad aspettare che terminasse l’ennesimo scroscio d’acqua e chiacchieravo con un amico di antica data (anni del ginnasio).
Siamo venuti a parlare di calcio e di automobili,donne, vestiti, libri e quant’altro.
Ad un certo punto questo mio amico ha osservato come siano differenti i nostri “capitoli di spesa personale”.
Quello per cui lui spende, io uso fino al completo esaurimento e, per contrappasso, io spendo per cose che lui nemmeno guarda.
E’ vero.
Ma è ancora più vero che ognuno di noi, una volta “sistemato” il necessario, spende differentemente per il superfluo che, poi, non è altro che quel che è necessario per poter gustare il piacere del vivere.
Così, quando noi ci ritroviamo con qualche soldo (legittimamente e faticosamente guadagnato con il nostro lavoro e non frutto di elargizioni e finanziamenti a pioggia di qualche ente pubblico!) che non dobbiamo destinare a spese obbligate, possiamo migliorare la nostra qualità della vita scegliendo di acquistare quel che più ci piace, senza obblighi e, anzi, favorendo il circolo del denaro e il nostro sviluppo economico.
Cosa significa questo?
Le tasse sono una limitazione alla libertà ed alla realizzazione dell’Individuo.
Quanto più le tasse sono basse, tanto più siamo liberi di scegliere quel che più ci piace, spendendo i NOSTRI soldi in base alle NOSTRE esigenze invece di lasciarli sperperare da ALTRI in base ai LORO interessi.


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12 luglio 2010

Il calcio italiano sia ... ITALIANO

Il risultato dei campionati mondiali di calcio deve far riflettere.
Personalmente ritengo che Lippi abbia fatto il possibile, convocando i migliori e più meritevoli (sotto il profilo tecnico/tattico e comportamentale) giocatori Italiani.
E questo la dice lunga sulla crisi in cui si dibatte il nostro sport nazionale.
Il problema non è il commissario tecnico (che pure non è completamente esente da colpe, perchè pur con il materiale umano disponibile almeno il primo turno era alla nostra portata) o la convocazione di questo o quello e non deve neppure essere affrontato con la trasformazione della Nazionale in una squadra meticcia, orba dell'identità nazionale, come quella francese, dove i nove undicesimi sono estranei alla nazione francese, con i risultati (anche di ingiustificato ribellismo, pessimo esempio per la gioventù) che hanno mostrato al mondo.
La Federazione Giuoco Calcio deve invece agire sulle regole per aprire maggiori spazi ai calciatori italiani.
La Spagna ha portato ai mondiali sette calciatori del Barcellona e cinque del Real Madrid.
L’Italia nessuno dell’Inter vincitrice del campionato.
Per forza, l’Inter gioca con undici stranieri e nella sua rosa gli italiani si contano sulle dita di una mano: Materazzi (ma certi suoi atteggiamenti non mi sembrano da Nazionale), Toldo (un buon portiere che giocò in Nazionale finchè non divenne panchinaro all’Inter che gli preferisce un brasiliano), Santon (peraltro bloccato in infermeria nel momento topico) ... e non mi sovviene nessun altro.
Consentire ancora questa anomalia è un doppio errore.
In primo luogo perchè si fornisce ai giocatori stranieri un formidabile palcoscenico per crescere e migliorarsi, portando quindi vantaggi alle rispettive nazionali e danneggiando di pari passo quella italiana.
Mi viene in mente il caso dei portieri brasiliani, fino a 10-15 anni fa alquanto scadenti ma che, dopo la preziosissima (per lui e il suo Brasile, non certo per noi) esperienza italiana di Taffarel sono cresciuti ed oggi hanno due/tre elementi ad un livello di eccellenza (che giocano titolari nelle squadre italiane, guarda caso le prime tre classificate nel Campionato, togliendo spazio ai nostri giovani e danneggiando la nostra Nazionale).
Ma anche la possibilità che hanno difensori e attaccanti stranieri di confrontarsi con le nostre tattiche, portano indubbi vantaggi alle loro nazionali, che spesso e volentieri giocano "all'italiana".
Altrettanto dicasi per il calcio "emergente", dove, soprattutto gli africani, sono stati aiutati dalla presenza nelle squadre europee a crescere costantemente, ovviamente a scapito delle rappresentative nazionali del Vecchio Continente.
Il livellamento del calcio internazionale è figlio di questi continui travasi, a senso unico: quanti giocatori europei giocano nei campionati sudamericani o africani ?, creati da una legislazione sciocca che considera i calciatori lavoratori dipendenti e, quindi, apre loro le porte del libero mercato (e allora dove è andata a finire la specificità dello sport che ha pure suoi organi di giustizia ?) e dalle ambizioni dei presidenti che preferiscono nomi esotici ai nostri Rossi e Brambilla che, forse, non suscitano le fantasie dei tifosi.
Le nostre squadre di club imbottiscono le loro rose con ogni straniero disponibile, tanto che si potrebbero formare le rispettive nazionali solo con i calciatori che giocano nei nostri campionati.
Non vi è però altrettanto interesse all'estero per i calciatori italiani (tranne quelli a fine carriera che finiscono in America o negli Emirati Arabi giusto per arrotondare quanto hanno già guadagnato negli anni) che dubito potrebbero mettere assieme una rosa tra tutti gli espatriati, il tutto con grave detrimento per i giovani che, da noi, sono chiusi dai già affermati calciatori extracomunitari.
Può però essere regolato l’uso degli stranieri, senza subire la ghigliottina delle normative sul mercato del lavoro europeo e globale.
Una squadra può avere in rosa tutti gli stranieri che vuole, ma può metterne in campo contemporaneamente solo, ad esempio, cinque, di cui uno solo extracomunitario.
Si può anche stabilire che almeno il 50% delle partite di campionato devono vedere in porta un giocatore italiano e che non può esserci più di uno straniero per ruolo (quindi un solo centrale, un solo centrocampista, un solo terzino d’ala, un solo attaccante).
In aggiunta si potrebbe dar corso ad una autentica rivoluzione del sistema dei nostri campionati, abolendo le retrocessioni e compilando i campionati in base alla capacità delle società di aggregare spettatori e di sostenere le spese per affrontare gli impegni finanziari.
L’abolizione della retrocessione consentirebbe di non obbligare i presidenti a ricercare il risultato immediato, quindi ad affrontare spese eccessive per calciatori affermati, spesso stranieri, consentendo loro di programmare, puntando sul vivaio, facendo giocare giovani italiani tra i quali potranno crescere i campioni che formeranno la Nazionale del futuro.
E’ protezionismo ?
Certo, ma se continuiamo con la politica della confusione e dell’inclusione,perderemo la nostra Identità e le nostre Radici sia per le questioni minori come il calcio, sia su temi molto più importanti come i Valori e i Principi cui il nostro Popolo si è sempre informato per raggiungere i traguardi del Benessere, della Libertà e della Sicurezza che oggi abbiamo, ma che devono, ogni giorno, essere consolidati difendendo le nostre Tradizioni e i nostri Prodotti, non solo dell’agricoltura.


