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16 ottobre 2024

Meglio i piccoli passi della Meloni o la terapia d'urto alla Milei ?

I giornali cartacei e quelli radio televisivi sono imbottiti di commenti sulla manovra di bilancio che il Consiglio dei Ministri ha approvato ieri.

Considerando il mostruoso debito ereditato dai predecessori, maturato soprattutto negli undici anni di governi da Monti a Draghi (debito aumentato da meno di 1700 miliardi a più di 2800 miliardi) questo terzo bilancio predisposto dal Governo Meloni riesce, ancora una volta, a contemperare l'impostazione ideale di una riduzione della pressione fiscale con le compatibilità imposte dalla commissione europea e il doveroso rientro dal debito.

Le misure si possono leggere non tanto sui giornali (che mettono sempre subdolamente in primo piano quei provvedimenti che servono al "professionista dell'informazione" di turno per sostenere le sue opinioni) quanto sul sito del Mef o sui siti istituzionali che riportano il provvedimento senza censure, omissioni o manipolazioni.

Qui, però, voglio porre una questione differente.

La Meloni, come già con la questione dell'immigrazione clandestina, ha adottato una politica dei piccoli passi.

Moderate modifiche, leggere sterzate verso la giusta strada della maggiore libertà individuale, aggiustamenti che consentono di avere progressivamente qualche euro in più.

In una Argentina ben più in crisi di noi, il Presidente Milei ha invece impugnato la mannaia più che una sciabola e cominciato a tagliare le incrostazioni di stampo socialista che si erano negli anni sovrapposte, favorendo parassitismo e oneri per lo stato.

I primi dati indicano che l'Argentina ha abbattuto l'inflazione, stia rientrando dal suo debito, ma i sacrifici che vengono richiesti cominciano a provocare qualche ... "malumore" tra i cittadini.

Da noi i tempi di rientro sembrano lunghissimi, alcuni provvedimenti sono assunti con le mani di velluto (come la riduzione dei bonus edilizi e la cancellazione di elargizioni, finanziamenti e contributi a enti, attività, giornali) invece di intervenire con decisione.

La Meloni, in effetti, si trova a dover navigare in un mare in cui quelli fino ad oggi privilegiati e gratificati dalla cornucopia dello stato, hanno la possibilità di far suonare le trombe tramite i loro giornali.

Basti vedere la faccia tosta con la quale la ex Fiat, oggi Stellantis, per bocca del suo amministratore delegato Tavares ha prima preteso che il Governo erogasse incentivi per la produzione di auto e poi, alle reazioni negative, abbia minacciato di licenziare, creando quindi un clima di tensioni sociali.

La manovra di ieri sembrerebbe spuntare molte delle frecce avvelenate che gli oppositori avrebbero potuto lanciare, anche se i cattocomunisti hanno una faccia di bronzo per cui non avranno problemi a chiedere alla Meloni di fare tutto quello che loro, in undici anni di governo, non solo non hanno fatto, ma hanno contribuito a danneggiare.

Apparentemente, quindi, sembrerebbe che i piccoli passi della Meloni possano portare frutti migliori e più duraturi della terapia d'urto di Milei, con minori tensioni sociali.

Con la differenza che mentre Milei non deve rispondere a nessuno, se non al suo elettorato, mentre la Meloni ha il cappio dell'europa al collo e le politiche che vorrebbe l'europa sono esattamente all'opposto delle aspettative dell'elettorato Italiano e non solo di quello di Centro Destra.

Ed è proprio la permanenza nell'unione europea il grande limite per ogni governo Italiano e Nazionale in genere.

Se solo si tornasse ad una Europa dei Popoli e delle Nazioni, senza pretese irrealizzabili di trasformarsi in stato unitario e avendo solo cura di essere un grande mercato comune in cui gli stati aderenti possano trasferire persone, merci, prodotti senza alcun dazio, ne potremmo guadagnare tutti, in Benessere, Sicurezza, Identità e Indipendenza Nazionale.


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