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17 aprile 2007

Il lavoro che uccide

Nell’ultima settimana sette sono stati gli incidenti mortali sul lavoro.
Le statistiche non dicono tutto, perché il numero (assoluto) dei morti sul lavoro dovrebbe essere rapportato al numero dei lavoratori attivi e, facendo così, si constaterebbe che non c’è alcuna emergenza particolare, tale da richiedere nuove leggi.
Sono più che sufficienti quelle esistenti: basta applicarle.
Anzi, se proprio vogliamo essere seri, dovremmo ridurre le disposizioni esistenti, facendo però in modo che il quadro normativo risultante venisse puntualmente rispettato.
Il nuovo ddl (l’ennesimo !) che la sinistra ha varato non fa altro che affastellare nuove norme su un complesso giuridico già fatiscente.
Norme che, immancabilmente, diventeranno desuete prima ancora che l’inchiostro con il quale sono state scritte si asciughi.
Fino alla successiva ondata di pelosa costernazione per una serie ravvicinata di morti sul lavoro.
E’ necessario, poi, fare dei profondi distinguo tra i vari tipi di lavoro: non si possono applicare le regole dei cantieri edili in un’aula scolastica, ad esempio.
E’ necessario che i controlli siano aumentati e improvvisi.
Occorre che i rappresentanti sindacali e della sicurezza abbiano autonomia nel richiedere ispezioni e che queste siano immediate.
Ma soprattutto occorrono meno norme e più chiare.
Occorre formazione.
Occorre educazione nell’uso degli strumenti di lavoro.
Insegnare a non prendere sottogamba anche ciò che si fa tutti i giorni.
La risposta della sinistra è quella di imporre nuovi vincoli e di aumentare l’impalcatura di leggi, così che si possa sempre scaricare la colpa su un “altro” che avrebbe dovuto fare/controllare e non ha fatto/controllato perché, a sua volta, un “altro” ancora non aveva detto/richiesto e così in uno scarica barile infinito.
Ma la sicurezza la si costruisce anche consentendo alle aziende di non dover contare il centesimo perché oberate da onerosi adempimenti burocratici che nulla hanno a che vedere con la loro attività.
Ad esempio l’ultima uscita di Ferrero, quello della “solidarietà sociale”.
Lui pensa che sia “solidarietà sociale” addossare alle aziende l’onere del volontariato.
Insomma, uno decide di prestare opera volontaria e quella sua opera viene regolarmente retribuita dalla sua azienda che gli concede permessi retribuiti.
Mi domando quale volontariato sia.
Mi domando anche se con tale sistema le aziende non saranno costrette a risparmiare su altre voci … ad esempio sulla manutenzione degli strumenti …
E mi domando quale valore abbia un volontariato che non crea alcun sacrificio in chi lo fa.
Ho titolato il post “il lavoro che uccide”, un po’ ad effetto.
Ma forse era meglio titolarlo: così si uccide il lavoro.

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5 commenti:

Fabio ha detto...

Una misura da adottare sarebbe la possibilità per il datore di lavoro di multare dipendenti che non rispettano regole e procedure. Ma temo chen ben pochi sindacati sarebbero d'accordo.

Egregius ha detto...

E' la prima volta che passo su questo blog.
Davvero complimenti, è pieno di spunti interessantissimi.
Sono anni che si discute delle misure necessarie a ridurre le "morti bianche".
Credo che non sia più un problema di norme che ci sono ma non sono applicate....mancano i controlli!
Sui sistemi di controllo bisognerebbe investire di più, soprattutto nel sud.
Ho raccolto alcune esperienze di parenti che lavorano in Germania; rispetto a loro siamo davvero indietrissimo

ciao ciao

egregius

Egregius ha detto...

P.S. Molte delle colpe sono attribuibili, secondo me, ai sindacati!

Massimo ha detto...

Sono troppe norme, impossibili da applicare e da controllare.
Sui sindacati posso essere d'accordo con la precisazione che non è la funzione sindacale che critico, ma la sua degenerazione operata dalla triplice che, ormai, è diventata una fiorente attività economica (caf, patronati, associazioni inquilini, consumatori ...) abbandonando il "core business" che è quello di fare i contratti e di farli rispettare.

Bisquì ha detto...

Nella mia azienda ho l'incarico di addetto alla sicurezza ed in particolare nei cantieri sono un "preposto alla sicurezza" come previsto dalla legge.

Bene, se vi dico che fare il mio lavoro è impossibile ci credete?
Gli operai fanno quello che cavolo gli pare e mi sbeffeggiano pure perchè a) non ho gli strumenti per obbligarli al rispetto delle norme (il codice prevede l'allontanamento dal posto del lavoro)
b) c'è sempre qualche sindacalista che organizza gazzarra bloccando, lui si , i lavori del cantiere.
Risultato, la proprietà per non buttare una valanga di soldi chiude gli occhi ed io per pararmi il sedere sono costretto a scrivere al magistrato.
Conseguenze? Nessuna, dopo anni che il cantiere è già chiuso cominciano le udienze e visto che non è successo nulla finisce tutto in una bolla di sapone.
Ma se disgraziatamente succede qualcosa il primo ad adare dritto in galera è il sottoscritto e poi si vede.
Questa è la situazione che è la stessa di tutti i posti dove si lavora veramente, la mancanza di disciplina e l'impunibilità la fanno da padroni e non è mai l'operaio che paga ma chi avrebbe dovutio far rispettare le norme.

Adesso con la cagnara dei lavoratori extracomunitari le cose sono notevolmente peggiorate.
Ragazzi qui è come in Afganistan, si combatte con le mani legate.