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09 luglio 2010

Un bel tacer non fu mai scritto

Oggi non sono stati pubblicati pettegolezzi.
Oggi non abbiamo potuto sapere quante ballerine abbiano allietato i viaggi di Berlusconi (beato lui !).
Oggi non abbiamo saputo nulla sulle verdure che la moglie di un intercettato ha imposto al malcapitato marito di acquistare al mercato.
Oggi non abbiamo letto gli sms d’amore inviati all’amante da un poveraccio che ha avuto la sventura di telefonare ad un personaggio spiato.
E siamo ancora liberi di pensare e di manifestare le nostre opinioni.
Oggi sono usciti pochi quotidiani (personalmente ho acquistato Il Giornale e Libero) e sono stato ugualmente informato sulle notizie politiche e sulla cronaca.
Oggi abbiamo avuto l’esempio di una tranquilla giornata di riposo rispetto alla concitazione, agli affanni, alle corse ansiogene della logorrea giornalistica.
Il mondo è ancora in piedi.
I giornalisti che si stracciano le vesti per una legge che punisce la pubblicazione di atti giudiziari e i pettegolezzi si sono imbavagliati da soli.
Da domani si tornerà a straparlare, almeno lo si farà del campionato di mondo di calcio e della nuova proprietà del Bologna, sempre meglio che delle escort collocate nelle pagine della politica e non in quelle della cronaca rosa ... solo per evitare di dover dar conto dei successi di Berlusconi.


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08 luglio 2010

La solita ricetta di sinistra: tasse !

Ieri si è svolta una manifestazione di alcuni terremotati aquilani, con annessi scontri.
Mi auguro che i manifestanti rappresentino una minoranza degli aquilani cui va riconosciuto il diritto ad ambire alla completa ricostruzione della città, non a mostrarsi ingrati verso tutto quel che è stato realizzato.
Ho una età per cui posso ricordare l’impatto emotivo del terremoto nel Belice e i periodici servizi su chi, dopo decenni, ancora vive in baracche: nulla era stato fatto, pur avendo speso molto.
E il terremoto in Campania, in Umbria, con gli stessi risultati di spese pubbliche e risultati scarsi con cittadini nelle tende o in roulotte.
L’unico terremoto che, a mia memoria, abbia visto una rapida ricostruzione fu quello in Friuli del 1976.
Svolsi il servizio militare in quelle zone tre anni dopo e constatai che gran parte delle città e paesi erano stati ricostruiti.
A memoria ricordo che solo il Castello di Udine fosse ancora inagibile.
Ma nel Friuli, oltre ad affidare i primi interventi ad una sola persona – Zamberletti- che su quello costruì la sua fortuna politica, la ricostruzione fu merito essenziale dell’autonoma e incisiva azione dei Friulani che pure, comunque, rimasero a lungo nelle tende e nelle roulotte.
In Abruzzo case, vere case, sono state consegnate prima dell’inverno ed a tale obiettivo primario sono state destinate le risorse messe a disposizione dallo stato, ma anche i singoli contributi degli Italiani raccolti da quotidiani e associazioni.
E’ evidente che, passata l’emergenza in modo tale da considerare i terremotati abruzzesi “privilegiati” (per quanto sia sgradevole usare tale definizione graduando solo i risultati degli "aiuti" dopo i disastri) rispetto ai loro predecessori campani, siciliani e umbri, la ricostruzione, anche del centro storico cui comprensibilmente gli aquilani sono affezionati, dovrà procedere compatibilmente ai mezzi che, in questo periodo di crisi, sono a disposizione e in base a priorità (casa, lavoro, scuole, edifici storici ...).
Ma saranno anche gli aquilani stessi, come fecero i Friulani, a dover essere artefici della rinascita della loro città.
Lo stato e gli enti locali dovranno si partecipare, organizzare (beh ... meglio che l’organizzazione sia affidata ai privati ...), aiutare, ma il cuore della ricostruzione non potrà che essere dei cittadini.
Purtroppo ad incendiare gli animi, a indirizzare sulla strada sbagliata gli aquilani più animosi, si presentano puntuali centri sociali, “antagonisti” e opposizioni.
La manifestazione di ieri ne è un esempio.
Nessuno ha proibito a quegli aquilani di manifestare.
Ma il percorso era stato definito in anticipo.
Quando hanno voluto sfondare per deragliare dal percorso prestabilito hanno trovato la giusta fermezza delle Forze dell’Ordine.
Chi scende in piazza e viola gli accordi presi sul percorso cercando, con la forza, di rimuovere i blocchi predisposti non può poi piagnucolare se subisce qualche coercizione dalle Forze dell’Ordine.
E, soprattutto, non è accettabile che vi siano forze politiche che, pur di danneggiare il Governo (e con esso la Nazione) cavalchino anche queste “rivendicazioni”, sfruttando la buona fede di una parte (minoritaria come si è visto alle elezioni provinciali) della popolazione facilmente incendiabile negli animi.
Ma non tutto il male vien per nuocere.
Nei suoi disperati tentativi di farsi largo tra un passionale Di Pietro e la logica dell’efficienza governativa, Bersani, il segretario del pci/pds/ds/pd, è stato involontariamente protagonista di un siparietto comico e, senza pensarci, ha rivelato i veri intendimenti della sua parte politica: tassarci.
Per la ricostruzione all’Aquila, infatti, Bersani, da solerte funzionario di partito, non ha saputo dire altro che: siamo favorevoli ad una tassa di scopo.



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07 luglio 2010

La domanda è sempre quella: chi paga ?

Le varie categorie e i centri di spesa continuano a contestare la manovra del Governo impostata sulla riduzione strutturale della spesa pubblica.
Tutti affermano che i tagli alle loro disponibilità sono un colpo mortale ... per i cittadini cui, sembra, forniscano servizi irrinunciabili.
Il Governo, però, per la prima volta nella storia della repubblica, ha agito facendo pagare chi, di solito, incassava soldi altrui e spendeva ed evitando di mettere le mani nelle tasche della gran parte dei cittadini, quelli che, di solito, venivano tartassati per mantenere quelle strutture che, oggi, piangono.
Se i lavoratori dipendenti sono circa 21 milioni e quelli pubblici, gli unici in qualche modo “toccati” con il blocco triennale degli stipendi, poco più di quattro milioni, vuol dire che gli stipendi di quasi 17 milioni di lavoratori dipendenti privati sono mantenuti nelle attuali proporzioni, ai quali aggiungere i lavoratori autonomi, liberi professionisti, imprenditori, artigiani, commercianti.
Gli enti locali, un autentico centro di costo, pretendono di continuare a spendere e minacciano – perchè è una minaccia – di “tagliare” i servizi.
Ma i “servizi”, come, ad esempio, la manutenzione di una strada, ad esempio il GRA di Roma o la Salerno-Reggio Calabria, devono essere pagati da chi ne usufruisce, non da tutti i cittadini italiani, così come gli sperperi di alcune amministrazioni locali, devono essere pagate dai cittadini che quelle amministrazioni hanno eletto, non con continui trasferimenti dalla cassa comune di Roma.
Troppo comodo spendere soldi che non si hanno e che non si devono poi reperire, interpretando la parte degli amministratori “splendidi” e non parsimoniosi.
Quegli amministratori mi ricordano le giunte comuniste di Bologna a cavallo fra la fine dei sessanta e l’inizio dei settanta, quando decisero fasce totalmente gratuite per l’uso degli autobus.
Facile deciderlo, visto che allora i debiti degli enti locali erano sistematicamente ripianati dal governo centrale, allora democristiano.
Rumor, infatti, in una tribuna elettorale, a chi gli presentava il “modello Bologna” come esempio di buona amministrazione, ebbe buon gioco a rispondere che la giunta di Bologna poteva agire così perchè era in una Italia governata dalla DC.
Adesso gli amministratori locali devono saper, prima di tutto, amministrare.
Utilizzare i fondi messi loro a disposizione per realizzare opere nell’interesse generale e proporre servizi che siano pagati, almeno al loro costo effettivo, da chi ne usufruisce.
E gli enti locali che hanno saputo ben amministrare i loro cittadini nel passato, oggi devono avere la possibilità di godere e far godere dei benefici del buon governo, mentre chi ha avuto predecessori scialacquatori, deve far pagare ai cittadini le colpe di chi loro elessero, certamente rendendo chiaro a tutti che ne sono costretti dal passato, ma è un loro preciso obbligo.
Non vale la pena, inoltre, di parlare di altri centri di costo, come quelli autoreferenzialmente detti “per la cultura”.
Uno i libri se li paga, i film paga per vederli e se chi li stampa o li produce non è capace di scegliere autori che sappiano attirate il pubblico, deve solo biasimare se stesso e non pensare di pareggiare i conti o addirittura di guadagnare grazie a Pantalone che paga per tutti.
Altrettanto dicasi per i giornali: chi vende guadagna, chi non vende chiuda o spenda di tasca propria.
Comunque vada è finita l’epoca dell’assistenzialismo.



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06 luglio 2010

Solidarietà al "Legno Storto"

Imparo solo ora che il quotidiano online "Legno Storto" ha subito querele tali da costringere i suoi redattori a pensare alla chiusura.
Nel blog di
Giova , cui rimando con il collegamento che segue, è pubblicato integralmente l'appello .
Solidarietà con il Legno Storto e mi dichiaro sin da ora disponibile a partecipare ad ogni iniziativa che trasformi la solidarietà verbale in concreta,
a difesa della vera libertà di stampa, di parola, di pensiero, come è previsto dall'art. 21 della costituzione, che non ha nulla a che vedere con il pubblicare quel che si origlia da dietro una porta o si guarda dal buco di una serratura.



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05 luglio 2010

Brancher e la manipolazione mediatica di matrice comunista

Brancher ha fatto male a dimettersi.
Berlusconi ha fatto malissimo ad accettarle (o sollecitarle).
Il voto di fiducia a Brancher, indipendentemente dal merito (ma chiunque è innocente finchè non viene condannato con sentenza passata in giudicato) poteva essere un opportuno casus belli per cacciare i finioti dal Pdl.
Perchè se Fini, per gli accordi intercorsi, non si può sbattere fuori come meriterebbe, i suoi fedeli che votassero contro la fiducia ad un Ministro, sì.
E si sarebbe finalmente chiusa ogni storia con un epocale scontro nel quale l’unica soluzione sarebbero state le elezioni anticipate e l’estromissione definitiva di Fini dal Centro Destra.
Mi auguro che Berlusconi abbia in mente strategie più raffinate, ma ugualmente tombali del rapporto con i finioti.
Non so quali possano essere, personalmente ero e resto per la spada rispetto al fioretto o, peggio, allo stiletto che, forse, è quello che il principale “consigliore” di Berlusconi vuol favorire.
Già quel Gianni Letta che diventa sempre più un freno alle speranze del Centro Destra e un ponte con Napolitano e la sinistra.
Quel Gianni Letta il cui nipote Enrico, vicesegretario del pci/pds/ds/pd, pur essendo di provenienza non comunista, ha dimostrato di aver ben appreso la tecnica comunista della manipolazione mediatica presentandosi in televisione per dichiarare che il Centro Destra è una maggioranza costruita per vincere le elezioni ma incapace di governare, nella quale starebbero “esplodendo tutte le contraddizioni”, per concludere chiedendo che "se questo esecutivo non è in grado di governare la palla passi al Colle perché l’Italia in questo momento di crisi economica ha bisogno di essere governata".
Difficilmente in poche parole si possono trovare così tante manipolazioni della realtà.
La maggioranza elettorale tra Pdl e Lega è quanto di più coeso ci possa essere per i Valori comuni che vengono espressi sulle grandi questioni etiche, morali, di ordine pubblico e di legislazione fiscale e immigratoria.
Sicuramente questa maggioranza è di gran lunga più coesa di qualsiasi maggioranza si possa inventare Bersani con Di Pietro, Casini, Fini, Rutelli.
Ma proprio perchè questo governo agisce (e non mette le mani nelle tasche dei cittadini ma, anzi, per la prima volta fa pagare chi ha, invece, sempre incassato), proprio perchè ha “osato” toccare i santuari e le nicchie del privilegio e dei “poteri forti”, che non sono solo quelli industriali e finanziari, ma anche quelli del pubblico impiego, della magistratura, dei sindacati, del giornalismo, degli enti locali attuali, è oggetto di attacchi.
Si vuole fermare il rinnovamento della Nazione, per riportarla al notabilato della prima repubblica, alle spartizioni, alle imposizioni nei confronti dei cittadini da trattare come sudditi e non come uomini liberi.
Impossibilitati a convincere gli elettori sui programmi, sui fatti, ci hanno provato con l’uso spregiudicato di intercettazioni e pentiti.
Inutilmente.
Adesso ci provano cercando di creare la percezione che il Centro Destra sia diviso e in lite, vendendo al pubblico la storiella per cui quei quattro gatti che seguono Fini possano rappresentare una parte importante del Centro Destra.
Vogliono evitare il ricorso alle urne che mostrerebbe lo scarso valore di Fini che, fuori dal Centro Destra, farebbe solo concorrenza alla sinistra da cui ha mutuato tutte le parole d’ordine.
Ma perchè il bluff di Fini e le manipolazioni mediatiche alla Enrico Letta siano inchiodate davanti a tutti, Berlusconi deve forzare il gioco, trovare un casus belli e rompere con i finioti.
Anche a costo di vedere qualche deputato lasciarlo, a costo di perdere questa maggioranza parlamentare a favore di una ammucchiata tra Di Pietro e Casini, Bersani e Fini, Rutelli e Vendola.
Se mai costoro riuscissero, oggi, a trovare una maggioranza parlamentare, per Berlusconi sarebbe un investimento per il futuro perchè, male che vada, nel 2013 si voterà e, allora, sarà il Popolo a condannare i ribaltonisti di regime e gli inciucisti di professione.



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04 luglio 2010

Ghe pensi mi

Venerdì sera, appena arrivato in montagna per il fine settimana, ho acceso la televisione per ascoltare il TG1, avendo perso, perché in viaggio, il TG4, l’unico telegiornale che riesco a guardare senza avvertire un prurito alle mani che vorrebbero prendere a democratici ed educativi ceffoni il giornalista di turno.
Così ho avuto modo di ascoltare, vedendone le espressioni facciali, il Premier nella intervista ripresa il giorno dopo da tutti i quotidiani in cui ha sostanzialmente detto:
il viaggio all’estero è stato faticoso ma di successo (vero: il G8 e G20 non hanno preso in considerazione la tassa sulle banche e sulle transazioni finanziarie che avrebbero voluto l’europa e la Germania ed alla quale Berlusconi si era saggiamente opposto, dimostrando quindi che il suo parere conta più di quello della Merkel, con tanti saluti a chi dice che l’Italia è sbeffeggiata all’estero);
da lunedì tornerà a prendere in mano le vicende interne (intercettazioni, manovra economica e Fini) e risolverà tutto.
Con un sorrisino che, immagino, faccia uscir di senno i sinistri, ha poi sintetizzato il tutto con un “ghe pensi mi” tanto eloquente, quanto irridente nei confronti dei suoi nemici.
Quello è il Berlusconi che mi piace e che vorrei vedere e sentire tutti i giorni.
Il Berlusconi che riprende il suo ruolo di “dominus” e di imprenditore, abbandonando le vesti paludate del politico mediatore e disposto al compromesso.
Ghe pensi mi.
Come a dire che i suoi ministri e consiglieri sono, sì, dei collaboratori efficienti e dei bravi esecutori, ma che per le decisioni c’è lui e solo lui.
Naturalmente Berlusconi da tempo ha capito che in politica, purtroppo, non è come in una azienda, per cui qualche concessione al compromesso dovrà pur farla.
Allora che faccia pure tutte le modifiche necessarie alla legge contro i pettegolezzi, anche se personalmente ritengo, da uomo libero, che le intercettazioni andrebbero vietate tout court e la criminalità organizzata andrebbe contrastata non trattando tutti i cittadini da sudditi, ma governando bene, perché solo così si previene la delinquenza.
Ma se non è possibile vietare le intercettazioni e quindi i pettegolezzi, una legge che comunque ne limiti l’abuso è sempre meglio dell’attuale anarchia.
Poi la manovra finanziaria.
Ecco Berlusconi dovrebbe riprendere il tema lanciato da Tremonti sulla cialtroneria di quegli amministratori che piangono per i tagli, ma non sanno spendere i fondi a loro disposizione e spiegare a chi li vota, i loro amministrati, che dovranno pagare per gli errori commessi, primo fra tutti aver eletto quegli amministratori, e non far pagare a chi, invece, ha avuto la volontà e la capacità di scegliere amministratori saggi e competenti.
Questo è il federalismo: chi è causa del suo mal pianga se stesso e paghi in prima persona, basta scaricare sugli altri i propri errori.
La solidarietà, invece, interviene là dove sono eventi esterni (come un terremoto) a provocare danni.
Ma Berlusconi deve anche porre un limite alle fughe in avanti di chi vuole mostrarsi più realista del re.
Perché se va bene il taglio delle tredicesime al pubblico impiego, stante l’inefficienza acclarata, deve esserci una eccezione per le Forze dell’Ordine e le Forze Armate, per il ruolo fondamentale che hanno nella difesa della libertà e della sicurezza degli Italiani.
Infine il capitolo interno al Pdl.
Il quotidiano Libero si domandava, dopo l’ennesima sparata di Fini sotto forma di litigata con Bondi, chi deve licenziarlo.
La risposta è: Berlusconi.

Se continuerà a tenersi in seno un simile individuo, circondato dai suoi pretoriani, il Governo sarà sempre in bilico e la percezione che sarà proiettata verso i cittadini sarà di una maggioranza litigiosa.
Così hanno buon gioco le opposizioni a chiedere il "governo tecnico", proiettando una cosa non vera: l'incapacità di governare della maggioranza che, invece, è solo la fronda di pochi elementi legati a Fini cui gli organi di stampa danno troppo risalto, proprio per sostenere i loro danti causa, cioè i loro editori, quei "poteri forti" che sono ostacolati nei loro disegni egemonici dalla presenza di questo Governo.
Ma Fini, se mai lo fosse sinceramente stato, non fa più parte di questa maggioranza di Centro Destra e, più in generale, non può più neppure essere considerato parte del Centro Destra, avendo ormai sposato tutte le cause della sinistra
dalle intercettazioni all’assistenzialismo,
dagli omosessuali all’immigrazione,
dall’antifascismo all’antiberlusconismo
.
Su tutti, ma proprio tutti, quei temi e altri ancora (come le questioni etiche) Fini ha manifestamente ignorato i Valori della Destra per fare proprie le parole d'ordine della sinistra ed è su quei temi che si costruisce un progetto di società che, quindi, Fini vuole di sinistra e non di Destra.
Su Fini interessanti articoli si possono trovare ne Il Borghese del mese di giugno 2010, utili per cercare di comprendere quello che, chiunque, considererebbe un comportamento senza capo né coda per un politico di Destra o di Centro Destra, ma pienamente coerente per un funzionario del pci/pds/ds/pd.
Credo che, tra tutte le questioni in piedi, il Popolo di Centro Destra, che è la maggioranza del Popolo Italiano, vorrebbe veder principalmente chiuso il capitolo Fini che, una volta che sarà all’opposizione, avrà il rilievo, pressoché nullo, che hanno le esternazioni di Bersani, Di Pietro, Casini e Rutelli, mentre finchè sarà formalmente parte del Pdl proietta l’immagine di un Centro Destra lacerato all’interno e incerto sulle scelte operative, rallentate da una simile fronda.
E se sarà tecnicamente impossibile buttar fuori Fini con tutti i suoi, si proceda ignorandoli, escludendoli da tutte le decisioni, da tutti gli incarichi, da ogni rappresentanza.
Formalmente saranno ancora del Pdl, ma non avranno alcuna possibilità di agire se non votando assieme a Di Pietro, Bersani, Casini, rendendo manifesto il fatto che non appartengono al Centro Destra.


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02 luglio 2010

Meglio lo scontro istituzionale dell’anarchia

Napolitano ha fatto capire che non firmerà la legge contro i pettegolezzi.
La corte costituzionale è già stata allertata per mettere il bavaglio alla legge qualora, in base alle norme costituzionali, si superasse l’ostilità di Napolitano (basterebbe che il parlamento rivotasse la legge così come uscirà per obbligare il presidente della repubblica a promulgarla anche se contrario).
I magistrati chiamati eventualmente ad applicarla riuscirebbero poi sicuramente ad “interpretarla” in modo da renderla inefficace.
Ciononostante ritengo che Berlusconi e il Centro Destra debbano non solo insistere, ma irrigidire la loro posizione per far approvare questo testo, senza alcun ulteriore ammorbidimento, per rendere palese che a fronte della volontà di governare l’Italia, ci sono altri che pensano solo a salvaguardare piccoli pezzi di privilegi, anche contro non solo l’interesse nazionale, ma la Sovranità Popolare.
E’ ora di finirla con i compromessi e le mediazioni che non risolvono i problemi, ma li rinviano, aggravandoli.
L’Italia, come tutte le grandi nazioni del mondo, ha bisogno di leggi veloci, di ridurre la spesa pubblica, di aumentare la produttività, di rafforzare e difendere la propria identità, di salvaguardare le libertà individuali.
Non abbiamo certo bisogno di sofismi da Azzeccagarbugli utili solo a perpetuare una situazione di incertezza che affida ad una ristretta oligarchia togata un potere abnorme sulle nostre vite.
Ma c’è anche un’altra ragione, strettamente politica, per irrigidire la posizione sulla legge contro i pettegolezzi.
Non se ne può più di Fini e dei suoi.
Ben venga se votassero contro il Governo.
Sarebbe il casus belli per cacciarli fuori dal Pdl.
Poi ci provino a fare un “governo tecnico” con una maggioranza Brancaleone con Fini, Bersani, Franceschini, Bindi, Di Pietro, Casini, Bocchino, Santoro ... semprechè ci riescano a raggiungere la maggioranza !
Sarebbe veramente il momento per il Centro Destra di chiamare il Popolo alla disobbedienza verso un governicchio così composito da essere paralizzato e che non troverebbe altra soluzione che ammazzarci di tasse (già Bersani, dopo il “prelievo sulle rendite immobiliari e finanziarie”, cioè il ripristino dell’ici e le tasse sui risparmi, ha ritirato fuori la “tobin tax”, l’ennesimo balzello mascherato da ecoambientalismo).
Vorrei proprio vedere cosa riuscirebbero a realizzare con l’ostilità organizzata e sistematica da parte del Centro Destra.
E vorrei anche vedere, una volta che fossimo chiamati a votare, quale alleanza si formerebbe per cercare (inutilmente, come sempre) di ostacolare l’ennesima vittoria popolare di Berlusconi.
Purtroppo temo che tutto ciò resterà un sogno perchè se sono convinto che Berlusconi, slegato dalle paludate liturgie di Palazzo, sarebbe anche pronto ad agire in tal senso, gli altri ... “tengono famiglia” e non metterebbero a rischio la loro posizione privilegiata, anche se per conservarla dovranno mediare, fare compromessi e rinunciare ad un vero progetto di sviluppo per l’Italia.
Allora che Berlusconi e i suoi continuino a pedalare, conseguendo il minimo risultato (che sarebbe comunque di gran lunga superiore a quel che realizzerebbero gli oppositori) con il massimo sforzo, nonostante gli ostacoli che Napolitano, la corte costituzionale, i magistrati e i poteri forti tutti frappongono loro.
Ma almeno una cosa possiamo chiedere per ottenere: licenziare Fini !



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01 luglio 2010

In piazza per difendere i LORO privilegi

Oggi giornalisti, centri sociali e altre variegate espressioni della sinistra italiana hanno manifestato contro una legge che sarà discussa (e mi auguro approvata anche con il voto di fiducia) dal 29 luglio alla camera.
E’ la legge che darà finalmente tutela a tutti noi, contro l’invadenza dei sistemi di spionaggio e contro il pettegolezzo schiaffato in prima pagina.
Chi vi si oppone, oltre ai soliti soggetti contrari a tutto ciò che farebbe dell’Italia una nazione in cui ognuno riceva per quello che produce, è naturalmente chi ha visto prosperare i propri interessi sul pettegolezzo e ai danni di altri.
Ma loro la chiamano “legge bavaglio”, dimenticandosi che l’unico vero bavaglio è quello imposto alla diffusione delle idee, non alla diffusione di ciò che si origlia da dietro una porta o che si intravvede dal buco della serratura.
Ma costoro non sono i soli a protestare.
Protestano i presidenti di regione, abituati a spendere e spandere come pascià, oggi devono fare i conti con i tagli imposti da un saggio Tremonti.
E se i presidenti delle regioni virtuose, hanno qualche ragione a chiedere un occhio di riguardo (fermo restando che le spese le devono ridurre tutti) è ridicolo il tentativo dei presidenti delle regioni scialacquatrici di salvaguardare i loro bilanci.
Anche i magistrati – che secondo Stefano Livadiotti, giornalista dell’Espresso quindi non certo amico di Berlusconi percepiscono in media 157mila euro all’anno – contestano i pochi tagli ai loro emolumenti.
La settimana scorsa la cgil ha portato in piazza la contestazione alla manovra governativa, pretendendo che non siano bloccati i contratti del pubblico impiego e che non siano tagliate le spese.
I nani e ballerine di regime contestano la riduzione (neanche la soppressione !) dei contributi per film che, magari, vengono visti da una decina di persone in tutto.
I comuni che, fino ad oggi, hanno sfruttato percorsi stradali mantenuti a spese di tutti, anche di chi non li ha mai utilizzati, contestano l’imposizione di un pedaggio che, almeno, contribuirebbe alla manutenzione della strada da parte di chi la usa.
Su Pomigliano la Fiat non ha ancora preso una decisione e non pochi sollecitano “il Governo ad intervenire” che, tradotto dal politichese, significa che vorrebbero che il Governo (cioè tutti noi) iniettasse altro denaro a fondo perduto perchè la Fiat possa tenere aperto lo stabilimento.
La spesa pubblica in Italia è troppo alta.
E’ un retaggio del passato, quando, per tacitare le varie lobbies e categorie, si stampava carta moneta, si aumentava la spesa e si elargiva a piene mani, allegramente e senza pensare che,prima o poi, qualcuno avrebbe dovuto pagare.
Oggi è arrivato il momento di pagare e poichè noi contribuenti siamo stati spremuti oltre ogni limite tollerabile, è necessario ridurre la spesa pubblica.
Ma se tutti concordano sulla riduzione della spesa pubblica, tutti concordano anche sul fatto che tale riduzione debba colpire “gli altri” e protestano quando vengono loro stessi ridotti nei privilegi accumulati nel corso degli anni.
Ecco, quindi, che in piazza ci sono quelli che, a vario titolo, sono stati i beneficiati di quel Bengodi che era lo stato italiano, che non ha mai negato soldi (nostri) per accontentare le varie lobbies, dai cinematografari, agli editori, ai costruttori di macchine, agli enti locali e dipendenti pubblici che formano il maggior capitolo di spesa a fronte, peraltro, di servizi che tutti noi, quotidianamente, vediamo alquanto scarsi.
Tutti, quindi, vogliono ridurre “il deficit”, ma tutti dicono che quello che è speso per loro non può essere toccato perchè è fondamentale per la nazione.
Allora ecco il “colpo di genio” della sinistra: troviamo altri soldi.
Ma poichè non è possibile imporre apertamente nuove e maggiori tasse, ecco che si inventano il prelievo “sulle rendite immobiliari e finanziarie”.
Una tale formulazione farebbe pensare ad una tassazione sui “Paperoni” e sugli “evasori”, con grande soddisfazione di chi è cresciuto pensando di pagare tutte le tasse (anche se pagava in nero l’artigiano che andava a casa sua per qualche lavoretto) mentre altri portavano miliardi all’estero.
Ma poichè persino i frequentatori delle cellule del pci/pds/ds/pd sono maturati e non credono più ciecamente alle parole d'ordine dei loro funzionari, si fa presto a scoprire che tale formuletta nasconde il ripristino dell’odiosa tassa sulla casa e un aumento delle tasse sui nostri risparmi.
Il tutto per conservare i privilegi esistenti, per i quali, le varie categorie beneficiate, scendono in piazza.
Allora, visto che nessuno sa proporre come ridurre le spese senza aumentare le tasse e l’unica strada è quella di Tremonti, la risposta che gli italiani dovranno dare è alla domanda se vogliamo continuare ad essere sudditi e pagare con il nostro lavoro i privilegi di categorie agevolate oppure vogliamo instaurare in Italia una autentica meritocrazia, dove ognuno riceva per ciò che produce e paghi per ciò che consuma e usufruisce.
Nel primo caso votino pure la sinistra che aumenterà loro (e purtroppo anche a noi ...) le tasse per non togliere nulla nei capitoli di spesa.
Nel secondo, l’unica strada è quella di Tremonti e di un Centro Destra ancor più rigoroso di quanto non sia mai stato.



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